Interview – Giovanni Battistin

É disponibile da venerdì 4 aprile 2025 su tutte le piattaforme digitali il nuovo singolo del cantautore e polistrumentista padovano classe 1996 Giovanni Battistin, un nuovo capitolo dal titolo “Raggio di sole” (fuori per Scissor Salad, in distribuzione Believe Music Italy).

Un brano intenso e personale, che anticipa il nuovo disco in uscita dal titolo “Ultimo accesso“, e che descrive una sensazione di contrasto tra gioia e tristezza, invitando l’ascoltatore a riflettere sul significato delle relazioni passate. Il singolo celebra la nostalgia dei ricordi e l’impatto che determinate persone hanno avuto all’interno della nostra vita, sia nel bene che nel male.

Ne abbiamo parlato proprio con lui, con la sua voglia di vivere di musica, di ricominciare e di raccontarsi. Ed ecco com’è andata!

  • Quali sono gli ascolti che pensi ti abbiano più formato nel tuo percorso musicale? C’è qualcosa che, ascoltandoti oggi, non diremmo mai?

Mi è stato raccontato anni fa che, quando ero molto molto piccolo, avevo imparato da solo ad inserire il VHS di un live di Paolo Conte dentro al lettore, e che mi sedevo sul tappeto incantato davanti la TV.
In casa dei miei si è sempre ascoltato tantissimo folk, country e rock americani. Artisti come James Taylor, Jin Croce, Dylan, Springsteen, Neil Young e Ben Harper mi hanno accompagnato da sempre.
Ma anche rock inglese, Led Zeppelin, Genesis e Rolling Stones in primis.
Visto che volete sapere i miei ascolti più improbabili, alle medie mi gasavo provando a ballare la Tecktonik: qualcuno sostiene fossi anche bravo!
Dopo questa brevissima parentesi trash, negli ultimi 10 anni invece ho ascoltato molta musica contaminata da jazz, R&B e neopsichedelia: tra i miei artisti preferiti al momento metterei Mac DeMarco, Mild High Club e Marco Castello.

  • In che modo il tuo nuovo singolo “Raggio di sole” rappresenta per te un nuovo inizio? E com’è cambiato il tuo approccio alla musica da qui?

“Raggio di sole” è un pezzo che ho scritto subito dopo “Nemmeno per sbaglio”, il mio primo disco uscito nel 2017.
Fare un disco da così giovane è stata un’esperienza importante ma oggi mi rendo conto di quanto fossi acerbo, in quanto si trattava delle mie primissime canzoni. All’epoca qualsiasi cosa fatta da me che uscisse da un paio di casse mi sembrava incredibile, magica.
Dal 2018 ad oggi ho prodotto decine e decine di arrangiamenti per questa canzone senza mai esserne convinto.
Ad un certo punto mi son reso conto che nonostante fossi un polistrumentista e che potenzialmente potevo fare quasi tutto in autonomia, era importante interfacciarsi durante la produzione con qualcuno di fiducia.
Con Tommaso Zoppello stiamo rafforzando un bel sodalizio, perché lui ha la capacità di farti vedere possibilità che tante volte non contempli. Tante volte è facile arenarsi nella propria visione delle cose ed uno spunto esterno alle volte può mettere in crisi, per fortuna, determinate scelte ormai quasi fossilizzate.

  • Il tuo nuovo disco avrà come concept una riflessione sulle relazioni passate e su tutto ciò che comportano. Conterrà anche esperienze autobiografiche? Riesci a scrivere anche di cose che non ti riguardano?

Certamente il nuovo disco parlerà molto di me e del mio vissuto, ma si tratta di un vissuto comune nel quale tante persone possono rispecchiarsi.
In genere faccio molta fatica a scrivere e quando lo faccio ho il bisogno di sentire dentro me un forte senso di urgenza.
Il tutto passa attraverso l’introspezione delle emozioni che provo e per una grande autocritica sulle scelte metriche e lessicali.
In tutta onestà, quindi, non penso di avere una capacità straordinaria nello scrivere di cose che non mi riguardano. Avrei come l’impressione di sentirmi un po’ impostore.
A fine concerto c’è sempre una persona almeno che mi prende da parte e mi confessa di essersi sentito toccato dalle mie canzoni e questa cosa mi riempie di gioia.
Ecco, io credo sia molto più importante questo rispetto ad assecondare un mero esercizio stilistico.

  • Sei attivo anche da prima del Covid. In che modo questo complicatissimo periodo ha avuto un impatto su di te?

Come dicevo prima è fondamentale poter lavorare interagendo con qualcuno di fiducia ed essere chiusi in casa non ha aiutato molto.
C’è da dire però che molti testi nel cassetto li ho scritti in quegli anni: c’erano sicuramente meno distrazioni e se sei sempre in casa coi tuoi pensieri ad un certo punto devi trovare un modo per farli emergere.
Anche dal punto di vista sentimentale è stato un periodo tosto perché il vedersi e il conoscersi erano fortemente limitati da DPCM, zone rosse e da un timore generale che dilagava.
Sicuramente in quel periodo il senso di urgenza nello scrivere l’ho sentito molto più rispetto ad altre fasi della mia vita.

  • Quale domanda avremmo assolutamente dovuto farti e invece non ti abbiamo fatto? Quale invece la risposta?

La domanda sarebbe potuta essere questa: “Con la musica è dura mangiare: cosa fai nella vita per mantenerti?”.
La risposta è che ho lavorato molto come cuoco e che ho imparato il mestiere che faceva mio padre “rubandolo” con gli occhi.
Mi sono da poco licenziato però, e proverò l’esperienza di contare solo sulle mie capacità musicali.
Oltre ai concerti insegno musica in una piccola scuola pomeridiana vicino Padova, faccio qualche serata di piano bar e coordino una jam session acustica in un locale del Portello.
Mi ha sempre affascinato anche l’arte di strada e credo che a breve ripartirò anche con il busking per provare ad arrivare in maniera autentica a quante più persone.

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