Interview – Praino

Lui è Praino, classe 1989, cantautore di quelli della scuola di Brunori (quelli veri, direbbe qualcuno), insomma niente autotune nè tastierine, nuovi scenari urbani, ma sentimenti nascosti, spiegati come piacerebbe a mia madre. É il caso anche di Gelo Polare, un nuovo singolo (in uscita il 4 gennaio 2019) intenso e triste, una supplica disperata a interrompere la freddezza in un rapporto di coppia. Ne abbiamo parlato proprio con Francesco Praino, che ci ha raccontato un po’ cosa sta combinando ultimamente, e quanto freddo fa là fuori. I

Cosa avevi bisogno di comunicare con questo nuovo brano? Si tratta di un nuovo capitolo o il continuo di un percorso?
Mi piace pensare di non fermarmi maifinché avrò qualcosa da dire, o almeno la voglia di dire ciò che penso. Di sicuro è una dimensione estremamente naturale quella dello scrivere per me, anche il mio disco d’esordio è nato così, per necessità di liberarmi, non penso mai alle tempistiche espesso non vedo l’ora di lavorare agli arrangiamenti per i testi.
Gelo Polare è sicuramente il continuo di unpercorso, il suo svolgimento e la crescita se vogliamo, la voglia dicomunicare/provocare una riflessione sui sentimenti, sul gelo che sicrea quando ci si impone di non provare più nulla per qualcuno oqualcosa per mille motivazioni.

Il “Gelo Polare” quindi è quello tra due persone? Lo consideri un brano triste? Non necessariamente. Il gelo polare è una conseguenza, ètutto intorno, ultimamente poi direi ovunque. La gente sembra non ricordare piùche ha dentro di se dei sentimenti, che è animata da queisentimenti, per comodità forse, o per esigenza. È nella società, nei rapporti tradue ex innamorati, lo vedi addosso alla gente per strada, abbiamopaura di provare dei sentimenti. Credo sia una canzone triste, ma con un sorriso mezzo abbozzato.

Come è stato registrato il brano?
Ho lavorato al Daedalum studio di Fausto de Bellis, che ha curato anche il disco, per me l’ambiente è fondamentale, devo sentirmi a casa per poter lavorare, e ho lafortuna di poter dire di essere a casa con Fausto.
Mi ricordo ancora quando arrivai instudio con un provino voce e piano, lo feci sentire a Fausto che,conoscendo la storia che il pezzo portava con sè, mi disse “lo saiche se lo fai farà un po’ male, sei sicuro?”. Io accennai un mezzo sorriso eannuì, avevo paura, ma speravo ne sarebbe valsa la pena.

L’ispirazione è anche legata ai luoghi? 
Direi di sì, mi lascio ispiraremolto dai luoghi, dalle persone che mi stanno intorno e quelle che mi passano accanto per strada, scrivo molto all’aperto e in luoghi isolati quando posso, ma la mia dimensione naturale è a casa, con Bonzo che mi dorme vicino e le paranoie che, si sa, di notte sono più pesanti. Per quanto riguarda la composizione pratica dei miei brani, mi occupo totalmente della parte musicale e insieme a Fausto ragioniamo molto sui vestiti giusti per i pezzi. Essendo un batterista rompo tanto lescatole sugli arrangiamenti, è la parte che amo di più del lavoro,devo suonare tutto e fare tremila versioni, in studio per fortuna ho chi mi sopporta.

É un brano autobiografico? Questa ragazza sembra veramente avertispezzato il cuore… 
Si lo è.Direi più riempito che spezzato, quando abbiamo deciso di chiudere, ci siamo amati tanto, anche in quel momento. Ti rimane tutto del rapporto, anche quando rimani solo, anche se fa freddo.

Perchè è così facile identificarsi nelle canzoni sulla fine delle storie d’amore?
Forse tutte le storie d’amore in fondo sono uguali?
Credo sia perché ci si puòidentificare in canzoni che parlano di storie come la tua, accomuna chiunque e ovunque, per chi scrive è una terapia, ma anche per chi ascolta. È identificarsi, riflettere,capire, c’è chi capisce di voler andare avanti, chi invecevorrebbe riparare agli errori commessi.

E quando parli di “questo schifo di città”? 
Bologna, ti ama e ti ammazza.
Ricordo sempre le parole di Riccardo Paradoz, un cantautore, un amico, che purtroppo non c’è più mache porto sempre con me , “Bologna non ti amo ne ti odio ma però…”

Esiste una scena Bolognese?
Penso che Bologna non abbia unascena definita, non mi piace neanche pensare che ci sia, ma nonesiste angolo dove non si suoni. Se esiste una scena, allora questa è nata a Bologna prima che da ogni altra parte.

E adesso? Progetti per il futuro?
Suonare tanto in giro, tra pochigiorni parte il tour, voglio stancarmi tanto e continuare a scriverenel mentre, a quello non rinuncio mai (neanche se fa freddo).

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