Scusate il ritardo: maggio 2025
Portare avanti una webzine amatoriale di musica indipendente non è assolutamente facile. Lo si deve fare nel tempo libero, nei ritagli di tempo dopo il lavoro o lo studio, e lo si fa unicamente per passione. È capitato dunque – e continuerà a capitare specie in realtà come le nostre – che durante il corso dell’anno si siano trascurati dischi particolarmente ben riusciti per pura mancanza di tempo. Con questo articolo cerchiamo dunque di rimediare ad alcune nostre mancanze, consapevoli del fatto che molto è ancora da fare.
di Stefano Bartolotta, Raffaele Concollato

Vegas on Bass – Blurry Visions (2025, Autoprodotto)
Blurry Visions è l’album di debutto dei Vegas on Bass, band bolognese che propone un sound energico distinguendosi per uno stile aggressivo e viscerale. Ispirato dall’industrial rock di band come i Nine Inch Nails, le “visioni sfocate” del titolo del lavoro, simboleggia il travagliato processo creativo che ne ha portato alla realizzazione, fatto di ostacoli, riflessioni e trasformazioni.
Scritto nell’arco di due anni, Blurry Visions rappresenta un percorso di crescita personale e musicale. Le registrazioni, affidate ad Alessandro Renzetti e Lorenzo Cosi, hanno permesso di stratificare i suoni e le inevitabili tensioni, culminando in esplosioni di energia.
L’album si configura come un vero e proprio manifesto di resistenza: un invito a non cedere di fronte alle difficoltà e a cercare, nella confusione e nell’oscurità, una nuova forma di chiarezza.
Blurry Visions è un debutto potente, autentico e intenso. (RC)
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Emanuele Colandrea – Uno (2025, 29Records)
Dopo le esperienze passate con i Cappello A Cilindro e con gli Eva Mon Amour, Emanuele Colandrea torna con il suo quarto album solista dal titolo molto esplicativo, visto che il nostro è l’unica persona ad aver lavorato sul disco. Scrittura, esecuzione, arrangiamenti, registrazione, mix e mastering sono tutti a opera sua, e va da sé che, in questo modo, le caratteristiche che hanno definito la cifra stilistica di questo artista tanto bravo quanto sottovalutato sono qui amplificate al massimo.
Si nota, quindi, da un lato la voglia totale di non scendere a compromessi, con un suono e un timbro vocale che puntano sulla ruvidezza e sul calore, e dall’altro l’abilità letteraria nei testi, di alto profilo e fortemente evocativi. Le melodie sono presenti ma volutamente poco definite, e quelle delle linee di chitarra sono importanti tanto quanto quelle vocali, e le storie vengono raccontate con un disincanto che, in realtà, serve solo per edulcorare concetti forti e importanti, coi quali l’autore cerca di far capire a chi ascolta l’importanza di saper distinguere ciò che conta e deve contare da ciò di cui si può, e talvolta si deve, fare a meno.
Non possiamo, quindi, che consigliare caldamente un ascolto davvero in grado di lasciare il segno (SB)
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Sacrobosco – Apes + Tigers (2025, Antinational Noise, Audioglobe)
Apes + Tigers è il terzo album di SACROBOSCO, alias del musicista e producer Giacomo Giunchedi.
Frutto di un’evoluzione live durante i tour dei precedenti IVXVI e IXVXI, l’album nasce come tessuto connettivo tra brani esistenti, per poi svilupparsi in un’opera autonoma con vari livelli di lettura.
Il lo-fi pervade tutto il lavoro evocando un suono che si nutre di memorie e frammenti dimenticati.
Elemento chiave del progetto è la collaborazione con Paolo Raineri, trombettista noto per i suoi lavori con Iosonouncane e Calibro 35, che contribuisce a spingere il sound verso il jazz più sperimentale. Brani come Tender e Where the Mighty Tiger Lies sono improvvisazioni in cui le pulsioni e le esplorazioni risultano in continuo dialogo.
L’album si configura come un racconto sonoro multidimensionale, dove crepitii, voci evanescenti e suoni spettrali si intrecciano creando un’atmosfera onirica e surreale.
Con Apes + Tigers, SACROBOSCO costruisce un’esperienza d’ascolto immersiva, in cui il suono diventa memoria, trasformando ogni traccia in un viaggio sensoriale tra passato, presente e futuro.(RC)
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Simmcat – I Heard She Lost You (2025, We Were Never Being Boring)
Al secondo album, dopo il debutto del 2023, Simona Catalani si dimostra sempre più in grado di prendere con profitto una strada ormai sempre meno battuta, ovvero quella del cosiddetto less is more. Questi otto brani, infatti, sono volutamente essenziali, eppure hanno una profondità espressiva ed emotiva davvero notevole che non può non colpire immediatamente l’ascoltatore che si approccia alla musica con orecchie attente e cuore aperto.
