Baustelle @ Alcatraz, Milano, 09/05/2023
Sono ormai quasi 20 anni, da quel mitologico sabato sera del dicembre 2005 al Rolling Stone, che i fan milanesi dei Baustelle accorrono in massa ai concerti dei propri beniamini. Che sia un teatro grande come quello degli Arcimboldi, o un club altrettanto ampio come l’Alcatraz, o uno spazio all’aperto, sempre di dimensioni ragguardevoli, come il Carroponte, il trio di Montepulciano è sempre stato investito dall’affetto della gente, sia come numero di presenze che come intensità della partecipazione. Ieri sera non ha fatto eccezione, e anche ora che c’è un nuovo disco e la band attorno al nucleo principale è totalmente nuova, i biglietti si sono volatilizzati da mesi e chi è venuto si è fatto sentire come meglio non si poteva.
Certo, Francesco, Rachele e Claudio non saranno mai degli autentici animali da palco, e alcuni momenti fuori fuoco nella performance ci sono stati anche stavolta, così come è sempre successo, ma il livello qualitativo è sempre solido e i nuovi musicisti hanno dato, così come sull’ultimo disco, una sferzata di vitalità che ci voleva proprio.
A dirla tutta, l’impronta di Lorenzo Fornabaio, Julie Ant, Milo Scaglioni e Alberto Bazzoli si è sentita ancora di più dal palco, soprattutto perché ha fatto emergere con più nitidezza la natura rock n roll del nuovo album, e per alcune interpretazioni di canzoni del passato caratterizzate da un’incisività che non si era mai notata in precedenza. Che fossero simili alle versioni in studio come nel caso di La Guerra È Finita e Charlie Fa Surf, o se ne allontanassero come per Baudelaire o La Moda Del Lento, il risultato è stato invariabilmente ficcante ed efficace come non mai, in puro spirito da live alla vecchia maniera.
Le canzoni di Elvis, dal canto loro, non hanno affatto sfigurato, e, nonostante fossero tutte concentrate nella prima metà della scaletta, non hanno mai fatto venir voglia di tuffarsi nel passato, come spesso succede in questi casi. L’accoglienza riservata a La Nostra Vita e a Contro Il Mondo, in particolare, è stata degna del riscontro avuto dai grandi classici, che hanno riempito la seconda metà della serata. Anche gli estratti dall’ancora oggi discusso L’Amore E La Violenza, ovvero Amanda Lear e Veronica N. 2, sono stati ricevuti con grande favore, anche perché sono stati interpretati veramente bene. Purtroppo, è passata un po’ sotto traccia Noi Bambine Non Abbiamo Scelta, eseguita magnificamente e mio personale momento preferito del concerto, ma evidentemente non così universalmente conosciuta, mentre i brani meno riusciti sono stati Monumentale e Il Liberismo Ha I Giorni Contati, con una Rachele che non è apparsa a proprio agio in entrambe le circostanze.
Mi permetto, infine, di esplicitare il mio rapporto ormai ambivalente con le due canzoni che hanno chiuso il concerto, ovvero Gomma e La Canzone Del Riformatorio. Sono ovviamente brani cardine del repertorio della band, e non voglio certo discuterne l’importanza e il fascino. Dico solo, però, che, alla luce di ciò che la band è oggi, si nota che comunque sono canzoni imperfette e ingenue, e magari è anche questo il loro bello, però, dopo aver goduto di una La Guerra È Finita così, o di una Charlie Fa Surf così, di una Baudelaire così, di una La Moda Del Lento così, e, diciamolo, di canzoni nuove così, ecco che poi arrivano queste due in chiusura e il loro carattere imperfetto e ingenuo lo si nota molto, ma molto di più. Non dico che non debbano più suonarle dal vivo, ci mancherebbe, ma magari farle prima e chiudere col meglio che hanno oggi nel repertorio.
Certamente ora qualche fan mi accuserà di blasfemia, ma spero che si capisca che non sto criticando, ma solo constatando l’evoluzione che ha avuto la band e il modo in cui stanno invecchiando certe canzoni. L’importante è che il concerto sia stato bello e divertente, e che i nostri idoli siano ancora in perfetta forma.
Foto di Elena Di Vincenzo