Interview – Miele

É uscito venerdì 17 novembre 2023 il nuovo disco di Miele, un nuovo capitolo dal titolo “UNA (1000Nessuna)“. Un album multiforme, che si stratifica di generi ed influenze e risulta inevitabilmente autobiografico, un disco che nasce dall’urgenza di mettere ordine, ma che rivela che vita e ordine non possono andare d’accordo. Miele rivela e accetta così finalmente i suoi molti volti, in questo viaggio semplice e complesso allo stesso tempo, dove ogni singola canzone finisce per essere indispensabile per tutte altre

Nel processo che ha portato a questo disco, è stata la musica stessa a pretendere un costante alternarsi di suoni e silenzi, di respiri e poi di tuoni, di semina e di raccolta, così è Miele in queste canzoni, che chiedono pace e non sempre la ottengono, che provano a fare ordine senza riuscirci troppo spesso, finendo inevitabilmente per rivelare le tante sfumature che abitano dentro ogni essere umano. Canzoni che ci ricordano che alla fine anche la vita stessa è fatta di suoni e di silenzi, che a volte è normale sentirsi quasi niente, perché in fondo l’incoerenza è uno stato naturale del nostro viaggio, al quale nessuno può sottrarsi. 

Imperdibile, le abbiamo fatto qualche domanda e, come spesso capita, l’ultima le abbiamo chiesto di farsela da sola. Ecco com’è andata!

  1. Quali sono le tue influenze musicali? C’è qualcosa che non ci aspetteremmo mai? 

Mi piace parecchio il “blues” e il “rock”, Beatles, Nick Cave, Janis Joplin, Fiona Apple, St. Vincent, Nirvana, David Bowie, The Rolling Stones e The Beatles. Non so se siano delle vere e proprie influenze, di certo hanno in qualche modo condizionato il mio modo di cantare e l’approccio di stare sul palco.

  1. Cosa ti ha portata a Milano, e cosa poi ti ha fatta effettivamente rimanere? Dal punto di vista musicale che differenze hai trovato?

Volevo studiare musica e dedicarle più tempo. Così ho deciso di venire qui e frequentare una scuola di musica. È stato un percorso che mi ha fatto del bene e che ha contribuito alla formazione della mia identità da musicista ma anche da essere umano.

Attualmente la mia vita lavorativa e personale si svolge in questa città a cui sono molto grata. Sicuramente è una città che offre maggiori opportunità, nonostante ti faccia rendere conto di quanta gente esista con la tua stessa passione e con la tua stessa voglia di realizzarla.

  1. Probabilmente non è stato concepito così, ma in questo periodo è molto facile trovare degli echi forti nelle voci femminili. Questo disco può essere in qualche modo anche un manifesto per le donne che spesso si sentono invisibili? 

Tendenzialmente quando scrivo, e lo dico in tutta onestà, non penso a nessun tipo di battaglia. Ciò che mi spinge a scrivere è l’urgenza e questo rende le mie parole sicuramente genuine. Non ho mai pensato a questa cosa, ma sarei felicissima se queste canzoni potessero riguardare, in una forma sana, il pensiero di tante donne e di chi si sente, in qualche modo, penalizzata da questa società.

So che questa domanda tocca un tema molto attuale e delicato e proprio per questo, quello che vorrei dire è che mi auguro che la mia musica non diventi mai musica di genere, semmai mi auguro possa diventare un supporto per tutte quelle persone che attraversano dei momenti di fragilità. Vorrei che la mia musica fosse rivolta a tutti, così come vorrei che le problematiche sociali di ogni tipo, ci richiamino alla responsabilità reciproca oltre che a un reciproco rispetto.

  1. Ti ricordi ancora la prima canzone che hai scritto? Com’era?

Si. La mia prima canzone è stato “un tuffo di pancia” in tutto e per tutto. Si intitola “Mentre ti parlo” e ogni volta che la riascolto mi ricordo che bisogna cercare di trattenere la nostra parte incosciente, quella che ci fa fare musica soltanto per il piacere di farla.

  1. Quale domanda avrei assolutamente dovuto farti, e invece non ti ho fatto. Quale invece la domanda?

Senza formulare la domanda ma prendendomi dello spazio per rispondere , ti dico che la parte più importante e urgente del mio modo di vivere la musica è quella di fare live. Mi piace scrivere ma non sempre mi fa stare bene farlo. Se c’è una cosa, invece, per cui non smetterei mai di far la musicista è quella di salire su un palco e cantare finche non va via la voce, e anche una parte di me.

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