Interview: Giorgieness
In occasione del live tenutosi a Cascina Nascosta lo scorso 10 aprile, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare di persona Giorgia D’Eraclea. Gli argomenti di cui abbiamo parlato sono stati molti e la musicista valtellinese non si è sottratta nel fornire il proprio punto di vista su molti aspetti che caratterizzano il suo modo di fare musica e sul mondo musicale nel suo complesso.

L’ultima intervista prima di questa l’abbiamo fatta a Seregno nel febbraio del 2019, proprio quando avevi cominciato le date in acustico. Mi avevi detto “ho deciso di cambiare produttore”, poi in realtà hai cambiato più o meno tutto. Tu di decisioni, dal punto di vista artistico, ne hai prese tantissime, però vista da fuori questa mi sembra ancora quella che più ha definito tutto quello che hai fatto, sbaglio?
No, in realtà parte tutto da una telefonata con Ramiro dei Selton, in cui io gli chiedevo il numero di un’altra artista perché mi serviva, perché volevo proporle un feat., eccetera, e Ramiro mi ha chiesto: “ma cosa stai facendo?”, io comunque ero già a Torino, e gli ho detto: “guarda, sto scrivendo pezzi nuovi, sto facendo cose”, gli ho mandato quello che avevo e lui ha ascoltato, erano Maledetta e Tempesta mi pare, e gli erano piaciute tantissimo, e quindi mi ha detto: “guarda io sto cominciando a produrre, se ti va iniziamo a fare qualcosa insieme, poi facciamo un giro delle etichette”, per cui mi piace moltissimo l’idea che la musica salva la musica in qualche modo. Io ero totalmente persa in quel momento, o meglio non ero persa, ero in tour ed ero felicissima di fare quella cosa, e mi sembrava proprio di riappropriarmi delle mie canzoni in qualche modo, suonando chitarra e voce con gli accordi sbagliati, anche perché io credo tantissimo nei pezzi scritti con tre accordi, secondo me comunque se il pezzo sta in piedi con tre accordi poi gli puoi mettere il vestito che vuoi. Comunque, credo che sia stata la decisione migliore, in realtà, tra tutte quelle che ho preso, perché poi ho trovato un team che nel tempo si è rivelato davvero, come dire, un team che mi dà un sacco di fiducia, e quindi mi lascia esprimere. Banalmente, abbiamo discusso tantissimo su Cuori Infranti, sul sound e su tutto quanto, perché loro volevano che io fossi davvero convinta di andare in quella direzione, perché comunque mi conoscono e sanno che con una chitarra elettrica in mano mi sento forte. Però io ho detto: “sì, io voglio proprio andare lì, perché voglio sperimentare”, e credo che questa curiosità sia quello che mi ha sempre salvata. D’altro canto, sembra quasi snob dire che la gavetta serve, però in realtà proprio il fatto di suonare da quando ho 14 anni, 15 anni, sui palchi, nei pub, per terra, mi ha dato, come dire, l’idea di come si fa la musica, e quindi nel momento in cui mi sono ritrovata a voler cambiare tutto, perché non mi sentivo ascoltata, non sentivo che c’era un posto per me dove ero prima, non ho avuto paura in realtà, anzi, forse ho avuto anche un po’ di superbia, però mi sono detta che avrei trovato qualcun altro che avrebbe creduto in me, e in qualche modo l’ho fatto, e ci sono riuscita, e ancora stiamo andando avanti a lavorare, stanno uscendo singoli oltre il disco, per cui sì, io credo che abbia più che altro definito anche dentro di me l’idea che il team è importantissimo, però sei tu al centro del progetto, e se non sei tu che continui a insistere, continui a spingere, nessuno ti chiederà mai di continuare a fare musica.
Adesso che hai parlato della gavetta, mi è venuto in mente quel leggendario post che avevi fatto quando Blanco aveva tirato i calci alle rose a Sanremo.
