Interview: Franco E La Repubblica Dei Mostri
Dopo aver ospitato in anteprima lo streaming del debutto di questa band milanese, abbiamo avuto il piacere di incontrarli all’Ohibò prima della data iniziale del loro tour. Tra momenti seri e altri più informali, i cinque hanno mostrato tante cose che stanno dietro alla realizzazione di questo bel disco. I Franco E La Repubblica Dei Mostri sono: Adriano Aricò (voce, chitarra e ukulele), Marina Mussapi (violoncello), Francesco Provenzano (batteria), Paolo Perego (basso) e Vincenzo Marino (sax, clarinetto e synth).
Una delle cose che ho notato nel disco è che c’è tanta varietà ma è messa insieme bene, mi sembra ci sia l’ida di proporre cose diverse ma fatte da una mano sola.
Adriano: meno male.
Ho letto che voi della band venite tutti da storie musicali diverse e avete un’anima diversa, volevo chiedervi com’è stato il processo di mettere insieme queste diverse anime.
Vincenzo: ci abbiamo lavorato tanto. Per quanto riguarda la scrittura delle canzoni viene tutto da Adriano, poi però ogni pezzo dopo il primo ascolto da parte di tutto prende una via diversa e può capitare che una canzone diventi molto distante da tutte le altre, quindi può sembrare che ci siano tanti generi diversi, però il fatto è che comunque finora non abbiamo voluto precluderci alcuna strada, abbiamo seguito l’istinto nell’arrangiamento dei pezzi. Il fatto che molti di noi abbiano suonato in altri gruppi o comunque abbiano fatto altro aiuta a portare varietà, però la stessa mano su tutti i pezzi si sente perché effettivamente è la stessa persona che li scrive, poi noi assieme li arrangiamo, poi chi ci ha aiutato a registrare il disco sicuramente ha contribuito. Ci vuole tanto lavoro comunque, sicuramente.
Capita che lui vi faccia semplicemente ascoltare il pezzo e vi dica “ok, lavoriamoci” o vi chiede prima cosa ne pensate e se non vi piace non ci lavorate?
Vincenzo: molto spesso, lui li porta e quasi tuti diventano una base di lavoro, poi lui scrive molto, quindi capita che un pezzo venga messo da parte perché un altro arrivato dopo sta uscendo meglio e piace di più. Esiste una vera e propria discografia parallela di brani che non sono poi stati riportati a livello di incisione, è una selezione molto naturale comunque, avviene molto naturalmente. Il brano più forte viene di fatto completato, poi c’è anche il brano che semplicemente non si è avuto il tempo di registrare. Oggi ad esempio, nel live presenteremo tre o quattro pezzi che non sono sul disco ma che sono più recenti. Andrebbero nel prossimo se non verranno superati da qualche altro pezzo che dovesse presentarsi tra un po’.
Un’altra cosa che mi piace è che siete cinque musicisti, tutti preparati, quindi capita in questi casi che si voglia buttare dentro sempre più cose possibili, invece ci sono dei momenti che sono proprio asciuttissimi, sporchi, molto essenziali, tipo il pezzo con l’ukulele e il kazoo. Secondo me ci vuole coraggio anche a togliere così tanto.
Vincenzo: devo rispondere sempre io?
Adriano: certo, sei bravissimo, stiamo scoprendo che hai talento!
Vincenzo: io la vedo così, è un’enorme dannazione avere tanti musicisti, tutti capaci di suonare più strumenti. La voglia di metterci sempre tante cose è abbastanza naturale e è difficile riuscire a andare a togliere. Sinceramente è una delle cose che ci ha fatto perdere più tempo nella definizione di un arrangiamento. Noi abbiamo sempre la versione più grasse e piena di strumenti e di colori e poi una versione basic che magai all’ascolto risulta essere la migliore, però è semplicemente che molto spesso proviamo tutte e due le vie e una si manifesta di più.
Adriano: la tendenza è quella di togliere, quindi all’inizio ci abbandoniamo alla creatività e quindi riempiamo tanto, poi però l’obiettivo è quello di cercare…
Vincenzo: … di valorizzare le cose migliori che sono state buttate sul tavolo, ecco perché alla fine si toglie quasi tutto.
