Edda @ Santeria Social Club, Milano, 28/03/2019
Ad aprire questa terza data del tour del nuovo Fru Fru di Stefano “Edda” Rampoldi ci sono i Manitoba, ottima band fiorentina già con una buona esperienza live alle spalle. Il gruppo è condotto da Filippo Santini (voce e chitarra) e Giorgia Rossi Monti(voce) che oltre a basso e batteria, si alternano/completano al microfono. Tra alt-rock e cantautorato hanno eseguito i brani del loro debutto, Divorami, dimostrando una maturità e una tenuta del palco non comune.
Dopo una ventina di minuti appare sul palco la Fru Fru band, composta dall’ottimo e omnipresente Luca Bossi alle tastiere, basso e produttore del disco, Francesco Capasso alla chitarra, nella band da qualche anno e il nuovo batterista Nick Lamberti già sentito su disco a cui va una nota di merito per la maglietta Merda di Giorgio Canali.

I live di Edda sono stati, soprattutto appena rientrato dopo l’oblio, sbilenchi, spesso il cantante si perdeva in improvvisazioni inconcludenti uscendo dal seminato e dal seminabile ma per fortuna, pur rimanendo “particolare” e propenso al cazzeggio, da qualche anno il tutto si è raddrizzato ma inutile dire che la data milanese è importante e già prima del concerto Edda si aggirava nella sale abbracciando e baciando chiunque lo avvicinasse facendo intuire l’eccitazione e la voglia di ridurre al minimo le insicurezze sempre in agguato a rovinare tutto.

Raggiunti i compagni sul palco indossando una improponibile felpa griffata Totip, calzini sfatti e pantaloncini attacca Vela Bianca e la voce, QUELLA voce, parte altissima rispetto alla tonalità del brano ma la band riesce a starci dietro nonostante il cantante segua una sua strada non sempre in linea con loro. Questo spesso per fortuna, grazie anche al grande dono che ha nella voce, è un bene ma altre volte i risultati non sono quelli sperati. Samsara, sempre dall’ultimo album, non molto significativa in studio, qui diventa una grandiosa prova dell’ex Ritmo Tribale che tira la voce tra falsetto e note alte facendo venire i brividi: la memoria torna subito ai live di qualche decina di anni fa, che no non torneranno ma ora godiamo l’amarcord.
Come anticipato i momenti cazzari tra un brano e l’altro non mancano, giusto per dare il tempo ai musicisti di organizzarsi, dice. Le battute sono riservate ai trapper che usano una quantità di parole tale che lui ci riempirebbe dieci dischi, poi si lamenta dell’aria condizionata e del mal di gola e si fa passare un Oki dal pubblico(!!!) tra gli applausi ma si fa più serio con una sentita dedica alla madre prima di cantare Edda.
I nuovi brani sono trattati in modo più incisivo, senza, come già detto il minimo riguardo per le tonalità e i tempi ma spogli dell’elettronica che nel disco è un po’ troppo presente: Abat-Jour, Ovidio e Orazio, Italia Gay le migliori.
Dal precedente Una graziosa utopia vengono ripescate quasi tutte le altre canzoni: Zigulì, Spaziale, unico brano veramente diverso dagli altri, Picchiami e Brunello, con una grande prova vocale, sono le migliori.

Magari spaziare anche nei lavori precedenti avrebbe aperto di più le sonorità, basti pensare a Pater eseguita in modo molto teso.
Il finale tocca ad una versione tiratissima del singolo E se a confermare lo stato di grazia, nonostante la maschera da scemo del villaggio, di Edda Rampoldi che dal vivo è sempre sorprendente (nel bene e nel male).