Io parlavo del fatto che è normale che se un ragazzo senza esperienza si ritrova con un problema tecnico su un palco come l’Ariston, non sappia cosa fare, e non è colpa di Blanco. In tutto questo io non è che penso che per forza devi farti la gavetta anni 90, cioè ci sta che oggi sia diverso, però io mi immagino passare da una sala prove al palco dell’Ariston e poi a dei palchi enormi, tu proprio non sai cosa fare nel momento in cui hai un problema tecnico, e quindi fai quello che ti viene di fare. Lì in quel caso mi pare ci fosse un problema di body pack, di cose del genere scambiati, mi pare che gli diedero il body pack di Mahmood, una cosa del genere, e quindi giustamente non gli arrivava niente a lui nelle in-ear. Invece, io mi ricordo quando mi successe di cadere di faccia sul palco con i Garbage, perché c’era una macchia d’acqua sul palco, io neanche ho guardato per terra perché tutti urlavano, quindi salutavo come una regina, e mi sono proprio detta o rimango qui e faccio finta di essere morta, come si fa con gli orsi, mi faccio portare via, oppure vado al microfono e faccio qualcosa.
Hai detto: “iniziamo benissimo”…
Esatto, fu quella la frase, e poi in realtà abbiamo finito benissimo, un bellissimo concerto, però io mi sono proprio detta che probabilmente se non avessi suonato per terra senza le spie, senza sentire niente, a 14 anni, oggi mi sarei vergognata tantissimo. Invece in quel momento per me era, sono caduta per terra, è una cosa che può succedere, siamo umani noi che siamo sul palco. Shirley Manson peraltro venne a dirmi, guarda che io ieri sono caduta dal palco, e allora aveva già 50 anni. Forse anche perché la cosa che mi fa sentire più a mio agio è stare sul palco, io non sono una persona che si sente a proprio agio nella vita, nel pubblico in generale, per cui sì, io credo che semplicemente la gavetta ti dà gli strumenti, un po’ come se uno fa l’avvocato, prima fa il praticantato e poi va a fare l’avvocato, non per forza devono essere 80 anni di praticantato, può essere pure uno e poi magari sei bravo oppure semplicemente hai fortuna e riesci subito a fare il lavoro dei tuoi sogni. Però la gavetta non è solo: “ho sudato e quindi poi ho raggiunto i miei risultati”, ma è imparare a fare il tuo lavoro.
Parlavamo del sound, del fatto di andare in una direzione, ma tu, quando scrivi le canzoni, pensi solo allo scheletro della canzone, alla melodia, al testo?
Prima era così, invece in questo album, in Cuori Infranti, dove io sono mega felice di dire che compaio anche come produttrice in tutti i pezzi praticamente, è stato un lavoro diverso. In realtà oggi faccio molta più fatica e ci sto provando a tornare proprio a partire dal testo come facevo prima, perché mi lega molto meno a livello di metriche poi, però avendo imparato a produrre, a fare un po’ di cose, mi piace anche partire magari da un beat, da un’idea che ho, chiaramente ancora non sono capace di produrre un pezzo intero, o meglio lo produco ma non è una cosa che poi può essere pubblicata, banalmente faccio fatica a usare il metronomo, quindi a suonare più che altro con il metronomo, però questa cosa mi dà molti più strumenti per scrivere canzoni, per cui posso partire davvero da un’idea, da una parola, da un’idea di suono. Di base io ho semplicemente la storia che voglio raccontare, per cui questo è rimasto abbastanza immutato, cioè ho provato a scrivere su dei beat con dei produttori, ma lo stesso produttore con cui stavo lavorando mi ha detto: “senti, non sei il tipo, mettiamoci sul divano, ci beviamo due birrette, suoniamo la chitarra, mi racconti di cosa vuoi parlare e scriviamo il pezzo e poi lo produciamo”. Peraltro, lui è una persona mega abituata a lavorare da beat, cioè l’artista arriva in studio, lui gli fai un beat e ci scrive sopra, ecco sicuramente forse non arriverò mai lì, quantomeno come Giorgieness, come autrice lo posso fare, ma per me stessa faccio molta fatica, perché devo avere un po’ il polso anche sul mood e su tutto quello che succede. Io penso semplicemente di avere più skill oggi per scrivere le canzoni, però rimane il fatto che mi succede una cosa, ne voglio parlare e ci scrivo il pezzo.
