Roccia Ruvida: HELLE
Niente non ci se la fa. Quando si tocca il tasto Spotify tutti scappano, chi in un modo, chi in un altro, chi con alcove segrete e chi dentro bunker sotterranei. Nella prassi (e questo non è il caso) si sventagliano risposte moralizzate come format. Lisa Brunetti, Helle, ha carattere, ha consapevolezza e soprattutto ci sa fare con i suoni. Sa quello che vuole… e lo dimostra da tempo, lo dimostra anche dentro questo nuovo disco dal titolo “La liberazione” che oggi par voler dire troppo altro di quello che in realtà sottende. E questo disco che alla natura deve molto come molto deve ai suoni raccolti dalla vita stessa e non più (troppo) dai computer, mi regala la quiete e la follia di chi si sente finalmente in pace con se stessi. L’ho stuzzicata Helle…

Ho come l’impressione che ci sia una sovrabbondanza estrema quasi soffocante di dischi. Di artisti, cantautori, di espressione. Ma alla fine: un disco come il tuo (ad esempio) che senso e che ragione trova? Che spazio pensi possa avere nella vita della gente?
Troverà lo spazio che troverà. Di cantautori ce ne sono, di gente curiosa e affamata di musica nuova, pure. Il mercato è tanto variegato, non mi dispiace farne parte. Alla fine uno respira perché l’alternativa non sembra tanto allettante, non so se mi spiego.
Parli di rivoluzione personale: pensi davvero che possa essere interessante per la rivoluzione di noi altri? È questione di ego o questione di condivisione, come politicamente ci sembra corretto rispondere?
Senza dubbio la creazione implica un istinto individuale nel quale l’ego trova una facile casa, poi però mentre alcune opere ne possiedono considerevolmente, altre invece ne sono effettivamente carenti. Non tutte le esperienze di cui parlo trovano me stessa al centro di quel mondo [per carità, non oso immaginare che noia sarebbe]. In “Orme”, il pensiero è anche dedicato alle fasce popolari più in difficoltà, in “Natura” si racconta dell’energia primordiale dell’uomo, della natura nella nostra natura; in “Simone”, o anche in “Baby!”, il soggetto è un uomo e così via, la cornice narrativa è una citazione letteraria, eccetera. Se la tua domanda sottintende una mia propensione all’onnipotenza, ti rispondo allora che senza dubbio nel momento in cui crei e narri una storia, è inevitabile che l’io entri in scena… Farà sempre parte della rappresentazione, è parte del gioco. Detto ciò, la questione della rivoluzione personale la reputo un’esperienza umana talmente diffusa, da permetterci di poterla affrontare senza rifugiarci nel paternalismo, o nell’egocentrismo. E anche se fosse, parlare di sé è terapeutico, a volte. Ti aiuta a capirti.
Parliamo di suono: la “sperimentazione” delle prime produzioni qui sembra sopita. Non è un problema o un difetto, ci mancherebbe… cos’è, un modo per andare incontro alla gente che ormai del suono e della musica non ha più interesse e voglia di dedicarci tempo?
Qua la sperimentazione avviene su altri livelli. A parte che un sintetizzatore non lo trovo così tanto “sperimentale” – se stiamo parlando di quello. Considerando questo punto di vista, faccio fatica a rispondere alla tua ultimissima provocazione, che comunque apprezzo in quanto tale. Potendo utilizzare il tuo stesso metro di franchezza, se tutti quelli che fanno e che adorano la musica rock, jazz, o blues, dovessero chiedere il permesso per suonarla nei club, o per ascoltarla, il mondo sarebbe intasato di pratiche. Come altri generi, il folk non gira più su circuiti mainstream, non interamente, perlomeno, ma resta musica verissima. Qui incontri persone che l’ascoltano con attenzione differente. Non che il pop non abbia la sua dose di profondità, sia chiaro. Per fortuna, comunque, il permesso per suonare la musica che ci appassiona non lo dobbiamo ancora domandare.
Domanda che faccio a tutti perché sono curioso della vostra risposta. Mai una volta che qualcuno mi da una risposta onesta, lo premetto. Quanto ti è costato fare questo disco? Penso tanto e non solo in termini di soldi. E allora perché e per quale ragione giustifichi il mercato liquido digitale totalmente gratuito? Insomma come dire: vi regalo il mio lavoro… perché? E poi però ci lamentiamo sia chiaro… non trovi che sia un controsenso?
Mi è costato, tutto costa. Il controsenso c’è, ma se sai gestirti al passo coi tempi, se sacrifichi certe sciocchezze, vivi. Di soldi non mi piace parlare, e questa è una risposta onestissima – forse però non è quella che volevi tu.
E come sempre torniamo seri e privi di armi… come sempre ti ringraziamo per esserti prestata a questo “gioco”. Però in fondo le domande acide, assai banali nella forma se vuoi, nascondono della verità. La vera rivoluzione personale non trovi che sia la normalità? Frase fatta ma assai dimenticata… in fondo questo disco inizia e finisce con un riferimento alla natura e ad una dimensione primigenia dell’individuo. Che sia un manifesto di questo disco?
Grazie mille per la precisazione riguardo il riferimento alla natura: certo, lo è assolutamente. La rivoluzione personale è sicuramente l’esperienza d’ognuno di noi.