Intervista: Aris Bassetti
Fare uscire un disco (il primo EP dei due previsti) a San Valentino dal titolo A Mort l’Amur (A morte l’amore) è una provocazione, uno dei pochi che poteva farla in modo convincente era Aris Bassetti (Peter Kernel, Camilla Sparkasss…).
La sua nuova creatura Mortòri ci ha affascinato subito e lo abbiamo dovuto intervistare (in due) per capire cosa c’era dietro a questi brani in dialetto ticinese e queste nuove sonorità lontane da tutto quello che ha prodotto finora e sì anche di Gino Paoli e Ornella Vanoni.
PS contiene spoiler riguardo le date dal vivo
IR: scrivi canzoni da tanti anni ora è la prima volta che rischi per una cosa solo tua, senza una band: che differenze hai notato? Ti sei sentito diverso?
AB: sì mi sento più scoperto, più nudo, più fragile, tutte sensazioni forse più brutte, nel senso che di quando compongo per Peter Kernel c’è sempre un equilibrio e una “spalla” ma qui no, qui sono io con i miei testi, le mie emozioni soprattutto in una lingua che non è per niente bella da sentire.
Ho messo in gioco tanto e mi sono esposto molto, quindi mi sento molto vulnerabile a cantare questi brani.
IR: hai suonato tutto da solo?
AB: come sempre faccio fatica a collaborare con altre persone, quindi ho scritto, registrato, suonato tutto da solo.
IR: hai usato lo studio dove registrate solitamente?
AB: sì è il solito studio vicino a Bellinzona dove abbiamo la sala prove per i diversi progetti : Peter Kernel, Camilla Sparksss e il magazzino della On The Camper Records.
Alcune parti le ho registrate nel furgone, in tour.
Non sono uno fissato con le registrazioni in analogico o chissà che cosa, uso quello che c’è e in certi pezzi ho registrato delle parti di sinth con la tastiera del computer portatile.
IR: per come presenti il progetto, le parole hanno un ruolo centrale, la parte musicale è nata solo dopo che i testi sono stati scritti o le canzoni sono nate dall’idea di esprimere una sensazione in generale e quindi non è stato necessario partire dai testi.
AB: testi e musica sono andati abbastanza insieme. Di solito inizio a giocare con delle parti che ho in testa e con degli strumenti, poi mi viene da canticchiare qualcosa che non ha senso che poi trasformo in senso compiuto. E’ successo che di una canzone ho registrato prima la base, poi ho improvvisato la voce e l’ho tenuta così, con il testo improvvisato.
Mi sono reso conto che cantare in dialetto mi cambia completamente l’attitudine, il modo di lavorare. Siccome è la lingua che conosco bene ed è quella con la quale, tra virgolette, penso, non ho tanti filtri e posso giocarci molto più facilmente.
In più è una lingua molto “transitata” ha tanti attacchi ed è molto ritmica e mi aiuta molto nella costruzione dei pezzi al di là del testo.

IR: quale dei brani ti ha dato più problemi per essere finito?
AB: tutti e nessuno perché in realtà, e questa cosa penso valga per tutti quelli che fanno musica, è la prima bozza, la prima idea che butti giù, che sembra arrivata da non so dove che terresti così com’è con tutti i difetti del mondo di suono, di testo, di struttura.
Quando poi devi entrare nel dettaglio diventa tutto un po’ complicato, soprattutto per me che divento cervellotico.
Devo provare mille cose diverse prima di dire che un pezzo è finito: devo cambiare il tempo, devo cambiare il genere musicale, devo cambiare gli strumenti, provo a cantarla altissima, bassissima, difatti mi stavo perdendo via, anche a causa del fatto che stessi scrivendo il disco di Camilla Sparksss.
Ad un certo punto mi sono reso conto che stessi girando attorno a cose che non sentivo più e non c’entrano con l’idea iniziale e ho fatto mixare le voci dei demo, quindi non perfette, ma erano quelle che esprimevano meglio l’urgenza che avevo.
IR: a proposito del mixaggio e di rapporto tra voce e suono: nella musica che hai fatto fino adesso, sia Peter Kernel che anche Camilla Sparksss mi è sempre sembrato di sentire un suono sempre molto diretto e d’impatto, invece qui mi sembra che ci sia un po’ più di attenzione all’armonia, alla stratificazione.
AB: musicalmente mi sento molto più affine ad un certo tipo di musica italiana degli anni 60, 70.
