Interview – Caleo

In occasione dell’uscita del suo nuovo singolo “Asteroidi“, abbiamo fatto due chiacchiere con Leo Caleo su galassie lontane, universi musicali ed asteroidi emotivi. Il resoconto del nostro simposio è tutto nell’intervista che segue.

Leo Caleo, questa sarà un’intervista spaziale, quindi preparati. Partiamo forti: il momento più imbarazzante che hai vissuto su un palco.

Ciao amici di Indieroccia, grazie per avermi ospitato.Parto subito dicendo che i momenti peggiori, più imbarazzanti ed impressionanti, li vivo esattamente poco prima di salire su un palco. Generalmente mi si può vedere in una condizione di profonda ansia, in preda a convulsioni mentre rimango sdraiato a terra cercando di respirare profondamente mantenendo la calma.Discorsi catastrofici a parte, per adesso ho avuto la fortuna di non vivere episodi di estremo imbarazzo durante un mio concerto, in realtà sono sempre stato molto sereno e concentrato ed ho quasi sempre trovato un dialogo empatico con il pubblico, nonostante sia una persona caratterialmente molto introversa. 

Se dovessi fotografare il tuo primo contatto con la “musica”? Descrivici l’opera.

Bisogna tornare molto, ma molto indietro. Uno dei primi ricordi fu quando da piccolo, presi tra le mani la Fender Stratocaster di mio padre, che al tempo si dilettava a suonare per passione. Ricordo che ero costretto ad usarla di nascosto quando lui era ancora al lavoro, perché non mi era concesso di “suonarla” in modo così gratuito. Sono contento di avere trasgredito per anni della mia infanzia, perché è stato sicuramente un modo per alimentare quella passione che mi sono portato dietro fino ad oggi. 
Vieni da un percorso lungo, fatto di band e di esplorazioni musicali, ma il tuo animo sembra essere proprio quello del cantautore. Quand’è che hai capito di aver bisogno di un progetto che portasse il tuo cognome? 

In un modo o nell’altro ho sempre sentito l’esigenza di esprimere un pensiero di natura musicale, già da quando iniziai a suonare come chitarrista con le prime band. Il percorso si è sviluppato in modo abbastanza naturale, in realtà credo che abbia semplicemente assecondato tutte quelle esigenze che mi hanno portato a comporre, scrivere ed esprimere quello che mi portavo dentro. Quindi mi è sembrato più giusto e coerente, dare il mio nome a quello che è il mio universo artistico.

Differenze e analogie tra “La prima foglia d’autunno”, il tuo primo album, e “Asteroidi”. 
Sono entrambi figli di una crescita, sia nell’aspetto umano che artistico. Asteroidi si porta dietro quel senso di nostalgia su cui orbitava intorno il primo disco, ma trasformando quell’anima folk in qualcosa di diverso, sia come approccio alla scrittura, ma anche per le sonorità. Non è così semplice per me analizzare in modo dettagliato e tecnico il rapporto tra queste due fasi, posso dire che sono ambedue vittime di una trasformazione continua del mio essere come persona e come artista.

Ma poi, come ti è venuta in mente l’immagine dell’”asteroide in mezzo all’universo”? Ti ricordi qualcosa del momento in cui hai scritto il brano, di cosa sentivi? Perché la tematica d’amore si avverte, certo, ma sembra sollevarsi anche una forte sensazione di solitudine…
Il brano è nato nel periodo del lockdown, in una circostanza molto particolare che ha scatenato una forte influenza su quello che stavo scrivendo. Normalmente quando elaboro un brano, lo faccio in maniera molto rapida e naturale, non mi appunto niente, registro esattamente quello che mi viene in quel momento e successivamente rimodello. “Asteroidi” è venuto fuori esattamente allo stesso modo. Sicuramente il periodo di solitudine mi ha aperto ad una concezione dell’amore diversa, il cui senso non si trova nella ricerca di una collisione con una parte mancante di noi stessi, ma lo troviamo nel momento stesso in cui iniziamo a viaggiare per cercarla.

Quali sono le cose davvero importanti, per Leo Caleo?
Non ho lussuose esigenze di vita, semplicemente mi piacerebbe vivere di quello che amo. Avere un rapporto ancora più stretto con la musica, tornare a suonare e a confrontarmi con il panorama musicale in tutte le sue sfaccettature, conoscere e scoprire cose nuove e continuare a trasformare il mio percorso artistico. Ma la cosa più importante è riuscire a trovare il tempo di condividere tutte queste esperienze con le persone a me care.

Consigliaci un disco, un libro e una canzone che senti necessarie.
Rimango egoisticamente legato al mio passato e quindi, in modo quasi “banale”, consiglio un album molto carino: “The Dark Side of The Moon – Pink Floyd”.Un libro che consiglierei e che potrebbe avvicinarsi abbastanza alla mia natura psicologica odierna è: “Il fu Mattia Pascal – Luigi Pirandello” .Trasferendoci adesso in Italia, un brano che consiglierei ad occhi chiusi è: “Conoscersi in una situazione di difficoltà – Giovanni Truppi”

https://open.spotify.com/album/39JAgWE2LGguwsQyYCKP6n?si=5UkR5U0rSPyiSqTb8eczgg

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