Mi hai fatto venire in mente di una mia vecchia intervista con Appino degli Zen Circus, ho cominciato a fargli delle domande sul suono, lui mi ha detto: “ma finalmente la smettono di parlarmi tutti quanti di questi benedetti testi e mi parlano pure della musica”, per cui ti chiedo, è vero che tu hai in testa la storia, però senti anche tu che troppe persone stanno troppo dietro i testi e non ti danno abbastanza credito dal punto di vista della musica?
Non credo che mi interesserà mai questa cosa. Devo essere sincera, non penso diventerò mai quel tipo di musicista, che ci tiene che si senta lo strumento particolare che è una Telecaster di quell’anno, oppure i fiati. Per me la musica, in realtà, è strumentale al testo e quindi proprio per questo cambio così tanto, perché quello che succede sotto le parole, sotto la melodia vocale, per me è tutto funzionale al messaggio che sto mandando. Detto questo, penso che a livello di produzione la persona che mi ha ispirato di più è stata Jack Antonoff, perché davvero è riuscito peraltro a spaziare in varie artiste senza renderle uguali e dando loro un sound. Poi io sono anche quel tipo di persona che si ascolta tutti i suonini, le cose, però non me ne faccio una malattia a livello di produzione, so cosa voglio però non mi fa male se non parlano del sound, mi farebbe più male se non parlassero dei testi, perché forse è la cosa che a me comunque ancora interessa di più, assieme all’idea di linea vocale. A me piace un sacco di musica che non è, come dire, fighetta, radical chic, poi mi piace anche la musica fatta bene e mi piace ascoltarla, vengo comunque dai Pink Floyd, per cui non è che non ci faccia attenzione.
Poi le cover che facevi…
Esattamente, PJ Harvey, Nick Cave, sicuramente, ma anche di loro io non ho mai ascoltato solo i suoni, ho sempre ascoltato anche il testo, per me una canzone può essere registrata male, suonata male, ma con un testo spaziale, una melodia vocale spaziale, per cui forse ecco, la cosa che forse mi farebbe stare male, a livello di Andrea che diceva della produzione, è più magari se non si notassero le linee vocali, cioè il fatto che ho lavorato tanto sulle linee vocali.
Difficile che possa capitare. Allora, una cosa che pensavo è che alla fine, giustamente, in quasi tutte le canzoni dell’ultimo disco, se qualcuno leggesse solo i testi, potrebbe immaginarsi il tipo di suono, però secondo me c’è una canzone che è molto diversa da quella che ti immagineresti, e sto parlando di Dicono Di Me. Infatti, se leggi il testo ti puoi immaginare il ballatone super triste, e invece alla fine no. Ti chiedo, quindi, com’è nato il suono di questa canzone?
