NIGRA, un viaggio sociale e musicale con “A piedi nudi”

Il trio calabrese NIGRA torna sulle scene con “A piedi nudi”, disponibile dal 16 maggio 2025. Nove tracce che parlano di vita vissuta, di diritti e di confini attraversati: i testi nascono dalla penna di Luciano Amodeo e incontrano la musica di Pasquale Caracciolo e Felice Christian Gangeri. A dare ulteriore forza al progetto, la produzione di Daniele Grasso e la collaborazione di Maurizio Musumeci (Dinastia) nel brano “Chi sono?”. Quel sapore da vinile, quel certo approccio grezzo che sembra venir fuori dalla rabbia, da una certa consapevolezza alla resa. I piedi nudi che io rimando a simboli di paura e di resa appunto… una dimensione “politica” e partigiana della musica resistente di oggi. E il taglio pop delle forme non doveva mancare…

Camminare “a piedi nudi” è un gesto fragile, ma anche potente. Che
significato ha per voi questo titolo oggi, in un’epoca in cui tutto
sembra vestito, mascherato, tutt’altro che “a nudo”?
Anime vergini rappresentate dal contatto con la terra. Una solida alleanza utile a non perdere mai di vista la realtà che, oggi, più che mai, è mascherata da finzione. La musica ha sempre rappresentato l’espressione più intima dell’essere umano. Noi proponiamo una musica a piedi nudi.

Molti dei vostri testi sono autobiografici. Quanto c’è, in fondo, di
politico in una biografia raccontata senza filtri?
Non c’è nulla di politico e non intendiamo strumentalizzare la canzone per diffondere idee di un qualsivoglia colore di partito. I testi di natura autobiografica esprimono semplicemente la quotidianità vissuta. Una quotidianità in cui personalmente sono impegnato in prima linea nella difesa dei diritti sociali. I diritti dei lavoratori e più in generale di ogni singolo cittadino, in una società che tende sempre più spesso a delegittimare qualsiasi forma di diritto sancito nel corso della storia di un grande Paese.

In un Paese in cui i diritti sembrano regredire, scegliere di parlarne
in musica è un atto d’amore o di resistenza?
L’uno non esclude l’altro. C’è amore verso la gente e verso le categorie socialmente più deboli. C’è resistenza nei confronti di chi vorrebbe togliere ogni singolo mattoncino della Costituzione più bella del mondo, forse perché inconsapevole che alla fine il crollo potrebbe semplicemente demolire il sistema Paese, quest’ultimo, fondato sui principi più belli ed interessanti della democrazia. Attraverso le nostre canzoni siamo riusciti talvolta ad abbattere la tacita censura proposta da quella parte di finto giornalismo che scredita coloro i quali il giornalismo lo fanno per davvero. Per certi versi la canzone in qualche modo continua a garantire la vera libertà di espressione.

 “In basso”, “Chi sono?”, “Il mio modo”… ogni brano sembra essere un
punto fermo dentro il caos. Come riuscite a coniugare intimità e
denuncia sociale nella stessa canzone?
Le nostre canzoni non sono state scritte dall’intelligenza artificiale, bensì frutto dell’emozione dell’essere umano. L’essere umano è rappresentato da una struttura complessa formata principalmente da idee ed emozioni. Il tutto fa parte di “Chi Sono”

E tutto questo significa rock? Poteva avere tutt’altro suono secondo voi?
La nostra è un’identità rock. Ovviamente in questo disco abbiamo sperimentato un nuovo modo di fare musica, cercando attraverso le sonorità di una chitarra folk e di una ritmica predominante, di non disperdere quella parte rock che da sempre ha rappresentato essere l’anima della band.

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