Interview – Scuro
Fuori dal 13 dicembre “Multipolare” per Atomo World, il nuovo album di SCURO. Il disco di nove tracce è stato anticipato dai singoli “Balla” e “Daltonico”. “Multipolare” perché è un disco che mostra diverse facce di sé esplorando generi musicali differenti tra loro. L’album si sposta in maniera anche abbastanza netta dall’indie-rock al synth pop a sonorità più acustiche e non solo. Il fil rouge tra tutti questi elementi è il racconto introspettivo del mondo dell’autore. Uno sguardo che parte verso l’esterno e la società ma va a concludersi verso sé stesso in un percorso che mette a nudo il modo di essere di chi scrive.
Noi volevamo saperne qualcosa in più, e ci siamo addentrati in questo mondo SCURO.
Se dovessi raccontare “Multipolare” senza parlare di musica, che immagine o situazione useresti
per descriverlo?
L’immagine è quella di un paesaggio variopinto e multiforme, l’emblema di un’armonia che nasce
dalla convivialità di parti diverse. “Multipolare” è un pianeta il cui equilibrio è nel gioco di tutto ciò
che gli orbita intorno; è un viaggiatore che si orienta in qualsiasi direzione, un cielo con più di una
stella polare.
Qual è stata l’emozione predominante che ti ha accompagnato durante la creazione dell’album?
Probabilmente la curiosità; quando si scrive e si compone bisogna essere estremamente ricettivi e
altamente sensibili a tutto ciò che accade dentro di noi e nei confronti di ciò che vogliamo
descrivere.
In “Quando tornerà la luce”, parli della musica come riflessione. Qual è stato il momento più buio
del tuo percorso musicale?
Gli anni in cui dopo un po’ di esperienze umane e musicali finite male stavo mollando la presa; ero
meno convinto, avevo perso le energie. Adesso affronto la musica come qualcosa di bello, di
necessario, come la mia voglia di esprimermi e il mio modo di stare bene, il mio senso nel mondo.
La riflessione in questo brano è quella di un auspicio al ritorno di qualcosa di buono, della luce. Ma
è proprio in quel momento che probabilmente avremo consapevolezza del buio che ci circonda
adesso.
“Balla” sembra invitare alla leggerezza. Pensi che la musica debba essere sempre anche un
momento di evasione?
Sicuramente lo è; per me la musica e in generale l’arte vera deve sempre dare uno spunto, una
riflessione, deve scuoterci. Se poi lo fa in maniera leggera, quasi senza farcene accorgere,
raggiunge il massimo.
C’è una connessione personale che hai con i brani più introspettivi, come “Daltonico”?
Ho iniziato a scrivere “Daltonico” seguendo la melodia e le sensazioni che mi dava, creando un
immaginario. Molti mesi dopo ho realizzato che quella canzone stava parlando di me in quel
momento, come se appunto avessi scritto di qualcosa che non avevo ancora avuto modo di vivere.
La connessione personale con la mia musica c’è in ogni caso, anche quando non me ne accorgo.
L’orchestrazione di “Dopo di me” è un elemento unico nel disco. È un campo che vorresti
esplorare di più in futuro?
Certo, è un mondo che mi affascina. Per il momento sono molto felice di aver regalato a me stesso
un momento di questo tipo nel disco: una coda strumentale epica ed elaborata che si sposa
perfettamente con l’intensità del brano.
“Manicomio” sembra una critica sociale. Qual è secondo te il ruolo della musica nel far riflettere su
temi così importanti?
Come ho detto prima, la musica può fare il suo se invita a riflettere rivolgendosi a tutti senza
escludere nessuno e lo fa senza pesantezza. In “Manicomio” metto a confronto la mia generazione
con quella attuale ma è soltanto il mio punto di vista.
Scrivi prima i testi o la musica? O tutto avviene contemporaneamente?
In genere scrivo i testi su una base o una melodia già create ma non è mai una regola, può
avvenire anche il contrario.
Se dovessi scegliere una sola traccia del disco per rappresentare l’intero progetto, quale sarebbe e
perché?
In un album in cui ogni traccia dà un aspetto di me quasi completamente differente rispetto alle
altre è un po’ difficile scegliere, però credo che il brano che chiude il disco “Non lo so nemmeno io,
forse” sia un momento in cui molte cose si congiungono e in cui si può individuare la chiave di
lettura di tutto ciò che è il mio mondo.
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