Emanuele Lapiana @ Teatro di Pergine (TN)
Il passato ha sempre un peso specifico. Sempre.
Prima o poi arriva il momento in cui ci si confronta con quello che si è fatto. C’è chi lo guarda con rammarico, con dispiacere, chi invece con soddisfazione, gioia o tenerezza. Si può essere fieri di quanto fatto oppure provare vergogna. In entrambi i casi credo conti metterci la faccia. Conosco un amico, una persona straordinaria, un vero artista, che si chiama Emanuele Lapiana, trentino come me, molto attento e consapevole delle sue origini, ma nello stesso tempo anche vero e proprio abitatore del mondo musicale in cui non ci sono barriere e non contano nazionalità o carte d’identità, ma importa solo la quantità di emozioni che si trasmettono. Emanuele la faccia ce l’ha sempre messa e quei brividi che solo la musica sa procurare li conosce bene. Emanuele, che il 28 aprile era sul magnifico palco del Teatro di Pergine (TN) si fa chiamare N.A.N.O., eppure guardandolo all’opera ci pare un gigante, un gigante buono, di quelli che nell’iconografia classica hanno sempre un sorriso e si fanno in quattro per aiutare tutti. Perché questo ha fatto Emanuele.
Si è messo in mente di condividere il suo passato con noi, su un palco, mentre noi lo stavamo ad ascoltare, rapiti, stregati, con la pelle d’oca: quel passato di Emanuele, chiamato c|o|d, si è incrociato con tanti momenti, tante sensazioni, tanti ricordi vissuti da moltissimi dei presenti a questo concerto. Fotografie che ci scorrono davanti e come sempre accade l’immagine richiama un suono, una melodia, o viceversa, sta di fatto che il lavoro di Lele è stato quello di fornirci queste canzoni che per più di due ore hanno lasciato senza fiato i presenti. E si è davvero fatto in quattro affinchè tutto potessero ricevere qualcosa, anche una semplice scossa, di quelle che poi però ci ripensi non solo la notte stessa, ma anche nei giorni a venire.
Un gigante si, con le spalle larghe, capace di farsi (scherzosamente) insultare da tutti i presenti, capace di chiamare sul palco altri artisti che potessero condividere il momento, (perchè il bello non è farsi i cazzi propri, ma il bello è condividere il sorriso o il pianto con qualcuno), capace di riprendere in mano canzoni anni ’90 e riproporle così, con la stessa intensità, rabbia e disperazione di allora, quando gente come gli Scisma, ad esempio diceva: “I c|o|d sono il miglior gruppo d’Italia“. No, non può essere che un gigante quello che mette in piedi tutto questo, ne sono convinto. Non può essere che essere un gigante dei sentimenti chi ci fa tremare i polsi duettando con uno splendido Daniele Groff, non può che essere un gigante della musica chi con disinvoltura passa dal rock chitarristico sporco all’elettronica ballabile senza perdere per un attimo credibilità e magnetismo. Non può essere che un gigante chi ci fa piangere dalla commozione. O forse no, forse sbaglio io, perchè mi lascio ingannare dal nome, perchè Emanuele Lapiana proprio perchè N.A.N.O ha lo sguardo più vicino alla terra che al cielo e non si è mai visto in alto, è sempre rimasto così, umile, sincero, come uno che scrive sulla giacca che indossa “N.A.N.O”, che non si sa mai che la gente possa dimenticarsi di lui. Ha fatto cose da gigante, restando fieramente “nano”, anzi, ha fatto cose che a me sembravano da gigante all’inizio, ma poi, mentre il concerto andava avanti, ho pensato che era “solamente” e splendamente sé stesso. Niente cose fuori dalla “sua” norma.
Anche in questa serata da album dei ricordi – in cui però ha fatto capolino anche il presente (non sono mancate le canzoni sia dei c|o|d che di N.A.N.O) e perchè no, anche il futuro con alcuni brani nuovi che lasciano davvero ben sperare – Emanuele è rimasto così, con i piedi per terra, anche davanti a un pubblico che lo ha adorato. Ma non cercava adorazione Lele, lui continua a “lavorare duro come replicante in una piccola bottega di periferia“, come ha sempre fatto. Il suo compito è stato quello di far si che tutti, per una sera, ci prendessimo idealmente per mano, uniti dalla sua musica, e ritornassimo indietro, senza paura, ma con la testa alta. Come ci ha insegnato a fare lui, da sempre, con quella forza immensa e smisurata che può avere la musica. Ce l’hai fatta Emanuele.
Ti voglio bene.