Chitarre delicate, pianoforte carezzevole, ritmica centellinata, una voce mai sopra le righe: non serve altro quando il connubio tra questi elementi è perfettamente centrato e in grado di scuotere con la forza della (apparente) semplicità. Naturalmente, l’andamento è a velocità ridotta e l’introspezione la fa da padrona, anche perché il contesto finora descritto è quello ideale per far sì che l’artista possa rendere in musica la propria idea, chiara fin dal titolo, di esplorare la faticosa ma inevitabile strada che ognuno di noi percorre quando subisce una perdita dolorosa e che, sperabilmente, si conclude con il raggiungimento di un nuovo equilibrio.
Prima si riesce ad ammettere a sé stessi le proprie difficoltà, prima si riconoscono gli errori che si stanno commettendo in seguito alla pesante scossa emotiva, e prima e meglio si arriverà all’auspicata fine del percorso. Purtroppo, è un viaggio che ho dovuto fare anche io, quindi lo posso dire a ragion veduta: questo disco è fatto benissimo e mi sarebbe stato di grande aiuto in quei momenti. E, al di là di un’eventuale funzione “terapeutico-sociale”, questo è proprio un gran bel lavoro, con tutte le cose al posto giusto e che ha tutte le carte in regola per farsi sentire, non solo nel senso di ascoltare (SB)
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Terry Blue – Lakewoods (2025, Another Music records / Believe)
Lakewoods, nuovo album del duo svizzero-italiano Terry Blue (Leo Pusterla + Eleonora Gioveni), è un viaggio intimo, politico e naturalistico. Abbandonato l’intimismo acustico dei lavori precedenti a favore di sonorità elettroniche, distorte, che potremmo definire desertiche, il duo trova dei riferimenti in artisti come Bon Iver e Ben Howard.
Si intrecciano ricordi personali, lutti, riflessioni storiche e osservazioni sul presente, mescolando synth, campionamenti, strumenti acustici e sperimentazioni.
Si passa dal salice piangente di Outfalls al ghiacciaio scomparso di Gone Glacier, ai deserti di Alicante alla memoria dolorosa evocata in Minoux.
La perdita, la nostalgia, il senso di colpa e la consapevolezza del tempo che scorre sono temi ricorrenti, culminando nella title track Lakewoods, che fonde introspezione e attualità storica.
Con Lakewoods, Terry Blue crea un’opera coerente e intensa, che invita a riflettere su ciò che siamo, su ciò che perdiamo e su ciò che resta nel silenzio della memoria. (RC)
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Firecracker – Not Your City (2025, We Were Never Being Boring)
Seconda raccolta di canzoni per questa band bolognese dedita a un punk n’ roll ruvido, abrasivo e incendiario. Sette canzoni per venti minuti di pura energia, con il quartetto che mette in campo tutto lo sforzo possibile per colpire chi ascolta in piena faccia, con un’intensità totale e senza filtri.
Di conseguenza, non aspettatevi di trovare brani dalla spiccata attitudine melodica che possano essere canticchiati sotto la doccia: qui ci sono solo adrenalina spinta al massimo, voglia di sudare e trovarsi con la carta vetrata nella gola e i lividi sul corpo a furia di urlare e pogare.
Certamente, i Firecracker danno l’impressione di avere il live come habitat naturale, però anche nel lavoro di scrittura e registrazione delle canzoni ci mettono una certa abilità. I brani, infatti, sono ben costruiti, con groove ritmici travolgenti, ganci vocali e chitarristici capaci di inchiodare l’attenzione di chi ascolta e un buon equilibrio tra compattezza e spontaneità. In definitiva, un lavoro più che interesante per una band che mostra chiaramente di sapere il fatto suo (SB)
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Blessed Child Opera – Red Flags (2025, Audioglobe / The Orchard)
Dopo sei anni di silenzio sotto il nome Blessed Child Opera, Paolo Messere riporta in vita la sua creatura musicale con Red Flags. L’album, composto da dodici tracce, è un viaggio oscuro nell’interiorità dell’autore, che torna alle atmosfere folk-rock care al progetto, arricchendole con post-punk, mantra elettronici e new wave.
Red Flags nasce come risposta alla perdita di identità e connessione, un tentativo di elaborare il dolore attraverso la musica. Le “bandiere rosse” del titolo rappresentano quei limiti invisibili che, se superati, conducono al caos emotivo: confini fragili tra ciò che siamo e ciò che fingiamo di essere.