Lì, infatti, è stata una scelta di sound, nel senso che io volevo scrivere un pezzo su questa cosa qui, cioè sul fatto che io so benissimo di essere davvero senza filtri, cioè non c’è altro oltre quello che vedi, ad esempio, se adesso stiamo parlando noi due, lo sai che giro l’angolo non parlerò male di te banalmente, no? In generale c’è poco da aspettarsi da me, se mi conosci, quella sono. Volevo che fosse un pezzo che dicesse: “io lo so che ci sono un po’ di persone anche del giro che mi vedono davvero come una bionda stupida che scrive canzoni d’amore, però la verità è che intanto io so che non è così, so di parlare di tante cose con l’espediente della relazione da due e in più dall’altra parte non mi interessa perché ho capito dove sono i miei amici veri, dove sono le persone a cui tengo” e volevo fosse una presa per il culo, cioè volevo che fosse un pezzo divertente perché secondo me non avrebbe avuto lo stesso impatto se fosse stata un pezzo in cui mi piango addosso perché gli altri parlano male di me. E quindi ci ho messo davvero tutto quello che penso effettivamente che dicano e che so che viene detto. Poi, in ogni album c’è un mio piccolo dissing al mondo della musica, come Successo per il mondo della discografia. È un po’ come quando mi faceva strano uscire a Milano con tutti i musicisti perché mi sembrava che più che altro ci dicessimo “hai visto, siamo fighi, siamo noi quelli famosi no?” Io sono felicissima anche di andare in Valtellina uscire con i miei amici veri, non ho bisogno di quella fama lì. Certo, vorrei essere Beyoncé e riempire gli stadi, assolutamente, però non mi interessa come un obiettivo fine a sé stesso, non sento di dover difendere uno status. Non credo di essere un’artista meno artista, che poi anche dirselo da soli è già un problema secondo me, però insomma, perché scelgo delle sonorità più pop, perché scelgo delle parole più facili, cioè non devo dimostrarti di aver letto tanti libri, di essere profonda. Io so come sono fatta, poi posso sempre fare un’intervista, ci sono altri modi per dimostrare la profondità e in più secondo me comunque determinati testi non li scrivi se non c’è una profondità, è difficile rendere una cosa semplice, semplificare è molto difficile.

Certo! Una cosa che, comunque, probabilmente ti dà anche molta sicurezza di quello che sei è anche l’allineamento, proprio a livello di stato d’animo, con i tuoi fan, perché alla fine anche solo la chat di Telegram non è una cosa banale, cioè perché voglio vedere quante persone dicono “apriamoci una chat di Telegram” e viene fuori questa cosa qua.
Infatti io ho dedicato un album a queste persone perché davvero la chat è nata prima, Giorgieness E I Cuori Infranti è il nome della chat Telegram, poi è arrivato l’album, quando io ho capito che quei cuori infranti di cui parlo erano proprio loro. Io ho passato un anno davvero complesso a Torino a sentirmi molto sola e pensavo che me lo meritassi in qualche modo, poi sono tornata in Valtellina dai miei amici e mi sono riallineata, mi sono riallineati i pianeti e ho capito che in quella chat c’erano delle persone come me. Non mi sento particolarmente speciale, cioè mi sento una persona media ma in modo bello, nel senso mi rendo conto che potrei postare una vita che non vivo, potrei far credere di essere di avere tutti sold out, potrei far credere un sacco di cose perché è facile, basta, che ne so, non dire che era una doppia data…
Basta mollare omaggi in giro o basta, che ne so, fare delle foto di un certo tipo…
Basta non mostrare mai il pubblico, però io quella roba non ce la faccio a farla perché so che è finta e so che ferisce altre persone come me che cercano invece di fare questo lavoro in un certo modo. È chiaro che se tu sei costantemente bombardato da immagini di perfezione di progetti che funzionano alla grande, ma tu lo sai che in realtà funzionano più o meno come il tuo, ci stai male perché entra in gioco la FOMO. Io fortunatamente ho il contrario della FOMO, ho la JOMO, cioè proprio la joy of missing out e io ce l’ho perché davvero in certi contesti io mi sento fuori luogo. Anche a Sanremo, se non fossi stata con Alberto Cipolla, eravamo in combo e quindi andavamo alle feste insieme, mi rendevo conto che i primi tre minuti a una festa di queste festone a cui siamo stati io mi sentivo totalmente fuori luogo, forse perché sono provinciale, non lo so, sono cresciuta in provincia e non riesco a fingere di essere arrivata dove non sono arrivata.
