JAM REPUBLIC: un esordio gustoso come un drink
Siamo in Romagna, siamo in terra di fermento e il fermento nuovo passa spesso anche da trame strumentali, di jazz, di fusion, di nuove contaminazioni. Definire questo disco “un disco di jazz” sarebbe un errore. Io abbandonerei le etichette e se proprio ne abbiamo bisogno, allora che dal jazz si parta per poi fare il giro del mondo. Sono i JAM REPUBLIC ovvero Marco Marchini (sax tenore), Giosuè Orselli (tromba), Michele Folli (chitarra), Vito Bassi (basso), Mattia Zoli (batteria), Marco Pierfederici (pianoforte, tastiere) e Riccardo Tramontani ( sax contralto). Lasciamo che giri “Drink Me” uscito per Brutture Moderne, poliedrico, coloratissimo, sporco di terra dove possibile ma anche glitterato di abitudini industriali e multi-etniche. Da bere tutto d’un sorso…
Ognuno fa la sua parte. In fase in composizione si arriva con un idea per un tema, o per un groove, e si inizia a suonare pensando a come andare avanti. Si trovano armonizzazioni e ri-armonizzazioni, e raramente è successo che un pezzo sia stato composto interamente da un singolo, anche se ovviamente le idee principali nascono dai nostri esperimenti individuali.
Beh direi di sì, anche se è un fatto puramente di nomenclatura. Forse la differenza con i veri e propri collettivi è che al momento la nostra formazione ha sempre gli stessi elementi.
Era nato dopo aver trovato il nome per il nostro primo brano in assoluto, “Watergroove” , che alla fine abbiamo deciso di non includere nell’album, e poi ci siamo detti che sarebbe stato molto divertente usare concept dei giochi di parole legati ai cocktail o più in generale alle bevande. Abbiamo poi scelto il drink più adatto per ogni mood del singolo pezzo.

Si la copertina con questi colori vuole un po’ esprimere quello che viene poi comunicato nell’album, una forte energia. Il nostro grafico, Daris Nardini, ha suggerito poi l’idea degli astronauti in viaggio, paragonando questo album a un’esplorazione di diversi pianeti, diverse sfumature, ognuna un po’ “aliena”, a rappresentare l’eterogeneità degli stili presenti nell’album.
Ci piace tantissimo suonare dal vivo. Le strutture dei pezzi rimangono sempre quelle, essendo già complesse di loro, ma ogni volta si trovano soluzioni diverse per quanto riguarda il modo di suonarli e soprattutto i soli sono completamente improvvisati, riuscendo sempre quindi a portare una versione alternativa. Anche la differenza di bpm rispetto alle registrazioni dovuta al suonare live senza click cambia a volte totalmente il feeling del pezzo, soprattutto in brani come Jam Tonic. E infine quelli che noi chiamiamo stacchetti, “Coffee Break” e “Tea Short”, che nell’album durano poco meno di due minuti, li portiamo come una jam totalmente improvvisata, non sapendo mai la direzione che potranno prendere, e creando atmosfere molto interessanti.