Roccia Ruvida: con gli Out of the Blue
Devo dire il vero. Risposte politicamente corrette, sempre buone per stare al gioco, in bilico tra il chiedersi “avranno capito la domanda” o “avranno deciso di non raccogliere la sfida”. Dalla loro c’è sicuramente il grande mestiere fatto anche e soprattutto di tantissima esperienza. Sono Giovanni Pollastri e Annie Saltzman Pini, un producer di fama internazionale e una cantante che di base è americana. E questo “Pirate Queens” a firma di Out of the Blue è un disco grande. Imperioso, solenne. Il rock scuro che prende derive anche di fantasia e di antiche tradizioni celtiche (e tanto, tantissimo altro a corredo) è un libro di storia sulla vita piratesca di donne pirata realmente esistite. Ho provato a stuzzicare la polemica ma non ci sono riuscito. Il mestiere ha dettato legge anche questa volta…

Il giorno della donna, si parla di pirateria in rosa ovviamente… insomma originale ma sempre una bella trovata mediatica. No?
Giovanni: Assolutamente si! Non potevamo non sfruttare questa ghiotta occasione dato che le registrazioni del disco erano terminate poco prima delle feste natalizie del 2022, per cui abbiamo appositamente atteso l’8 Marzo per la pubblicazione dell’album, anticipato dal primo singolo in Febbraio. Il messaggio è molto chiaro: “Pirate Queens” parla di piratesse, ma soprattutto di donne, per cui quando alla base c’è un argomento così importante, ogni ‘trucco’ di marketing va bene!
E poi, in questa maniera, ogni anno in Marzo possiamo fare promozione all’album, un po’ come si fa con i dischi di Natale! Il disco natalizio di Michael Bublè ogni anno è richiestissimo!
Annie: L’argomento è molto serio, e noi abbiamo voluto affrontare questo concetto tramite la nostra musica, ossia il nostro linguaggio, il nostro mezzo di comunicazione. Alla base del progetto c’è una verità: le piratesse per noi sono l’esempio di come le donne siano riuscite a raggiungere l’uguaglianza in periodi storici in cui era ancora più difficile di oggi. Consideriamo che le donne non potevano neanche salire sulle navi, tra le tante cose che gli venivano negate. Le piratesse sono riuscite a dimostrare di essere allo stesso livello degli uomini, a volte anche migliori!
E poi la chiave quotidiana: sempre per ovvie connessioni commerciali direi che possiamo leggere il tutto trasposto ai giorni nostri o sbaglio?
Giovanni: Non sbagli assolutamente. Ancora oggi il dibattito sul ruolo della donna è molto acceso, non solo in terre lontane ma, purtroppo, anche in Europa, quindi sotto casa. Il nostro è un semplice disco fatto di dieci brani che viene messo in vendita, quindi lo scopo commerciale fa ovviamente parte del nostro lavoro come artisti. Ci piace l’idea di dare anche un messaggio tramite il nostro progetto, o “prodotto”, e questo ci ha spinto a lavorare con un certo criterio.
Annie: fondamentalmente, nel lavorare a un progetto con questa forte idea alle spalle, ci siamo resi conto che forse non siamo noi a “sfruttare” l’argomento per scopi commerciali, bensì parliamo proprio dello “sfruttamento” nel vero senso della parola.
Un disco che immagino abbia richiesto anche una ricerca storica? Oppure cantate di fantasia tanto chi – se non pochissimi – conoscono i fatti?
Annie: C’è stata una enorme ricerca storica. Quando Giovanni mi ha chiamato per propormi questo progetto, per pura combinazione ero a Boston, davanti a un museo dedicato ai pirati. Sono entrata e ho chiesto se esistevano le donne pirata perché io stessa non avevo la più pallida idea della loro esistenza. Surprise, Surprise! Ce ne erano tante! C’era solo l’imbarazzo della scelta! Una volta deciso di quali piratesse parlare, che mi ha preso un anno intero, ho leggermente romanzato alcune storie di cui non si trovavano molte informazioni, rimanendo però sempre fedele al loro carattere.
Giovanni: Musicalmente abbiamo poi cercato di contestualizzare sonoricamente ogni storia raccontata, per cui in “Anne Bonnie”, una tra le piratesse più rinomate nella storia della pirateria, si sente un sapore celtico essendo nata in Irlanda, mentre in “Sayyida Al Hurra”, piratessa marocchina
molto importante nella cultura del mondo arabo, gli arrangiamenti portano verso atmosfere Medio- orientali.
Anche a voi faccio la domanda che eleggo a domanda ufficiale: dopo mesi anni di lavoro e di scrittura, per voi musicisti e artisti che di questo vivete… perché regalare tutto alla rete dei click facili? Come vivete questa contraddizione?
Giovanni: Ti dirò la verità: per ascoltare un disco dedicato ai pirati, non puoi fare altro che “navigare” nel web in maniera da diventare parte della nostra ciurma! L’idea iniziale era proprio questa, per cui altro ‘trucco’ di marketing a disposizione. Ovviamente siamo consapevoli che i click difficilmente pagano tutti gli sforzi, sia economici, sia di impegno, però personalmente sono dell’idea che lo streaming dia comunque delle possibilità molto più ampie di essere ascoltati rispetto al singolo prodotto fisico. Detto questo, pubblicheremo comunque “Pirate Queens” anche in vinile e in cd, magari proprio in occasione del prossimo 8 Marzo! Vedi che il marketing continua a darci ragione?
Annie: Il nostro progetto musicale è senza tempo per cui i click aumenteranno sempre di più! Possiamo proporlo in continuazione, soprattutto – e purtroppo, dobbiamo ammettere – perché il dibattito sul ruolo della donna nella società continua ad essere al centro dell’attenzione. C’è ancora tanto da fare e, nel nostro piccolo, vogliamo dare il nostro modesto contributo per fare riflettere e non abbassare mai la guardia! Le piratesse “ce l’hanno fatta”, hanno raggiunto il loro obiettivo, talvolta anche a costo della vita. La nostra è un’immagine ‘positiva’, vista dalla nostra angolatura.
Come sempre chiudiamo tornando seri e complici. Anzi grazie per esser stati al gioco. Ma torniamo davvero a questo disco che unisce non solo storia ma anche una dimensione che ritengo più vera di quello che chiamiamo rock. Ecco: cosa ne pensate in merito? Musicalmente parlando, io penso sia questo il vero rock… non tanto come senso estetico quanto più come senso letterario e narrativo.
Giovanni: L’attitudine è decisamente rock! Io e Annie siamo cresciuti nel meraviglioso mondo del vero rock, quello che dagli anni Settanta ci ha formato musicalmente. Parliamo di Led Zeppelin, Jethro Tull, David Bowie, Doobie Brothers, Mott The Hopple, Deep Purple, solo per nominarne alcuni. E questa attitudine probabilmente si sente anche tra gli arrangiamenti, sebbene il prodotto ci piace definirlo più ‘world music’, dati i numerosi stili che si possono ascoltare di brano in brano. Il modo di porci nei confronti dell’argomento e l’attitudine è decisamente rock!
Annie: Io fondamentalmente sono cresciuta a Broadway, e in questo album, a differenza di tanti altri dischi a cui ho lavorato, si sente molto forte questa influenza. Scoprendo la vita di queste donne, ho sentito la melodia che veniva fuori in un modo del tutto diverso rispetto a come ero abituata a lavorare, e ho sentito una grande responsabilità nel cercare di dare importanza ad ogni piratessa, anzi, sono diventata ognuna di loro. Forse anche questo è rock!