Ti faccio una domanda su due canzoni in particolare che mi hanno colpito appunto una per il per il suono e una per provare a capire se avevo interpretato correttamente il testo. Per il suono, mi ha colpito moltissimo Piano Piano, secondo me quello è un lavoro veramente certosino e quindi se mi vuoi dire qualcosa su come hai lavorato su quella canzone.
Grazie perché è una delle mie vere produzioni, quasi. È un’altra di quelle cose che io adoro ovvero mettere tutti gli strumenti sul letto, collegare tutto dal letto, la scheda audio, e lavorare da lì perché mi riporta quando ho iniziato a scrivere le canzoni da ragazzina. In realtà era un pezzo che doveva essere d’amore felice, poi però, purtroppo, quella relazione è andata in un modo totalmente diverso da come mi aspettavo e l’ho finita infatti un anno dopo: Mi ricordo che, in realtà, io la chiamavo “la Dua Lipa” per un periodo, avevo in mente quel pezzo con Angèle che si chiama Fever e ha questa cassa dritta e mi prendeva bene perché è un pezzo di Dua Lipa non di Dua Lipa, è strano non era come, ad esempio, Be The One, cioè non era uno quei pezzi lì, quindi mi sono presa una cassa dritta, un po’ di synth, un po’ di cose e ho scritto tutta la prima strofa, fino al ritornello e avevo quest’idea della cassa dritta che non l’avevo mai avuta e mi piaceva, perché comunque ti dà delle metriche diverse e quindi l’ho sviluppata semplicemente così. È uno dei primi pezzi che ho scritto per Cuori Infranti, forse il primo addirittura e mi ha divertita molto perché mi ha messa alla prova anche con quello che facevo fino a un attimo prima, anche nel modo di cantare. Volevo che fosse dark però allo stesso tempo presa bene in qualche modo, perché il messaggio del pezzo è che da questo tipo di relazioni se ne può anche uscire e poi io cerco anche di far capire una cosa che per me è importante capire al giorno d’oggi in cui si parla di narcisismo come se chiunque al primo malessere fosse per forza narcisista, invece è una patologia. Oppure si sente spesso parlare di relazione tossica, però un conto è due persone che non vanno d’accordo, cioè si può essere tossici l’uno per l’altro senza per forza arrivare alle mani, e poi ci sono anche relazioni psicologicamente tossiche che invece sono altrettanto pesanti esattamente come quelle dove c’è una violenza fisica, per carità magari meno pericolose per la vita, però lasciano degli strascichi; io ci ho messo anni a riprendermi da una relazione in cui mi veniva detto tutti i giorni che io non valevo niente, che senza di lui non avrei fatto niente, che di quello che dico non interessava a nessuno, non è facile perché arrivi davvero a pensare di non saper più neanche chiudere casa o cucinare un uovo. Volevo mettere insieme queste cose qua e il messaggio era comunque che anche da queste cose se ne può uscire e ci si può ricostruire e abbiamo molta più forza di quella che pensiamo, spesso e volentieri, e una rete di persone attorno a cui dobbiamo appoggiarci, per cui secondo me il sound di quel pezzo riusciva anche a sostenere un messaggio di questo tipo.
Invece, dal punto di vista dell’interpretazione di un testo, secondo me Mamma non è una canzone contro la mamma.
Grazie, grazie, mi è dispiaciuto tantissimo soprattutto per chi ha pensato che questa sia contro la mia. No, è in realtà è contro la mamma interiore che abbiamo.
Nel senso che è contro chi ti dice “devi seguire lo schema, la scatola è questa e tu devi stare dentro questa scatola” e il messaggio della mamma è solo lo spunto.