Una curiosità, per essere musicisti capaci di adattarsi a suonare con altri che hanno un background diverso dal proprio, bisogna essere per prima cosa essere non solo aperti di mentalità ma anche ascoltatori e amanti di generi diversi?
Marina: a tutti noi piacciono tante cose diverse.
Adriano: esatto, la magia è proprio questa, noi abbiamo nature diverse più che background musicali. Tutti abbiamo gusti musicali variegati ma poi io ho una natura più cantautorale, Vincenzo più jazzistica, Marina più classica, Francesco più rockettaro e Paolo pure. Sono le nostre nature a portarci a fare ogni tanto cose più tendenti al jazz, altre più tendenti al cantautorato, cerchiamo di accontentare un po’ tutti i gusti, ma di base tutti noi ascoltiamo tanti generi diversi.
Paolo: la cosa bella, e te lo dico da ultimo arrivato, è quest’apertura mentale sì nell’ascoltare l’altro musicista che lavora con te, ma anche nell’ascoltare quello che sente lui di quel pezzo. Capita a volte che ci mettiamo davanti a YouTube e ascoltiamo cose, magari è solo la sensazione di un suono e da lì riparte ancora un processo creativo che ti aiuta a amalgamare meglio le idee di tutti. Questo è ciò che secondo me ha fatto sì che ci sia stata una bella unione di intenti che ha portato a questo risultato.
Adriano, quando tu scrivi i pezzi, immagino che tu abbia iniziato a scriverli per te stesso e invece ora sai che li stai scrivendo per loro. Questa consapevolezza ha cambiato in qualche modo il tuo modo di scrivere, o semplicemente lasci andare l’istinto senza pensare per chi stai scrivendo?
Adriano: dipende dalla natura della canzone e dal momento di ispirazione, nel senso che capita di scrivere un pezzo di getto perché mi passa per la testa e viene come viene, indipendentemente dal genere e da chi la suonerà, però capita anche che delle idee nascano da suggestioni musicali della band. Sicuramente ho cambiato tanto il mio metodo di scrittura nell’arco dei miei anni di esperienze varie, per anni ho suonato in un progetto rock quindi avevo una scrittura più aggressiva, adeso sono passato verso il pop cantautorale.
Per quanto riguarda i testi, mi piace il fatto che spesso sono molto concreti e raccontano cose che vediamo, che accadono quotidianamente, però poi ogni tanto c’è il momento un po’ più onirico, come quando cantate “gira la stanza” o “i sogni a effetti speciali non esistono più”. Mi sembra che il continuo spostarsi tra il concreto e l’onirico caratterizzi questi testi.
Adriano: ti dirò che caratterizza anche il disco nel complesso, è un disco fatto di contraddizioni, o meglio, di opposti. Si parla di illusione e disillusione, amore e rabbia, appartenenza a una memoria storica e la voglia di andare via dall’Italia. Nella scrittura questi opposti vivono sempre, questa tensione vive sempre e anche nella musica, quindi effettivamente ci sono pezzi più concreti e altri più onirici, come li chiami tu, fa parte proprio di questo disco questa dicotomia, questa tensione tra gli opposti.
La canzone che proprio non riesco a togliermi dalla testa è I Menefreghisti, quindi chiedo a chiunque di voi se mi vuol dire qualcosa su com’è nata e com’è stato suonarla e registrarla.
Francesco: anche per me è uno dei pezzi più belli del disco proprio perché mi piace molto il taglio personale del racconto.
Adriano: sul com’è nata, vale lo stesso per quasi tutto il disco. Io vivo alla Barona, quartiere popolare di Milano che conoscerai, ed è stato fonte di ispirazione per tutte le storie presenti nel disco. I Menefreghisti è una fotografia della Barona e di una relazione d’amore in Barona in cui anche qui i sentimenti opposti sono sempre presenti, perché esce tantissimo la passione, l’amore ma allo stesso tempo anche l’indifferenza.