Io adoro la Vanoni o Gino Paoli e la mia idea era di fare con Mortòri musica simile, con quegli arrangiamenti, ma non ho la tecnica per fare queste cose e poi forse non ha neanche senso rifarle, quindi ho costruito qualcosa che mi appartiene totalmente e che si slega da Peter Kernel e da Camilla Sparksss che hanno un suono più frontale.
Lo scopo era indagare nei sentimenti che avevo dentro e che vivevo adattandoli alle mie capacità di scrivere e di arrangiare.
Non ho pensato al genere che poi ne usciva. Ed è uscita una cosa molto molto variegata, lo scoprirete ascoltando anche il secondo EP, si va dai pezzi che ricordano Gino Paoli, come La gata, a cose tecno violente.
Quindi c’è di tutto, ho aperto la porta e non mi sono preoccupato di quello che usciva.

IR: quando uscirà il secondo EP e il disco completo?
AB: l’idea di fare 2 EP, il primo adesso a febbraio, poi verso fine estate il secondo ed entro dicembre il disco completo a cui penso di aggiungere un paio di brani, ma devo ancora decidere bene.
IR: come accennavi prima e l’hai messo nei nelle tue influenze, l’ispirazione che proviene dalla Vanoni e Paoli: ti interessa più la parte dei testi o degli arrangiamenti?
AB: sono più legato agli arrangiamenti i testi mi piacciono però sono arrangiamenti che oggi senti raramente, oggi è tutto molto inscatolato è un “copia incolla”, si è persa un po’ di profondità a livello di arrangiamenti, forse non si vogliono più sentire certe cose perché è troppo complicato, ma a me manca sentire un certo tipo di romanticismo come dire: “di classe” e raffinato negli arrangiamenti.
IR: c’è da dire che una volta chiamavano dei super musicisti e c’era la voglia di tutti anche dei musicisti di mettersi in gioco e chiaramente c’era il budget e c’era tempo. Adesso arrivano 300 dischi al mese tutti i fatti nello stesso modo, è tutto molto compresso.
AB: sì ma sarebbe ideale avere non solo una piccola orchestra con gli archi e chi può scrivere le parti . E’ molto complesso farlo bene, ci vogliono dei budget importanti. Certo lo si potrebbe fare tutto via Midi, ma chiaramente il risultato sarebbe un’altra cosa.
IR: Per noi del nord Italia è difficile immaginare che impatto possano avere delle canzoni in dialetto ticinese per chi è lontano da esso linguisticamente parlando. Nel senso che noi comunque capiamo abbastanza bene quello che racconti ed è certamente parte di come rendono le canzoni, ma mi chiedo come debba essere per molti altri.
Ti sei fatto un’idea, magari da qualche feedback che hai ricevuto?
AB: prima di iniziare avevo mandato le demo ad amici francesi o persone che vivono in Belgio e che non conoscono la lingua.
Tutti mi hanno detto “sembra che racconti delle filastrocche, qualcosa di magico” e ovviamente tutti volevano sapere di cosa parlava il testo, e questa cosa mi ha incuriosito.
Devo dire che il dialetto Ticinese, come quello di Milano e Varese (zone in cui abitiamo ndr) ha tante parole francesi quindi c’è un legame con quella lingua e pensate che Bordel, il primo singolo che ho fatto, è in alta rotazione su RTS Couleur 3 la radio nazionale della Svizzera francese, quindi vuol dire che passa diverse volte al giorno ed è molto seguita e per me è strano pensarlo!
Un sacco di persone si sono avvicinate al progetto dalla Svizzera francese, anche quando ho suonato davanti a gente che non sa il dialetto alla fine ho visto che c’è tanto interesse, mi chiedono del dialetto, il significato dei testi e come si dicono certe cose.
Ma anche cercano il disco!
Quindi è difficile valutare, però sento che qualche chance, anche in dialetto, di andare in Europa ci sia.
Poi con Peter Kernel avevamo fatto più di un brano in cui c’è il dialetto, pensa a Men of the Women che ha il ritornello in ticinese ed è il brano più ascoltato che abbiamo ed è quello per il quale mi scrivono spessissimo chiedendone il significato, e questo succede ancora dopo diversi anni visto che è uscito nel 2018.
Sicuramente noi che conosciamo il dialetto lo percepiamo in un modo, chi non lo conosce la sente come una cosa affascinante, esotica. Poi se guardi ci sono gruppi turchi che fanno tour europee, forse oggi la lingua non è più così limitante, ma devo capirlo bene.