In realtà è un po’ anche la tua coscienza interna. Spesso ci auto sabotiamo, nel senso che spesso siamo noi a avere questa signorina Rottermeier interiore che ci dice che sbagliamo, che non che non va bene niente di quello che facciamo, che ci fa dubitare di noi stessi, eccetera. Mia madre è stata semplicemente la voce della coscienza e la persona con cui ho più a che fare probabilmente, la persona con cui mi confronto sulla mia vita più spesso, però la mia povera madre assolutamente non c’entra niente, non è un pezzo contro le mamme, anzi, assolutamente, al massimo contro le mamme quando vengono in casa tua, come ad esempio fa la mia, e ti dicono come devi tenere pulita casa. Detto questo, in realtà Dicono Di Me e Mamma in scaletta sono vicine per un motivo, perché in realtà parlano della stessa identica cosa, in più mi rendevo conto che ultimamente, secondo me, ero diventata un po’ troppo Candy Candy, io sono anche quella di Che Strano Rumore, sono quella di K2, tutta quella viscera lì io ce l’ho ancora e mi sembrava che si stesse un po’ perdendo, sembravo comunque davvero troppo Candy Candy e non sono quella roba lì, in me c’è anche un sacco di roba brutta che magari tengo per me, anche perché tendenzialmente poi si riflette più su di me che sugli altri, però io sono anche questo e volevo ricordare, forse a me stessa più che agli altri, che c’è anche questa parte qui e che, ripeto, posso potevo essere bionda e stupida quanto volevo però poi dentro di me c’è ancora tutta la persona che ha scritto sia La Giusta Distanza che Siamo Tutti Stanchi.
Ho notato che, su Spotify, le prime due canzoni in lista sono i due featuring, quello con le Bambole Di Pezza e questo che hai fatto uscire adesso e quindi ti chiedo come hanno funzionato, quanta collaborazione c’è stata, non penso che tu sia andata dalle Bambole Di Pezza e loro ti abbiano detto “fai così”, né che tu abbia fatto così con Jack Out.
Con Jack ci siamo conosciuti su Instagram, mi pare, durante il periodo di Sanremo quello con Bnkr44, La Sad, eccetera, perché lui era lì e insomma non ricordo come nacque, però abbiamo cominciato a scriverci su instagram e dopo due ore, forse, ci siamo detti: “ma vediamoci studio e scriviamo un pezzo” anche perché poi stava per uscire il pezzo di Post Malone e Taylor Swift e all’epoca eravamo un po’ noi due, quindi in sostanza ci siamo trovati e in quei dieci giorni, due settimane in cui ci siamo sentiti prima di vederci a Torino abbiamo parlato un sacco delle nostre vite di quello che ci stava succedendo, insomma del mood che avevamo, eccetera, ed è venuto tutto molto naturale, siamo entrati in studio con Domiziano, il mio chitarrista che ha prodotto il pezzo insieme a Moka e ci siamo messi uno in un angolo e una nell’altro, anzi, meglio, prima abbiamo buttato giù un giro, mezzo beat, e mentre lui lavorava a sistemare questa cosa ha buttato giù la sua strofa e io l’intro del pezzo e anche il ritornello mi pare e ci siamo poi confrontati e abbiamo capito che stavamo parlando della stessa cosa senza saperlo. In più, secondo me, lui ha dato voce alla parte maschile del mio album, cioè a quello contro cui vado per tutto il tempo e soprattutto in Cazzate, in qualche modo dimostrando anche che, appunto, quello che io percepisco come “tu sei una merda” dall’altra parte magari può essere percepito nello stesso identico modo.
Infatti prima dice lui “ci vai sotto” e poi, dopo, lo dici tu.
