Roccia Ruvida: Le Astronavi
Che dire… quello de Le Astronavi è un progetto molto interessante, privo di etichette e dunque non etichettabile visto che dentro ci trovo tutto il circo del suono di questo santo pop d’autore italiano, dal rock al jazz passando per la world e tanto altro ancora. Sfumature non troppo determinate… eppure la trasgressione di Gianmaria Rocchi, anima fondante di tutto, si perde un poco quando si sente accusato (e bada, io non accuso, semmai insinuo… ed uso sempre la prima persona plurale visto che non sono fuori dai giochi che critico) e la domanda sugli streaming service proprio me lo fa cadere. “Valorizzare e distribuire la musica sul digitale”…? Regalarla vorrai dire… e significa valorizzarla questo? Che poi, regalando tutto alla fine, siamo sicuri che arrivi? Secondo me arriva tutto molto meno di prima… e comunque non c’è niente da fare, cadono tutti su questo argomento. “Moonchild” è un disco ampio, di personaggi e citazioni, di video ben fatti che troviamo in rete grazie al sodalizio con Stefania Carbonara (seconda colonna del progetto), di provocazioni forse un po’ troppo colorate e recitate per avere un peso oltre all’immenso e gratuito rumore di fondo che c’è… alla fine, distaccandosi da tutto, “Moonchild” è un bel disco, denso, impegnativo, distante dalle abitudini… massiccio direi.
Quando sento un disco che ha tante facce non so cosa pensare… tante facce come per dire non so che faccia ho?
Direi che tutti abbiamo tante facce, c’è chi sceglie di usarle e chi no, poi c’è chi non sa di averle o peggio le reprime, questo può avvenire per varie ragioni: marketing, paura di risultare incoerenti, pressione sociale ecc.Poi sicuramente ci sono band o artisti che amo, dai quali so benissimo cosa aspettarmi e sono felice così. Sono le poche certezze della vita! Le Astronavi però è un bel mostro polimorfo, questa è la sua faccia. A proposito di facce, guarda Jim Carrey, gli hanno fatto fare lo stesso personaggio per quarant’anni poi è sbroccato male. Ad ogni modo buono così, Kidding è una bomba.
Avete preso di mira Aleyster Crowley e tanto di quello che lo circonda. Ma perché? Un personaggio assai assai criticato e discusso… facile rompere gli indugi e il politicamente corretto affidandosi all’audacia altrui. Non trovate?
Beh, in effetti partire da Paolo Brosio sarebbe stata tutta un’ altra soddisfazione, anche se pure lui ha il suo bel dark side e potrebbe essere un’idea per il prossimo album, grazie per lo spunto. Comunque l’intento delle canzoni di “Moonchild” è proprio quello di raccontare storie che escano da una quotidianità comune narrata nella musica italiana degli ultimi anni che, per quanto “dipinta” bene da alcuni cantautori, aveva un po’ rotto i coglioni. Anche la mia quotidianità a volte è ripetitiva, per fortuna esistono storie che ti colpiscono e ti portano ad esplorare altre strade…. Oppure semplicemente, ti intrattengono mentre aspetti la morte. Va bene lo stesso.
Vi è bastato mettere del sangue in un video “orgiastico” per credere di fare “rottura”?
“Fondiamo una setta” penso sia la canzone meno pensata dell’album, l’ho scritta in pochissimo tempo come una specie di sfogo mentre pensavo a certi fatti. Tipo l’idea di dover lavorare fino a settant’anni o cose del genere, non ricordo. Ho questo super-potere di prendermi malissimo all’improvviso. Comunque mi divertiva l’ idea di cucire un testo cruento su una chitarra da spiaggia che le desse una forma a mo’ di canzone da oratorio. Invece l’ idea di un gruppo di persone che muore ad una festa mentre si diverte vomitando sangue ecc. era un’ idea che frullava in testa a Stefania già da un po’ e che poi ha realizzato con il video. Abbiamo semplicemente unito le due cose. Comunque più che un pezzo di rottura direi che è il pezzo più pop dell’album.
Che poi fare tante citazioni, che al 90% conoscono in pochissimi, è per darsi un tono di distinzione dalla massa (da quel 90%)? Non pensate che alla fine solo voi del 10% riuscirete a codificare bene i brani? Che senso ha?
Lo facciamo perché chi ci ascolta possa a sua volta darsi un tono con chi ancora non lo fa. Penso che il nostro pubblico, sicuramente esiguo ma visibilmente una spanna sopra tutti gli altri, (lo si capisce da tante cose come la sobrietà ed il fascino), fosse già abituato a questo dall’album precedente. Per quanto l’ argomento fosse diverso, aveva vari riferimenti a film e libri a partire dal titolo “Barren”, che se vogliamo è ancora meno evocativo di questo (altra grande scelta di marketing). Comunque spero sempre che le canzoni arrivino alla pancia di tutti, anche a chi non conosce l’ argomento, nella stessa misura in cui spero che in molti abbiano la curiosità di approfondire. A me in generale piacciono i dischi, i film o i romanzi con una lore da scoprire, quindi provo a portare quello che vorrei trovare, un po’ come alle grigliate.
E poi a proposito di rottura… cinguettiamo rivoluzione ma poi aderiamo tutti al sistema. E qui il vostro lavoro: tanto sudato e pagato che alla fine, per aderire al sistema, finite come tutti per regalarlo nelle piattaforme di streaming. Non è un controsenso? A voi la palla…
Piano con le parole, cinguetterai tu! A noi fa stare bene poterci esprimere in generale, con la musica e le immagini. Possiamo parlare di qualsiasi cosa, dal giardinaggio ai ninja, se poi stimola a dei ragionamenti ben venga ma non penso sia obbligatorio. Anzi, gli artisti che si sentono costantemente in dovere di mandare a tutti i costi un messaggio sociale, penso che siano una delle peggiori lagne esistenti nel mondo della musica, più di Diodato per dire. Poi magari involontariamente ci rientro anche io con questo album, ma non mi sento questo peso addosso. Per esempio, una delle idee per il prossimo è un concept sui bar di merda con nomi vagamente esotici tipo “Allegria latina”. Non scherzo! Non copiatemela perché ne ho già parlato con qualcuno, pezzi grossi. Chi compie atti rivoluzionari, che sia in forma individuale o collettiva si assume ben altri rischi e responsabilità. Per quanto riguarda le piattaforme, se in questo momento conosci un’ altro modo per valorizzare e distribuire la musica sul digitale, perché senza ormai la vedo un po’ dura, andando oltre il cugino e la vicina di casa, e magari farci pure due soldi senza avere gli stream di Taylor Swift accetto suggerimenti.
Come sempre chiudiamo abbassando l’ascia di guerra. Grazie per esservi prestati al gioco delle domande velenose. “Moonchild” è per davvero un disco di rottura. Al mio primo ascolto, con i dovuti rispetti per tutti, ma la prima cosa che ho pensato è Frank Zappa. Nel senso di libertà… come recita il messaggio di “Fondiamo una setta”: che questo disco rappresenti la vera libertà di scegliere?
Grazie a voi. Per essere pensato dall’ennesimo magazine che si chiama indiequalcosa il fomat è fico. Ed è grazie alla passione di gente come voi, che gente come noi può avere un po’ di spazio. Però nell’ultima domanda hai avuto un rapporto talmente passionale con la punteggiatura che non ho capito un cazzo. Risponderò dicendo: “Frank Zappa uno di noi Oi Oi Oi!”. Invitateci a suonare, sembriamo tanti ma poi statisticamente qualcuno ha sempre la febbre.