IR: comunque in Svizzera ci sono dei gruppi che usano il dialetto e sono anche abbastanza come The Vad Vuc o in Italia abbiamo Davide van De Sfroos. In qualche maniera hai guardato anche il loro esempio?
AB: da noi c’è una grande tradizione di musica popolare ma no non mi ispira quel tipo di musica in dialetto legata al folk.
La mia idea iniziale era quella di fare un po’ di ricerca nella tradizione popolare Ticinese cercando di metterla in rapporto con la musica sudamericana perché c’è qualcosa, c’è un legame secondo me.
E sono partito dal disco di della Vanoni con Toquinho, “la voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria”, dove lei che canta con queste musiche sudamericane e io volevo fare una trait d’union tra la musica popolare ticinese, il Sud America e una certa raffinatezza che non è intrinseca nel dialetto, anzi è proprio lontana.
Cantando in dialetto sono nudo, racconto di cose che ho vissuto male e che mi fanno male, mi stressano e non mi piacciono.
IR: Parlando del messaggio del disco tra le tante cose che dici è che e questo è un avvertimento a chi osa innamorarsi, ma il concetto è che non bisogna innamorarsi oppure che ci si innamori pure, ma se poi riesci a reggere questa cosa non ti fermare, vai avanti.
Come lo intendi questo avvertimento?
AB: con Mortòri provo a esorcizzare le mie delusioni: il personaggio di Mortòri proprio non sopporta l’amore, non sopporta le relazioni e pensa che sia tutto tempo sprecato perché poi va a finire comunque male, quindi lancia avvertimenti tramite con le canzoni. C’è poi una specie di coscienza sul palco sotto veste di scheletro, che si chiama Mortisim, che sa la verità, cioè che Mortòri in fondo vorrebbe innamorarsi, ma è molto sfortunato e quindi inveisce contro l’amore semplicemente perché non lo trova.
Quindi è un gioco dove si condanna quel tipo di sentimento.
Lo show lo sto costruendo ancora tutto, devo ancora definire questa avversione.
Il disco esce apposta a San Valentino però ho evitato di suonare in quel giorno e lo suono al Foce a Lugano il 15 alla festa dei single, così posso sfogarmi. (ridiamo ndr)

IR: una curiosità che mi tocca da vicino: in O l’amur parli di Varese ma è solo un espediente per far la rima o perché ci vieni spesso davvero?
AB: in realtà non ci vado spesso, però avevo avuto una discussione con la mia compagna al momento ed era un modo per dire ‘me ne vado’ ma non molto lontano : era quello il senso! (Ridiamo ndr)
IR: però hai masterizzato a Busto Arsizio.
AB: abbiamo un legame forte con la zona perché abbiamo anche registrato, mixato, masterizzato i dischi tra Varano Borghi e Busto.
IR: i concerti come saranno strutturati? Sarai da solo sul palco?
AB: dal vivo ci sarò io, poi questa ragazza che rappresenta l’amore e Veronica che rappresenta la morte, vestita da scheletro.
Non sarà uno show come Peter Kernel con tutti gli strumenti, sarà una specie di karaoke, almeno questa è la mia idea.
Cercherò di mettere in scena la relazione tra uomo e donna o comunque “la relazione”, cercando di raccontare i testi anche visivamente anche perché non tutti sanno il dialetto, quindi cercherò di aiutare aumentando il livello di performance, come un racconto Anais (Schmidt ndr), la cantante dei Monte Mai, è quella che farà “l’amore e Veronica, la nostra aiutante tuttofare di Peter Kernel e Camilla Sparksss nonché dell’etichetta farà la morte.
Quindi noi tre sul palco suoneremo qualcosa: il mellotron, un timpano ma sarà soprattutto voce e movimenti.
IR: oltre alla data al Foce del 15 febbraio c’è anche una data milanese.
AB: sì l’undici aprile al teatro Dei linguaggi creativi.
La data del Foce sarà la vera prima data con questo progetto e tutto non l’ho ancora definito, stiamo lavorando ad idee molto fighe e dobbiamo testarle nei prossimi giorni.
Sarà una cosa diversa anche per me salire sul palco senza suonare come faccio da sempre e con una band che fa un sacco di rumore, qui sarò io, proprio solo che mi confronterò su dei temi che cercherò di “vomitare” addosso alla gente così che i miei “pesi” non pesino solo a me.