Esattamente. Lui, peraltro, in tutto il pezzo mi descrive quasi come una merda di persona e io faccio lo stesso con lui, in qualche modo; questo per dimostrare che spesso non vince nessuno in queste cose, quando le cose si incrinano e non ci si capisce ognuno diventa la persona tossica dell’altro e quindi questo è nato così e l’abbiamo, penso, scritto in un giorno, forse, e io la mia ultima parte l’ho scritta poco prima che uscisse il pezzo, cioè il mio “ci vai sotto”. Invece con Cleo e Le Bambole Di Pezza, io e Cleo siamo molto amiche e quindi lei mi ha detto che avevano questo pezzo con cui volevano fare un feat. con me, quando me l’hanno mandato io me ne sono innamorata e quindi mi sono scritta la mia strofa, peraltro dicendole anche “ti va se cambio un po’ la linea vocale, la rendo più mia così non abbiamo problemi di tonalità?” e lei mi ha risposto “devi renderla tua” e in realtà quel pezzo io l’ho scritto proprio sulla nostra amicizia, nel senso che io e lei sembriamo davvero due mondi diversi come persone, ma in realtà ci incastriamo e soprattutto non c’è davvero competizione, siamo proprio quelle del tipo “no, aspetta, ti devo sistemare il rossetto, perché se no…” per cui è stato proprio bello scrivere questo pezzo ed è molto su di noi, banalmente dire “affittiamo un locale, tutte donne a suonare” rappresenta proprio cose che noi faremmo in qualche modo. Poi io alle Bambole Di Pezza sono molto legata quindi è stato davvero un dono che mi hanno fatto, però sì, per la prima volta ho fatto dei feat. in cui davvero ci ho messo del mio, perché in passato ne ho fatti altri ma venivo chiamata su un pezzo già finito, quindi, insomma, più che un po’ di interpretazione, magari qualche piccolo cambio di linea vocale non facevo, veramente con I Botanici a livello di linea vocale ci ho messo tanto anche se il testo c’era già, però sono riuscita a metterci tanto di mio, in altri casi invece era bello il pezzo, io ci ho voluto cantare sopra e comunque non ho mai fatto un feat. che non volevo fare, assolutamente no, però, ecco, l’idea era che invece partissero da me e sto andando avanti un po’ su questa scia, cioè in questo momento sono più orientata sui feat. che sullo scrivere un album perché, onestamente, non sono una persona reazionaria, anzi, nella musica per me non puoi esserlo e quindi in questo momento la musica si sta muovendo in un modo totalmente diverso e ha poco senso, secondo me, ad oggi per me fare un album, cioè fare un altro album adesso. Penso che sia molto più bello, anche per il fatto che sono così poliedrica, mi piace sperimentare e cambiare, vivermi un po’ di canzoni prima di pensare a dover dare loro un contenitore, anche perché non hai tempo materiale di promuoverlo, non hai tempo di farlo sentire tutto, nel mio caso, che non sono Dua Lipa che domani esce il disco e se lo ascoltano tutto, i miei fan magari lo fanno però, intendo, è difficile far arrivare un album intero e quindi preferisco a questo punto fare una cosa fighissima, cioè scrivere una canzone, produrla e farla uscire, lavorare con altre persone e questa cosa mi sta stimolando moltissimo. Al momento sto scrivendo un pezzo con Obi che è un ragazzo della mia etichetta, un rapper bravissimo che si muove tra il pop e il rap e adesso sta tornando sul rap che io trovo sia la cosa sua, cioè è proprio bravo, bravo forte, e stiamo scrivendo questo pezzo e poi ne ho un altro, che peraltro suonerò stasera, che invece quello penso sarà solo mio. Mi piacerebbe scrivere qualcosa con Giuze che è ospite questa sera, mi piacerebbe scrivere qualcos’altro con Cleo, in generale vorrei sperimentare anche magari in ambiti che non sono totalmente il mio.

Ora, io capisco che uno non si debba lodare da solo, io lo capisco, però, ascoltami, di fronte a un ritornello come quello di Ci Vai Sotto, io ti dico che quello per me è un ritornello che per chiunque, o comunque per tante persone, almeno per me ma secondo me anche tanti altri, è talmente bello da cantare che uno sarebbe anche disposto ad accettare di cantare di merda perché lo deve buttare fuori comunque. Quando è uscito non hai avuto una percezione simile? Ti è sembrato un ritornello come un altro oppure hai percepito quanto sia speciale?
