Petramante: un disco pulito tra sogno e realtà
Dieci anni sono passati dal loro ultimo disco. Dieci anni che di questi tempi significano ere quasi geologiche. Sono cambiate tante cose, sono cambiati anche i modo di pensare e di far musica. Di sicuro il cambiamento è uno degli ingredienti di questo grande disco dei Petramante, il nuovo lavoro che rompe un silenzio così lungo. “Ortica” ha dentro le trame di un pop l’elettronica e la natura, la contemplazione ma anche la rivoluzione. C’è quiete dentro i soli di pianoforte di Arturo Annecchino a far da ponte e c’è anche la rabbia di consapevolezza nella voce di Nada che arricchisce il brano “Il male necessario”. Tutto questo disco risulta necessario in fondo…

Dieci anni sono tanti, soprattutto ora che il tempo divora rivoluzioni sociali. Siete tornati dopo tante mutazioni. La vostra prima trasformazione da segnalare?
Musicalmente la prima è l’assoluta mancanza di senso della realtà. Non abbiamo pensato di tornare guardandoci intorno e agendo di conseguenza. E l’altra, la più significativa, è probabilmente quella della genitorialità. E non perché si diventi persone migliori o più realizzate, anzi per il motivo meno nobile per chi voglia fare arte: la difficoltà di conciliare la versione migliore di sé stessi, quella che vorremmo mostrare ai nostri figli, con il lato più istintivo e crcreativoStiamo imparando col tempo a mostrare entrambi gli aspetti.
L’amore di questo disco sembra quasi una salvezza. È la mia lettura, forse condizionata dal mio vissuto. Però sento tanta liberazione o necessità di liberazione dentro questo disco… cosa ne dite?
“Ortica” non è un disco sereno, è un disco complicato. E la liberazione oscilla tra la spiritualità e la terra più profonda. È un album di ricerca interiore, personale e collettiva.
Nada colpisce sempre. Perché ospite proprio in quel brano?
Nada l’abbiamo desiderata tanto. È stata talmente importante la sua influenza per il nostro percorso che quando ci siamo trovati in sala prove con “il male necessario” abbiamo pensato subito di proporglielo. E quando siamo entrati in studio con lei e abbiamo sentito il risultato è stato come se quella canzone fosse sempre stata sua.
Sono quattro le composizioni strumentali per solo piano che mettono pausa alla vostra letteratura. Altra scelta interessante: come la spiegate?
Gli strumentali di Arturo Annecchino, che hanno una propria vita, aiutano ad attraversare un disco scritto a più mani, cantato a più voci. Sono la “pausa” necessaria per prendere fiato tra una salita e l’altra.
Torniamo ai cambiamenti: il tempo nuovo che vivete vi somiglia? Personalmente, ed è un complimento, trovo che sia un tempo sbagliato per questo disco…
Ne siamo consapevoli. Ne eravamo già consapevoli durante la lavorazione e non abbiamo voluto comunque provare a fare un lavoro che non ci somigliasse.
Ma cambiando prospettiva diventa un errore considerarci in un tempo sbagliato: sbagliato per chi? questa è la nostra realtà ed esiste per noi come per molti altri. Solo che non è convenzionale o funzionale all’idea di musica che ha mainstream.