Interview: Blind

1) Com’è iniziata la vostra storia? Perchè “Blind”?
La storia è iniziata quando a 15 anni gli amici suonavano le cover e noi scrivevamo canzoni, orribili ma nostre. 25 anni dopo e 10 band dopo, Piero e Giancarlo con Andrea Fregoli (il batterista che ha preceduto Luca Di Pardo e poi, finalmente Matteo Carrai) si sono messi a caccia di un cantante; ed ecco la formazione della vita formata per 4/5 con Andrea Betulanti. Da li poi per trovare il tastierista è stata un’odissea ma, una volta trovato Dimitri Ponzuoli… non l’abbiamo più mollato, nonostante fosse in un periodo folle.. ma quale periodo è normale? 
Blind è una provocazione, siamo nell’era dell’immagine e gli occhi non servono più per perdersi in altri occhi o nella bellezza, ma solo per cercare le immagini che proiettano, una forma di sfavillante e stupefacente cecità.

2) Il vostro sound è sicuramente molto affascinante ed un pizzico nostalgico, quali sono state le vostre influenze?
Tutto: da Loreena Mackennit ai Sepultura dai Meshuggah ai Gojira, dai Metallica a Renato Zero, dai Tool a Samuele Bersani. Di certo, andando a caccia di richiami: Placebo, Marillion, Toto, Opeth, ma accostare questi mostri sacri alla nostra musica appena nata fa tremare i polsi.  

3) Raccontateci la vostra esperienze in studio per Youmanity. Cambiereste qualcosa?
Lo studio è la fucina della bellezza, il palco ne è il tempio, la radio è la casa della musica… ma lo studio è dove tutto diventa solido. I veri professionisti stanno mesi in studio e lavorano in team, noi operai della musica facciamo un disco in 5 giorni di ripresa, 3 take a traccia e via l mix e al master. Per fare questo devi pre-produrre tutto e passare dalla brutta alla bella copia. No, non cambieremmo nulla, se non il tempo e il budget da destinare. La lezione più importante dello studio è catturare l’arte, l’estro e non la perfezione o l’accettabile; noi siamo vecchi, facciamo musica suonata e la suoniamo tale e quale dal vivo. Le produzioni moderne sono altra cosa e la promessa per il secondo disco è catturare l’anima e ritagliarci il tempo che serve; per farlo dobbiamo lavorare 14 ore al giorno per accantonare il budget, facendo altro. 

4) Com’è iniziata la vostra collaborazione con VREC?
David Bonato è una persona seria, competente, in un panorama di promesse sensazionalistiche che lucrano sul bisogno di visibilità delle band. Un punto fermo, serio e professionale. Avevamo bisogno di qualcuno che ci aiutasse con la comunicazione, non abbiamo esitato un attimo a dare a Vrec e Davvero comunicazione questo incarico.  

5) Cosa ne pensate dell’attuale scena rock italiana?
Sta morendo ed è giusto così. I cicli, per definizione, si chiudono. Il rock era rottura e fratellanza: due concetti che in qualche modo sono passati sulla trap e sull’indie, che poi è il pop del momento. Il rock si è perso tra nostalgia e manierismo, dimenticandosi che è prima di tutto verità e non un prodotto commerciale; perché è vecchio ed ha un potere di engagement on line risibile, non è più un fenomeno di moda, in tv non esiste. Un mercato fatto per promuovere solo chi ha già i numeri on line e i dati di successo dalla sua non può investire in un rock che non si rinnova, che non osa e che – se in inglese è incomprensibile in Italia, ma se in italiano ha un bacino troppo piccolo. Noi ci rifacciamo ad una scena più internazionale, da Steven Wilson agli Anathema che infatti in Italia, se va bene, fanno una data ogni 4 anni. Le nostre band di riferimento italiane soffocano. Senza investimenti importanti e know how proporzionati nulla esiste, se non nella sfera della pura soddisfazione personale. Miseria per miseria, che almeno ci sia verità e arte, e non tentativi di piacere  e ricerche di pacche sulla spalla da altri suonatori… che sono tra i peggiori ascoltatori, sentono solo il suono del loro ego.   

 6) Quali sono i vostro progetti futuri? 
Un set acustico caldo, avvolgente, intimo ed esperienziale da portare da micro locali fino a casa della gente; un disco entro due anni; 4 singoli e tanto lavoro sul web, dai video dei singoli ad una strategia social media marketing e streaming come si deve.  Live elettrico solo dove ci sarà un pubblico che saremo riusciti a creare o in festival estivi, ma la musica è sacra e non può essere data come una cosa non voluta a gente che aspetta di sentire altro. 

 

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