In realtà, un tema che sta ritornando spesso in discorsi che faccio con le persone è io non ho mai pensato di essere brava a scrivere ritornelli, onestamente ho sempre pensato di scrivere meglio le strofe, però ultimamente più persone mi stanno facendo notare questa cosa sui ritornelli: Quello in particolare, effettivamente credo mi sia uscito particolarmente bene, infatti anche il pezzo con Obi è andato più o meno così, nel senso che io avevo questo ritornello forte, secondo me, e ho provato a scriverci le strofe, ho provato, provato, ma non mi usciva niente che mi piacesse tanto quanto il ritornello, per cui sì, in realtà quando lo ascolto è uno di quei pezzi che mi ha fatto dire “cazzo sì, esattamente volevo andare in quella direzione lì”, però devo ringraziare Rihanna, nel senso che c’è anche una piccola citazione di Love The Way You Like è uno dei miei pezzi preferiti, lei dice “just gonna stand there and watch me burn” e io dico “resto ferma mentre brucia l’anima” e mi piace fare citazioni di altre canzoni che mi sono piaciute poi una canzone di, non so, vent’anni fa, quindi fa strano dire questa cosa, però mi sa che è vero più o meno e per cui sono contenta che arrivi, ti ringrazio perché forse sì, da dentro è un po’ più difficile, a me sembra sempre che le mie canzoni non siano vere canzoni, perché poi quando canto quelle degli altri mi sembrano più vere canzoni, però mi rendo anche conto che magari è solo perché banalmente io suono molto vicino a come canto, visto che mi devo accompagnare, gli accordi sono quelli, poi mi rendo conto che invece basta spostarli un secondo e anche le mie canzoni sembrano canzoni vere.
Parliamo di live, adesso tu hai queste date acustiche, poi però ho letto su instagram che arriverà il tour in elettrico.
Finalmente! Anche lì, io non mi nascondo, nel senso che quando ho dovuto scegliere se fare un tour elettrico con dei grossi problemi organizzativi per poterlo fare o un tour acustico fatto bene e aspettare un attimino per poter tornare in elettrico, ho preferito il tour acustico. Un po’ perché è una cosa che all’inizio odio mentalmente dover fare, ma poi quando comincio non dico che lo preferisco all’elettrico, però la pressione mentale è completamente diversa e sei anche molto più a contatto con le tue canzoni. In più, con Domiziano, con il quale continuerò a lavorare a livello di produzione, mi sembra di essere tornata a tanti anni fa quando c’era Andrea De Poi con me, lui era letteralmente il mio braccio destro e l’altra mente di Giorgieness e, dopo tanti anni in cui questo posto è stato vuoto, finalmente Domiziano l’ha preso e ho con me un’altra persona di cui mi fido esattamente nello stesso modo e che si prende cura del progetto nello stesso modo. Per cui è bello usare queste date per poterlo raccontare, il progetto, fare un viaggio dal primo EP fino a Jack Out, quindi tutto quello che ho fatto fino ad ora, ovviamente condensato, non è un “Era’s Tour”, ma visto che sono valtellinese, è un “Casera’s Tour”, e questa cosa è talmente bella che mi ha dato tanta voglia di suonare in ogni modo possibile, anche da sola, recentemente ho fatto una data proprio in Valtellina da sola ed è stato bellissimo e non me l’aspettavo che mi sarebbe piaciuto così tanto. Adesso, comunque, sarà il turno dell’elettrico, che riprenderà da dove ha lasciato, ovvero riprenderemo lo spettacolo che avevo preparato per le due date che abbiamo già fatto e lo porteremo in giro. In più ci saranno dei momenti acustici per le cose più nuove.