Interview: Katana Koala Kiwi

Katana Koala Kiwi sono frutto della città di Trieste e delle sue contraddizioni. Alessandro, Andrea, Pietro, Gilberto e Lorenzo gravitano attorno a baricentri musicali diversi ma convergenti, che li hanno portati a entrare in un’orbita sonora comune. Testi e arrangiamenti nascono da un lavoro corale, denso di influenze anche molto disparate che spaziano dall’indie alla musica elettronica e che li portano ad essere talvolta taglienti come la pietra carsica, altre dolci come il liquore di Terrano.

Abbiamo chiesto loro di parlarci del loro nuovo singolo “Gagarin” e abbiamo esplorato insieme la loro visione artistica, a partire dall’origine di questo nome così curioso:

Sicuramente ve l’hanno chiesto in tanti ma vogliamo saperlo anche noi: da dove nasce l’idea di unire una katana, un koala e un kiwi? Perché proprio questo nome?

ALE: Katana Koala Kiwi è fondamentalmente una riappropriazione culturale delle sigle. Nel miglior scenario possibile, un giorno, cercando su Google qualche K, verrebbe fuori anche qualcosa di figo e non solo odio e quant’altro.

PIETRO: Un po’per goliardia un po’per provocazione. Liberiamo questa sigla dall’odio.

Avete affermato che “spesso per trovare la felicità è necessario fare un salto nel vuoto”. Quando è stata l’ultima volta che avete fatto questo salto? E come è stato l’atterraggio?

ALE: Personalmente questo “salto” si presenta ogni volta che cerco di uscire dalla mia zona di “comfort”. Che sia una scelta lavorativa, artistica o legata alla mia vita personale, la ricerca della mia felicità e sempre scandita da quel ritmo calzante che sale in maniera vorticosa dalla sinistra del petto verso la gola.

PIETRO: Direi che sono ancora in caduta libera, ma alla fine è quello il bello, gli atterraggi sono sopravvalutati.

“Gagarin” è il vostro nuovo singolo. A cosa è dovuto il riferimento al celebre astronauta? Cosa rappresenta per voi?

ALE: Il nome del brano è arrivato dopo tutto il resto. In realtà l’ha proposto Andrea.

ANDRE: Leggendo il testo che aveva scritto Alessandro la mia testa ha fatto questo collegamento. La canzone mi ha sempre dato l’idea di un qualcosa che si allontana costantemente dalla terra, verso ciò che è sconosciuto, eppure con ottimismo. Mi piace pensare che Yuri Gagarin possa essersi sentito così nel 1961.

PIETRO: Il saltatore nel vuoto per eccellenza, oltre ad essere un grande eroe sovietico.

Cosa vi portate dietro di Trieste e delle sue contraddizioni? Questa città ha in qualche influito sulla vostra identità musicale?

PIETRO: Certo, i luoghi influenzano inevitabilmente ciò che ospitano in qualche modo. Siamo paradossalmente tanto isolati dal mondo quanto aperti verso di esso.

ALE: Di Trieste portiamo dietro tutto. Siamo ragazzi nati al confine, in una città tranquilla dove la vena mitteleuropea è quasi completamente tradizione. Siamo ragazzi del Nord-est e la nostra musica ne risente sicuramente. Azzardando potremmo affermare di suonare a volte come una giornata di sole e pachea sugli scogli, a volte come un placido tramonto che si tuffa nel mare, a volte come il molo audace durante un “neverin de Bora”.

ANDRE: Della nostra città ci permea il modo di vivere, di pensare, di atteggiarsi rispetto alla vita. Cosa ci piace e cosa non ci piace fare, e soprattutto la maniera di rapportarsi col diverso e col distante, forse una caratteristica che piano piano i triestini stanno perdendo.

C’è un artista con cui sognate di avviare una collaborazione?

ALE: Personalmente mi piacerebbe collaborare con qualche Pop-star; non so, una delle Boy Genius o Billie Eilish. Ancora di più mi piacerebbe che si creasse una scena musicale coesa e credibile in questa città. Un qualcosa con cui fare fronte comune ai possibili futuri di questo posto.

PIETRO: Ichiko Aoba.

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