Interview – Doriah
Esce venerdì 11 giugno 2021 il singolo di debutto di DORIAH (fuori per Freak&Chic e in distribuzione Artist First), autore e produttore siciliano di stanza a Bologna. La canzone ha come pretesto una fantasmatica storia d’amore che si dispiega tra la coscienza di essere capace di tutte la disperazione che deriva da questa forma di libertà, metafora di un mondo stravagante e surreale.
“Maradona è il dio che aleggia in tutta la canzone, simulacro di una libertà a tutti i costi, sorretta da polpacci muscolosi e piedi fatati, una libertà che ha come facce della stessa medaglia notti magiche e autodistruzione.” (DORIAH)
DORIAH è il gesto apotropaico che faresti se un dio ti dicesse che il senso della vita è che la vita non ha senso. Nelle sue canzoni le categorie di ricco e povero, alto e basso, si fondono senza soluzione di continuità dando vita a scenari ambigui, in cui il gap tra le sopracitate categorie non viene colmato con l’ostentazione ma con il paradosso. Alle collane d’oro dei trapper e ai testi socialmente impegnati dei cantautori DORIAH preferisce il vuoto valoriale dei nostri giorni esplorandolo nella sua incolmabilità. L’ambiguità, i confini mai netti dei testi di DORIAH sono l’ineluttabile “patto col diavolo” in cui si ritrova l’ascoltatore.
Ecco cosa ci ha raccontato!
Come nasce la tua collaborazione con Freak&Chic?
Ho conosciuto Stefano Maggiore, co-fondatore di Freak&Chic, per caso. Venne a sentirmi a un concerto al Dopa Hostel di Bologna invitato da alcuni amici in comune e da lì mi ha proposto di collaborare
Artisti come Immanuel Casto o Romina Falconi ti hanno influenzato? E come?
Quello che apprezzo di Immanuel e Romina è l’intelligenza, il coraggio e l’ironia con cui riescono a trattare i temi delle loro canzoni. Detto questo devo dire che io sono molto più legato al classico pop d’autore italiano, il che non vuol dire un cazzo ma mi pare che loro abbiano dei riferimenti stranieri che io non ho, intendo musicalmente.
Come descriveresti il genere che ti contraddistingue, se proprio dovessimo dargli un’etichetta?
Come dicevo sopra pop d’autore italiano, che più che un genere mi sembra un’attitudine. Fino a qualche tempo fa lo stavano chiamando itpop ma adesso la cosa si sta facendo più sfumata.
Come ti trovi a Bologna? Sei attento alla scena indie locale?
Adoro Bologna, mi ci sono trasferito da 3 anni e la trovo una città viva e intensa. Fino a prima del covid riuscivo un pochino a seguire la scena, ultimamente me la sono un po’ persa. Speriamo bene per il futuro.
Che tipo di ascoltatore sei? Singoli e playlist o album? Cosa stai ascoltando ultimamente? E su che piattaforma?
Per questioni di età sono indissolubilmente legato al ‘900, che è stata l’era degli album e dei supporti fisici, spesso sto in macchina e ascolto dischi. Ultimamente ho rispolverato “L’era del cinghiale bianco” di Battiato e lo ascolto a ripetizione. Altri album che ho ascoltato molto sono “Barbara e altri Carella” di Enzo Carella e “Blonde” di Frank Ocean. Non disdegno però i canali youtube, ne seguo in particolare uno che si occupa solo di bedroom pop, Alona Chemerys.
Di cosa parla Maradona?
Maradona nella cultura popolare rappresenta, per certi versi, una divinità pagana. Ho voluto quindi erigere Maradona a simbolo della “libertà a tutti i costi”, una libertà dove bene e male perdono il loro valore ontologico e si compenetrano fino a sfumare totalmente i loro confini. Mi piaceva insomma l’idea che la figura di Maradona aleggiasse in una mia canzone come un’entità né buona né cattiva ma vera, autentica, un po’ come l’antica figura del trickster.
La domanda che avrei assolutamente dovuto farti ma che non ti ho fatto?
La marzulliana “fatti una domanda e datti una risposta” sarebbe stato un pericolosissimo invito all’eccesso che avrei colto con piacere.