Joe Allotta: solo transizioni in questo suono…
La Sghetto Records sta portando avanti un lavoro raffinato, dove l’Italia smette di avere i suoi scheletri pop, le sue resistenze culturali “indie”… e qui manifesta tutta la sua bellezza dentro quel trancio di energia culturale che sposa a pieno la west coast americana e tutte le sue sonorità loung, jazz, hip hop e direzioni simili. Parliamo di Joe Allotta, parliamo di “Transition”, disco che il batterista, compositore e cantante siciliano usa per racchiudere dentro i suoi solchi concetti alti di contaminazione, dalla world al funk passando inevitabilmente per il grande paese a stelle e strisce. E la sua “Tonight” è il vero manifesto di punta di un suono che non punta ad essere nuovo ma di sicuro sa dimostrare una personalità davvero unica. Almeno per tutti quelli ancorati dentro le stesse identiche abitudini di sempre…

Una domanda da cui non posso mai prescindere: come si fa ad eludere le influenze e gli stili culturali di una città come Bologna e di un paese come l’Italia per arrivare poi ad un disco d’esordio come “Transition”?
Quando mi sono trasferito a Londra Nel 2015, ho assistito alla nascita di questa corrente jazz Uk moderna, contaminata da altri come l’hip hop, la drum and bass etc. Dopo tutta una serie di esperienze fatte mi sono reso conto che volevo provare a portare questa cosa in Italia. Una volta approdato a Bologna, notai con piacere che questa corrente stava già arrivando anche lì. Questo sicuramente mi ha reso il terreno più fertile.
Il downtempo che mi avvolge… che sia un manifesto di resistenza e di critica contro la frenesia della vita di ogni giorno?
In qualche modo si, la ritmica di Fooled me once ne è il perfetto esempio, un groove ricco di incastri che ti trascina, ma il kick che tira indietro crea questo senso di sospensione che somiglia a un rallentamento, come se a tratti venisse a mancare la gravità. Penso sia il riflesso perfetto della frenesia quotidiana che dobbiamo sopportare tutti i giorni.
Perché tutto sembra fermo. Tutto sembra a rallentatore. Anche dentro i momenti concitati di “Till we meet again” o di “Fooled me once”… che ne pensi? Non so se ha senso ma non saprei come altro dirtelo…
In un mondo dove tutto è esageratamente veloce ed immediato, ho cercato di esprimere un punto di vista sicuramente più lento, soprattutto in momenti concitati. Andare piano vuol dire anche ascoltare le proprie emozioni interne. Ogni tanto serve anche questo.
Ispirandomi ai suoni di chitarra di “Jungle ciuri” ti chiedo: c’è tanta nostalgia degli anni ’90?
Assolutamente si! Gli anni 90 sono una forte influenza nei miei gusti musicali, da ragazzino ero malato dei Blink 182, Nirvana, Foo Fighters, Soundgarden Poi crescendo è chiaro che si cambia, ma è una parentesi che sicuramente ha fatto parte del mio percorso.
E parlami di “Duluri novo e antico”: origini mutuate dall’era moderna? Ma anche tantissimo “drilling” per restare ancorati ad un certo classicismo moderno…
“Duluri novo e antico” è un pezzo di mio padre. Uno dei ricordi d’infanzia a cui sono legato di più in assoluto. Quando feci sentire il brano originale a Jacopo trapani, il mio produttore, ci siamo imbattuti nel fare un remake di questo pezzo in una chiave più moderna.
Perché il siciliano?
Durante il periodo di scrittura di “Transition” ho cercato di guardare sia avanti che indietro. Riflettendo anche su quelle che sono le mie origini, il posto in cui sono nato. Tutto questo ha richiamato in maniera del tutto naturale anche il dialetto.



