Cesare Basile – U Fujutu Su Nesci Chi Fa?
GENERE: sano cantautorato alla Cesare Basile
PROTAGONISTI: il disco è stato scritto da Basile e vanta collaborazioni importanti come quella di, tra i tanti, Simona Norato, Rodrigo D’Erasmo ed Enrico Gabrielli, noti supporti nella fase di registrazione (e non solo) nei lavori del cantautore siciliano. È stato registrato e missato presso lo Zen Arcade di Catania da Guido Andreani
SEGNI PARTICOLARI: Cesare Basile torna a cavalcare le scene a due anni dalla pubblicazione di Tu Prenditi L’Amore Che Vuoi E Non Chiederlo Più che gli è valso una seconda Targa Tenco come miglior disco dialettale del 2015
INGREDIENTI: l’album si apre con Scongiuro, piccolo assaggio di cui una sorta di afro-psichedelia alla base e la voce di una donna che recita qualcosa in catanese stretto si fanno caratteristiche di questo minuto e mezzo di introduzione. Andando avanti si incontrano suoni con mood svariati, alcuni tendenti a movenze blues (come Cola Si Fici Focu), altri a suoni con accordi unici e monotoni (come Ljatura, brano che circola sul web da circa un mese) o ancora brani nati come sorte di canti popolari (come U Fuiuto). È un disco unidirezionale, insiste su quella direttiva che si scorge sin dal principio, quindi tutt’altro che spiacevole per gli amanti del genere
DENSITÀ DI QUALITÀ: è il decimo disco in studio per Cesare Basile. Ebbene si, il decimo. Mettici il tempo che passa veloce e la voglia di alcuni artisti di pubblicare dischi con cadenza più o meno biennale, come nel caso del soggetto preso in esame, e il risultato è questo. Sembra che Basile abbia deciso di fermarsi su queste rive, quelle del sofisticato cantautorato che si avvale del dialetto siciliano. Scelta particolare la sua, è come se chi recita ognuno dei versi del disco, a cui fanno da sfondo ingiustizia, volgarità del potere e voglia di sopraffare dei potenti, fosse il portavoce di un’intera generazione di persone a cui non si da considerazione e che non sembra avere voce in capitolo nei contesti sociali. Questo perché, dacchè esiste il mondo, esistono le vittime, per l’appunto, di ingiustizie e voglia di sopraffare dei potenti, quindi è bene che esista di conseguenza qualcuno pronto a mettere nero su bianco questioni simili e a cantarle platealmente. Nella discografia di Basile c’è poco spazio per amori, tradimenti e cose del genere (a meno che non vengano valutate e descritte da inquadrature diverse rispetto a quella che è la tendenza), ogni suo disco ha grandi spunti di riflessione e una morale immensa di cui fare tesoro e azzardo dicendo che U Fujutu Su Nesci Chi Fa? tocca livelli molto alti
VELOCITÀ: lenta, melodica, riflessiva
IL TESTO: “pari ca nasciunu pinsati di li pinsati e ssa pinsata fici gran pinsata a li patruna. Ccu dui ni teni alliazzati ssa ljatura ca c’ha vuliri beni alli pinsati re patruna. E su ti teni alliazzatu ssa ljatura tu c’ha vuliri beni a lipinsati re patruna” (sembra che nascano pensati dalle pensate e questa pensata ha fatto gran pensata dei padroni. Con due ci tiene legati questo sortilegio che gli devi volete bene alle pensate dei padroni. E se ci tiene legati questo sortilegio tu gli devi volete bene alle pensate dei padroni), da Ljatura
LA DICHIARAZIONE: “questa è la storia della Dannata, la città in cui per sortilegio gli offesi sono grati a chi li offende. La storia della tromba d’aria che viene a distruggerla, la storia che si racconta quando la donna si fa scuro e tempesta per giustizia o per vendetta. La vigilia, la sorte imprevista, i passi di un bastone che ruota nella quiete, il gioco dell’oca della rivolta, il fuoco dello sconfitto deriso e beffato financo dal demonio. È storia narrata agli angoli delle piazze dalla voce consumata di un vecchio cuntista. Ed è la paura, il nostro insoddisfatto bisogno di consolazione”