Se avessi seguito le tendenze dell’indie avresti dovuto chiamarlo Amore Ai Tempi Della Barona… A parte gli scherzi, ho un altro paio di domande. Chi dovesse leggere quest’intervista e/o ascoltare il disco e poi decidesse di vedervi dal vivo, cosa deve aspettarsi?
Adriano: se l’intervista gli piace allora avrà grandissime aspettative e sicuramente sarà soddisfatto!
Vincenzo: noi stiamo continuando a scrivere e a lavorare su tante cose, quindi ogni volta che qualcuno viene a vederci dal vivo magari troverà qualcosa che non c’era in quello precedente.
E le canzoni che conosciamo le suonate seguendo quello che fate sul disco o fate qualcosa di diverso?
Vincenzo: secondo me alla fine le canzoni hanno una loro diversa personalità quando le suoniamo dal vivo.
Adriano: sì, è vero.
Vincenzo: non è che sono stravolte o cambiamo gli arrangiamenti, però…
Adriano: ci sono delle canzoni più fedeli al disco e altre cose diverse.
Vincenzo: certo, non è come Vasco che trent’anni dopo deve rifare Fegato Spappolato e, giustamente, diventa una nuova canzone…
Adriano: noi comunque siamo molto pazzi in questo, quindi è possibile che gli arrangiamenti possano cambiare nel corso del tour.
Paolo: la mia filosofia è che quando tu prendi e finisci un pezzo e dai la luce a un pezzo, non sei più in cinque, sei in sei, perché c’è anche lui, il pezzo, che bussa da dietro e si vuole evolvere, e il bello è proprio quello, il fatto che prende ogni volta una nuova natura, non stravolgendosi ma si arricchisce sempre di più. E poi è la canzone la vera protagonista del concerto, noi siamo dei meri esecutori.
A me piacerebbe molto che questo disco venisse preso in considerazione per il Premio Tenco, perché ci sono sia l’aspetto cantautorale che un bellissimo lavoro sui suoni. Voi, intanto che registravate, vi dicevate tra voi cose come “certo che ci meriteremmo di fare un sacco di successo e di essere presi in considerazione per questi premi”, oppure eravate concentrati solo sul fare il disco e non ci avete mai pensato, e magari non ci pensate nemmeno adesso?
Vincenzo: in realtà quando ascolto un pezzo e sono preso bene, o quando lo stiamo eseguendo bene, penso che mi piacerebbe eseguirlo in un contesto adeguato, che può essere piccolo o grande, luminoso o oscuro, ma sempre con gente che ha la predisposizione a sentire un certo tipo di musica. In realtà, quindi, la nostra soddisfazione è condividere la nostra musica con coloro a cui piace ascoltare questo tipo di musica. Poi certo, il Tenco…
Adriano: magari!
Vincenzo: se tanta gente dovesse arrivare a pensare una cosa del genere…
Paolo: tanto ci sponsorizza Barto!
Se mi mettono in Commissione come l’anno scorso sì!
Francesco: faccio io una domanda agli altri: quale pezzo proporreste al Tenco? Si porta un brano inedito, giusto? O due?
L’anno scorso suonavano tutti tre o quattro canzoni di cui una deve rispettare il tema, che in quel caso era Guccini, quindi ognuno ha atto una canzone di Guccini e due o tre canzoni proprie.
Paolo: noi saremmo candidati alla miglior opera prima.
Vincenzo: io farei I Menefreghisti, L’Attesa e Feroce, poi quella del tema.
Adriano: io farei I Menefreghisti, Feroce e L’Italia.
Paolo: io Feroce, Feroce e Feroce, poi bisogna vedere il tema.
Magari il tema è “la ferocia”.
Francesco: io L’Altra Faccia Della Luna, però con l’orchestra di Sanremo, L’Italia, …
Marina: e perché non Questione Di Anticorpi?
Francesco: giusto, Questione Di Anticorpi.
Adriano: però dev’essere nel disco.
Non lo so, non credo ci sia questo obbligo in realtà, tu se vai lì sei premiato, quindi devi fare una canzone sul tema e per il resto fai quello che vuoi.