Roccia Ruvida: Synthagma Project

Devo dire che un disco come “Onirica” sfida e non poco l’intelletto umano ormai costipato dentro i suoi santificati (e certificati) 8 secondi di attenzione. Ma chi l’ha detto che siamo tutti pecoroni di gregge inadatto al pensiero? E qui scendono in campo le tracce di questo lavoro che polverizzano ogni possibilità di condivisione e sharing – come direbbe un giornalista pettinato. Sono i Synthagma Project, formazione che si evolva dagli InChanto e da tanto altro ancora, progetto di musica colta, etnica, medievale, atemporale (anzi anacronistica), musica digitale che si unisce all’antico analogico, musica di ghironde elettrificate e voci quasi “gregoriane”… musica che non passerà mai in radio perché non siamo capaci neanche di ascoltare “Officium” di Garbarek, figuriamoci un disco come “Onirica”. Eh si, forse sono io che esagero con la cattiveria… e forse dovrei sfoggiare maggiore maturità e intelligenza come hanno fatto i Synthagma Project con queste risposte politicamente corrette. Ma non ci riesco… o forse, in fondo in fondo, non ne ho la minima voglia. “Onirica” è un bel disco, che magari non ci è dato di codificare a pieno, ma è un bel disco… se solo poteste fare a meno dei vostri santi (e certificati) pregiudizi!!!

Tanto per essere acidi partiamo lanciando una visione. Oggi che passa di moda anche il becero pop voi cercate di fare cultura alterando ogni cosa conosciuta o quasi. Dalla voce agli strumenti. Come a dire almeno facciamo i fighi a fare gli alternativi visto che ormai nessuno da spazio e attenzione a nessuno…

Ci siamo formati musicalmente in un’epoca in cui essere alternativi non diciamo che era la norma, ma quasi. Certamente, come dici tu, gli spazi per proporre certe cose si stanno restringendo sempre più: è cambiato il mercato, la tecnologia e soprattutto l’approccio alla musica. Però questo è ciò che riteniamo di saper fare meno peggio, e a noi va bene così. In realtà avremmo voluto partecipare a qualche Talent, ma ci hanno scartati per… raggiunti limiti di età e look inadeguato.

Ghironde medievali e tanto altro. Avete rivisto anche brani del 1600. Vero è che il passato è sempre maestro e fa sempre una certa scena, ma non pensate d’aver un poco esagerato?

Con mille anni di evoluzione musicale riteniamo che sia impossibile prescindere dal passato e anche presuntuoso solo pensare di poterlo fare. Obbiettivamente “carne al fuoco” ne abbiamo messa parecchia ma è una cosa che è venuta fuori spontaneamente, senza troppi calcoli: anzi, abbiamo dovuto togliere diverso materiale per non rendere eccessivamente lungo il Cd. Allora si che saremmo stati esagerati.

E poi anche la lunghezza. Anche questo ingrediente è decisamente fuori moda. Come a dire che ce ne sbattiamo altamente delle mode e delle regole? Servirà a qualcosa?

Se dobbiamo fare i “fighi” lo vogliamo fare fino in fondo. D’altra parte non dovendo essere, i nostri, brani prettamente “radiofonici” non ci siamo preoccupati di rientrare nei quattro minuti canonici. Vi sono, tuttavia diversi episodi con una durata “decente” come “An Outlandish Lullaby” e “Tempus est Jocundum”. Senza contare “Fragments”, usato per il nostro video promozionale, che dura la bellezza di… un minuto e venti. E infatti qualcuno ci ha chiesto se per caso non fosse finito nel Cd per sbaglio.

Che poi con gli InChanto avete una lunga carriera di quel lato altamente culturale del “folk”. Domanda: ho sempre pensato che il jazz, levato via quel lato sensibile e di cultura del pubblico, il resto lo ascoltasse senza capirci niente ma solo per darsi un tono. Io sono sicuro che il 90% del pubblico popolare del jazz non sa distinguere un disco dall’altro. Succede la stessa cosa in questi concerti di musica “medievale” (se mi permetti la sintesi estetica)?

Qui da noi abbiamo la fortuna di avere un’eccellenza come “Siena Jazz” che forma ottimi musicisti e in cui insegnano anche molti nostri amici con i quali spesso collaboriamo sia in studio che in concerto. Questo ha determinato un fiorire di rassegne, concerti e locali dedicati esclusivamente al jazz. Ma purtroppo una gran parte del pubblico che partecipa a questi eventi probabilmente lo fa, come osservi tu, o per darsi un tono oppure per passare una serata dove si possa parlare con una musica di sottofondo. E questo avviene, molto spesso, anche in molti concerti di musica antica. Soprattutto nell’ambito delle feste medievali (che in molti casi non sono altro che sagre di paese riciclate a “feste in costume”) si privilegia più l’aspetto “coreografico” che quello musicale. Senza contare che anche in rassegne “pseudocolte” magari i concerti vengono tenuti in contesti dove risulta abbastanza difficile (per usare un eufemismo) cogliere le sfumature e colori degli strumenti in acustico: l’importante è il buffet alla fine. Purtroppo in Italia la cultura musicale del pubblico, ma soprattutto di molti organizzatori, è questa.

Come sempre a chiudere abbassiamo le pistole. Trovo che il coraggio e la missione di dischi come “Onirica” siano davvero ammirevoli, oggi soprattutto. Energia buona porta energia buona di riflesso. E non a caso siete finiti dentro una label come la RadiciMusic che a questo ha sempre tenuto. Però davvero dateci una buona energia di rimando e diteci: si può e si riesce a scalfire questa enorme indifferenza che copre ogni cosa vada fuori dal cliché main stream? Ti ringraziamo per queste considerazioni. Dopo il “periodo milanese” dei primi due dischi degli InChanto con la “Ethnoworld”, il passaggio ad un’etichetta come la “RadiciMusic” che opera in Toscana ci ha permesso un confronto continuo e diretto durante le fasi di preparazione dei nostri lavori, senza contare l’empatia che c’è stata sin da subito e che nel corso degli anni si è trasformata in vera e propria amicizia. Questo velo di indifferenza che nasconde le “musiche altre” si deve e si può stracciare: ne abbiamo la riprova alla fine dei nostri concerti, confrontandoci con le persone del pubblico e rispondendo alle domande che ci vengono poste. Il problema, semmai, è di trovare maggiori spazi ed occasioni dove poter proporre un certo tipo di musica e qui entra in ballo la responsabilità di molti organizzatori che preferiscono andare sul “sicuro” e risentito, piuttosto che aprirsi anche a generi diversi. Quest’anno con il Covid, poi, le cose si sono complicate ulteriormente per tutti. Ma noi cerchiamo comunque di andare avanti per la nostra strada.

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