Interview: Andrea Paganucci

Abbiamo intervistato Andrea Paganucci, cantautore aretuseo che a breve ritornerà sulla scena grazie al suo nuovo singolo intitolato “Tik Tok (il mondo è finito)

1. Ciao Andrea, piacere di conoscerti, raccontaci pure in breve la tua storia in musica.

Ciao, piacere mio! Il mio rapporto con la musica nasce da una pulsione che sento essere dentro me sin da bambino, seppur nessuno della mia famiglia fosse musicista, esprimo interesse verso gli strumenti musicali ma questa passione rimane quasi totalmente inespressa fino ai miei quattordici anni, quando comincio a suonare la chitarra e presto con i “The Outsiders” mia prima e amata band. Questa passione cresce spingendomi verso il polistrumentismo e, dopo aver militato in alcune band più o meno rilevanti entro a far parte degli indimenticati Melissa Swam, con i quali pubblichiamo un EP e un LP, opera prima ed unica della band, affacciandomi al “vero” mondo della musica per la prima volta. Una trasferta lavorativa mi porta lontano da casa e lì nasce, complice la solitudine, questo progetto solista.

2. Cercando info su di te sul web abbiamo notato che il tuo ultimo singolo non risulta essere il tuo primo lavoro discografico, cos’è cambiato da quel tipo di scrittura o da quell’esperienza ad oggi?

Il mio primo EP, “Ketoprofene” è un disco ultra intimista, che scava nelle profondità del mio personale sentire. Da quel disco è passato parecchio tempo, di conseguenza, la mia musica ha subito cambiamento non radicale ma comunque sostanziale. Questo singolo come l’album di prossima uscita sono un condensato delle denunce sociali che sento il dovere di esprimere come essere umano prima di tutto, cercando di provocare e scuotere chi ascolta. E’ un disco che punta a comunicare e far riflettere, più che (solamente) a esprimere.

3. Quali sono influenze musicali che più di tutti hanno caratterizzato il tuo percorso ed il tuo ultimo singolo?

Sono sempre molto in difficolta quando mi viene chiesto di condensare le influenze musicali che portano a un determinato risultato. La realtà, permettimi, è sempre molto più complessa di cosi, potrei elencare influenze che nulla hanno da dividere con le mie sonorità e che, nonostante ciò, hanno influenzato il mio modo di scrivere, di pensare. Inoltre le influenze risiedono spesso in cose inaspettate, come un panorama, l’odore di una colonia, un temporale estivo. Cercando di rispondere alla domanda sono stato molto influenzato dal Maestro Battiato, così come da molti cantautori italiani, uno su tutti Ivano Fossati, dal quale (appunto) eredito più nel sentimento che nell’ambito della scrittura. Musicalmente, poi, ho molto amato i Radiohead, i Daft Punk, i Subsonica.

4. Raccontaci un po’ come nasce “Tik Tok (il mondo è finito)”

Questa canzone nasce durante il primo lockdown, almeno una bozza di essa, con la chiara idea di restituire una immagine della realtà/non realtà nella quale tendiamo a vivere oggi, sospesi tra social e inconsistenze, finte bellezze, battute pre-confezionate. Tik-Tok vuole ricordare il ticchettio dell’orologio, quindi l’incessante incalzare del tempo, mentre il mondo decade. Musicalmente parlando ho voluto usare molte compressioni come ad “impacchettare” la canzone per rendere l’idea di questo mondo un po’ plastico e confezionato, con l’ausilio di molti campionamenti, uniti a suoni analogici che riportano a spaccati della vita reale, cercando di condire il tutto e renderlo eterogeneo e fruibile a differenti tipi di sensibilità musicale, cercado di rimanere nell’ambito pop.

5. Quali saranno i tuoi prossimi passi?

Cosa dovremo aspettarci? Vorrei uscire e promuovere almeno un altro singolo e quindi l’LP e portarlo da vivo. Questo il reale sogno, tornare dopo un lungo periodo di inattività ed assenza dai palchi. Vorrei incontrare “gente vera” e portare questo mio lavoro a più persone possibili.

6. Domanda filosofica, come vedi il panorama musicale e/o internazionale e come ti ci collocheresti?

Non è semplice descrivere il panorama odierno, o meglio, bisognerebbe scindere il mainstream dall’underground con un confine molto netto. Con questo voglio dire che il mainstream rappresenta una infima percentuale della totalità degli artisti (includendo solo quelli validi), circa l’1% dello totalità, eppure questa è la musica della quale veniamo bombardati in radio. Io stesso, che ogni mattina ascolto lo stesso spettacolo radiofonico, negli intervalli di esso passano ogni mattina lo stesso palinsesto, sulla base, ovvia, delle case discografiche che spingono (pagano) per l’uno o per l’altro artista. In questo panorama distopico mi viene difficile collocarmi in quanto potrebbero esserci anche artisti molto simili a me, che non vedranno mai la luce puntata su di loro e che io stesso non conosco. Al di là di un collocamento sul mercato che alla fine mi interessa veramente poco, è portare un pensiero a quante più persone possibili, condividendolo, nella speranza che questo possa essere terreno di confronto o che possano trovare una sponda od un rifugio in quello che faccio, questa sarebbe la più grande soddisfazione possibile.

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