Roccia Ruvida: Il Barone Lamberto

Di cuore io non lo capirò mai. Anzi forse a tratti mi concedo il lusso antico di non volerlo capire. Ha ragione lui quando dice che ormai la rete è una vetrina per vendere la propria merce? Non saprei gente. Io in una vetrina posso solo guardare. Qui, oggi, dalla vetrina prendo quello che voglio e senza spendere un soldo. E sono in primis tutti gli artisti a volerci stare dentro. Fare un disco costa soldi e lavoro ma poi lo regaliamo sempre. Ha senso? Se da schiavi vogliamo sempre dire che i tempi sono cambiati che ormai devi esserci… beh il senso ce lo troviamo. Ma io lo rifiuto. E dischi belli come questo “Bravo”, ultima opera de Il Barone Lamberto, meriterebbe certamente una vetrina vera e non la solita piazza ricettatrice di like e visualizzazioni che poi alla fine fanno solo rumore di fondo e non costruiscono altro che questo. Torniamo a dare valore ai dischi e alla musica. ma sono parole al vento. Mi sento ripagato dall’intelligenza delle sue risposte. E non mi stupisce affatto, vista l’intelligenza di questo disco…

Rap, elettronica, nuovo pop, denuncia sociale, bro e spam… ma non trovi che anche in questo si è tutti dannatamente uguali?

Assolutamente d’accordo ma in fondo sono i “grandi temi” (tutti tranne i BRO) che muovono la contemporaneità. C’è poco da fare! Se i cantanti possono essere ancora considerati dei comunicatori, e non quei meri testimonial per cui qualcuno vorrebbe farli passare, è un dovere morale usare un linguaggio e toccare dei temi che l’ascoltatore possa riconoscere. In special modo oggi che la comunicazione è rapidissima. La diversità sta nelle sfumature ma forse siamo tutti troppo alienati per coglierle. Credo che gli artisti, le band, i cantautori erano dannatamente uguali tra loro anche ieri solo che ce n’erano di meno e meno esposti. Personalmente trovo che l’esempio del Punk 80’s sia emblematico. Migliaia di band tutte uguali e per la maggior parte semi sconosciute tra le quali svetta qualche nome blasonato però la narrazione, da boomer, è: “Eh però il punk era un’altra cosa!”. Io dico: “Mah, sarà!?”. Per me sono cambiati solo i numeri.

E poi tutti, come fai tu anche in “Zenit”, cantate della voglia di semplicità. Eppure: tu come tutti state dietro ai social per esistere. Si predica bene e si razzola male. Come funziona?

Funziona che i social sono la vetrina del tuo negozio. Se vuoi sperare di vendere, perché non si campa d’aria, i social ti servono come a uno che vende cipolle serve un banco al mercato o sulla strada più trafficata che trova. Prova a vendere rimanendo a casa tua e aspettando che qualcuno venga da te. Mi sa che quelle cipolle te le mangerai tu! Aggiungo che c’è modo e modo di stare sul web, qualcuno ha più successo di qualcun altro ma anche in quel caso non è detto che questo qualcuno abbia sacrificato la sua anima a Satana per entrare nell’algoritmo. Spesso le cose sono più semplici di quanto si pensi, perfino sui social.

L’estetica piace a tutti e tutti vogliono piacere. E tu ci metti anche i colori e qualche vestito di scena. Insomma come a dire: senza maschere non sappiamo vivere più?

Diciamo che le maschere possono aiutare a vivere ma non sono essenziali. Dipende molto dalle canzoni, dal tipo di proposta o di messaggio che c’è dietro. Io per esempio le uso per portare in scena un mondo che nella realtà trovo decisamente più noioso e prevedibile ma sono gusti. Apprezzo cantanti come Vinicio Capossela e Caparezza che trasformano le loro visioni musicali in baracconate pazzesche e provo a fare lo stesso con le mie risorse. Trovo la messa in scena fondamentale e i concerti “sobri” mi annoiano la maggior parte delle volte. Datemi le luci, il fumo, i visual, i ballerini, le scenografie, gli attori e se tutte queste cose non ci sono o non si possono avere inventatevi dell’altro. Io bramo lo stupore!

E poi ti tocca la domanda delle domande: la musica è un lavoro? Allora perché lo regalate gratis sulla rete? Ecco le contraddizioni che odio… denunciate il presente ma poi siete i primi a rispettarne le regole…

Come sopra, la musica è un lavoro e internet è la vetrina. Personalmente la vetrina mi serve per vendere il concerto che è l’unica cosa che mi porta in tasca denaro sonante. Seguendomi in questo ragionamento ammetterai che se non mi promuovo e non metto in piazza la mia “merce” difficilmente riuscirò a lavorare con profitto. Sono però d’accordo con te sulle politiche dello streaming e sulla difficoltà di percepire introiti dalle piattaforme. Si guadagna troppo poco e guadagnano solo in pochissimi. Quelli che riescono a fare numeri enormi. E comunque ho sentito dire che si lamentano pure loro perciò…

Chiudiamo come sempre abbassando l’ascia di guerra. E grazie anche a te per esserti prestato al gioco. Credo che dentro questo disco ci sia un brano che abbia l’onere e l’onore di far da manifesto. “Ho fatto pace”. Accettarsi e riconoscersi. È il vero punto di emancipazione. È il vero momento in cui dirsi davvero BRAVO secondo te?

Ci si può provare ma non ti nascondo che è una lotta continua. I bravi sembrano sempre gli altri e tu ti devi accontentare di essere BRAVO solo in potenziale. Come quando mi dicono: “Cavolo sai che spacchi!? Ma come mai non sei famoso!?”. Di solito rimango qualche secondo con una faccia inebetita degna di una striscia di Zerocalcare e non so cosa rispondere. Ecco, in quei momenti “far pace” è molto difficile. Grazie a te per la bella intervista! Sinceramente, la più divertente mai fatta!

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