Ci sono storie intime e ferite profonde che trasportano il disagio e il trauma in un racconto universale.
Red Flags non offre soluzioni, ma una possibilità: quella di ritrovarsi quando parlare non basta più.
È un disco spirituale e intimo che ci restituisce Blessed Child Opera come una delle voci più autentiche dell’underground italiano. (RC)
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The Shameless – Prayers after Dark (2025, Seahorse Recordings)
A tre anni e mezzo da Love Condemnation, i The Shameless tornano con un lavoro intenso e cupo che rappresenta una svolta stilistica per la band ragusana. La fusione di rock, blues, gospel e jazz li indirizza verso la strada tracciata da Tindersticks e Grinderman.
Registrato nei Pausa Studio di Modica, l’album si compone di sei brani inediti e due cover coraggiose e sentite: Straight to You di Nick Cave e I Can’t Escape Myself dei The Sound. Il suono è meno romantico rispetto al passato, ma più maturo e disilluso.
Prayers After Dark esplora l’amore e la fede che si intrecciano con rabbia e disperazione, mentre la speranza resta sospesa, fragile ma presente.
È un album che non consola, ma accoglie, rimanendo sospeso tra sogno e preghiera.
Da ascoltare in silenzio, al buio. (RC)
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God in a Black Suit – Threshold (2025,Missing Fink Records)
Con Threshold il quintetto di Matera si muove con sicurezza tra post-punk e new wave.
Introspezione e il tema della crescita interiore sono il cardine di questo lavoro, ogni brano è una soglia da attraversare: Thresholds, la title track, apre il disco come un manifesto esistenziale, mentre A New Life incarna il desiderio di rinascita e To Forget la necessità di lasciar andare.
Si passa attraverso la memoria (I Remember You), la perdita (Whisper), l’addio (End), ma anche la resistenza a un mondo opprimente (Goodbye, Breath, Dirt).
Il suono è asciutto ricco di tensioni emotive che riflette un’urgenza autentica.
Alla fine ne risulta un viaggio oscuro ma necessario, in cui ogni canzone è un passo verso un equilibrio nuovo, ancora tutto da costruire. (RC)
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Frømm – You Can’t Kill Time With Your Heart (Doremillaro Records, 2025)
Con You Can’t Kill Time With Your Heart, i Frømm chiudono la trilogia iniziata nel 2023 con The Anthropological Imagination, abbandonando definitivamente qualsiasi etichetta o struttura per dare vita a un’opera radicalmente personale e priva di compromessi.
Questo terzo capitolo è un viaggio sonoro e concettuale che indaga la percezione del tempo e l’identità in un’epoca di smarrimento collettivo.
Il trio siciliano sfida l’ascoltatore con una miscela spigolosa e affascinante di post-punk, art rock, electro-punk e indie, dove ritmiche spezzate e melodie malinconiche si sostengono a vicenda.
Tra strumenti analogici e digitali costruiscono un sound nervoso e psichedelico, che si muove tra caos e controllo.
Il titolo, ispirato a David Foster Wallace, è il manifesto di un disco che riflette lo spirito inquieto della “generazione Ryanair”: sospesa tra nostalgia di un futuro mai accaduto e desiderio di un altrove indefinito.
You Can’t Kill Time With Your Heart non è solo un album: è un rito di passaggio, una ferita aperta, un atto di resistenza emotiva.
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mareAmare – Nicolò Piccinni (Autoprodotto, 2024)
Con mareAmare, Nicolò Piccinni firma un’opera complessa, che va ben oltre la forma tradizionale del disco. Accompagnato dalla band Gli Internauti, il cantautore torinese esplora le profondità dell’identità contemporanea attraverso dodici brani che si muovono tra cantautorato, psichedelia, rock e sperimentazione sonora.
Dopo Acqua Fredda Piccinni torna con un concept album che è anche un libro e una serie di video, componendo un vero e proprio universo narrativo.
mareAmare è un viaggio tra superficie e profondità: il lato A (“Superficie”) si muove tra illusioni digitali, amori sospesi e labirinti interiori, mentre il lato B (“Profondità”) affonda nei luoghi oscuri della coscienza, tra follia, isolamento e redenzione. Il mare, reale e simbolico, è metafora di separazione, desiderio e possibilità.
Ricco di collaborazioni (Bunna, Giulia Impache, Vea, Fausia, De Pace, Sirianni e altri), l’album brilla per coerenza poetica e varietà musicale.
I testi di Piccinni, evocativi e profondi, si fondono con arrangiamenti curati e sorprendenti, dando voce a un’umanità disorientata ma ancora capace di sentire. Un lavoro coraggioso, che invita ad attraversare il nostro tempo con sensibilità e consapevolezza.
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