NEVICA: un mondo che non ha futuro

Si sviluppa per immagini questo suono che concede solo pochissimi spazi alle parole, che sono mantra, sono haiku, sono fotografie anche queste. Gianluca Lo Presti in arte NEVICA ha sempre restituito al suono la responsabilità della visione, acido, psichedelico, lisergico. Ora sente il bisogno di mostrarci un mondo che non ha futuro, una distopia che prende vita dal suono del suo strumento (il basso) e da li a zonzo (con controllo e consapevolezza) per territori che poi alla fine sembra di smarrire ogni riferimento. Buona immersione con questo nuovo EP disponibile sia in digitale che vinile dal titolo “Distopie”.

Mi viene da partire guardando questa copertina: posso dirti che somiglia assai poco al suono che custodisce? Mi dai un filo conduttore che mi leghi i due mondi?
Ho chiesto a mia figlia minore di disegnare la copertina visto che ha passione e studia grafica poi era una scusa per coinvolgerla in qualcosa da fare assieme. L’idea dei 2 quadri è mia le due visioni del prima e dopo “l’apocalisse” dove la figura umana non c’è più. In realtà, cercando qualcosa di molto minimale, ho preso spunto dalle grafiche degli ultimi dischi di Battisti (Hegel, La sposa occidentale ecc.). Mi piaceva l’idea di qualcosa di molto scarno e poco tecnologico.

Che significa per te “distopia”? È una parola assai abusata ormai… ha le sembianze di “abitudini”…
La intendo come l’opposto di Utopia che è il sogno di un futuro positivo e piacevole, Distopia è un incubo che fa immaginare un qualcosa di rovinato di andato storto. È una parola che inquieta e che lascia senza speranza. Ho usato il plurale Distopie perchè mi sembrava più significativo e globale.

Il suono di queste composizioni sembra non lasciare scampo: la luce muore, muore il futuro. Anzi, forse cessa l’evoluzione il che è forse peggio… che ne pensi?
Si. Mi collego alla risposta di prima è tutto vero quello che dici. Però, nel brano finale, la musica si fa più sognante, prova a donare la speranza che qualcuno possa risvegliarsi e provare a costruire un mondo migliore ritornando al “nucleo originario” cioè alla sua essenza e alla sua spiritualità. L’essere umano è fatto anche di bellezza. Ci tenevo a sottolinearlo come dare un ultimo messaggio di speranza in mezzo al nulla. È un messaggio sottile perchè il disco si focalizza sulle capacità distruttive dell’uomo ma c’è.

E poi le poche liriche, gli haiku che si mescolano su ogni traccia… manifesti politici, sembrano consigli per ritrovare la luce?
È un disco con testi volutamente corti a dire che metto il seme di un discorso che voglio sviluppare meglio pià avanti (e lo farò col disco successivo che avrà molto più testo). Le poche parole devono però colpire, stimolare anche disturbare perchè non si può cambiare una situazione bussando e chiedendo permesso, a volte è necessario sfondare una porta. Lo considero un disco di protesta sociale.
Qui il discorso si farebbe lunghissimo, se vuoi ti accenno al fatto che credo che viviamo in una società dove siamo manipolati, costruita su interessi di un’elite’ che ci sta sopra. Siamo di fronte a una sorta di “nuova religione di stupratori intenti a comprarne i consensi per sentirsi innocenti.”
Il testo del brano Distopie (che da il titolo all’album) è un po’ il manifesto ideologico dell’opera.

Una potenza visionaria… il video… nebuloso e apocalittico…
Per la sceneggiatura e le idee ho lasciato fare a Valeria e Alessia, le mie videomaker bolognesi. Se posso, riporterei la loro presentazione a riguardo: “I mondi dell’umano e del divino dalle fattezze gorgoniche si confrontano attraverso vetri rotti e offuscati. L’essere umano, imbarazzante nella sua mediocrità, ha bisogno di dosi quotidiane per portare avanti un’esistenza conforme e dunque priva di sacralità. Incastonato, in questa enigmatica relazione, è un origami, simbolo di una volontà di trasformazione. Pur partendo da materiali delicati e fragili, questa metamorfosi potrebbe avvenire, se solo non fossimo noi stessi ad imprigionarci, autosabotandoci.

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