Intervista: Manupuma
Dopo l’esordio con Petra, la cantautrice Manupuma (Emanuela Bosone) torna con Cuore Leggero, frutto di un lungo viaggio interiore tra crisi, guarigione e riscoperta.
Le abbiamo chiesto di spiegarci come è arrivata a questo album sincero e intenso e senza compromessi.
IR: Cuore Leggero arriva dopo un lungo percorso iniziato con Petra nel 2019: che tipo di evoluzione personale e artistica hai attraversato in questi anni?
MP: In questi anni il mio percorso non è stato molto lineare, dopo il primo album, mi sono ritrovata un po’ sola, il gruppo coeso che esisteva nel primo album si è sciolto e per un po’ non ho capito cosa volessi fare, se continuare il percorso di cantautrice, se continuare con la musica, il processo è stato lungo anche perché nel 2015 mi è stata diagnosticata una depressione primaria, è stato come se un sasso mi fosse caduto sul cuore, ero viva ma isolata dalle emozioni, mi sono messa a fare altro, facevo fatica ad ascoltare la musica, ogni tipo di musica, sono una persona altamente sensibile, e in quel periodo tutto quello che andava in profondità mi faceva sprofondare sempre di più nei miei abissi, così ho fatto lavori concreti che non riguardavano la musica, come la commessa in un negozio di vestiti vintage, le centrifughe in un negozio di frutta e verdura, mi bastava questo, intendo, lavoro manuale, rapporto con le persone superficiale ed educato, tornavo a casa stanca e intanto le medicine mi avevano gonfiata molto, non sentivo più il mio corpo, sono tornata a casa da mia mamma, è stata un periodo molto doloroso, ma questo mi permetteva di scrivere e cantare, per me è sempre stato un modo di salvare la mia anima inquieta poi è diventato un lavoro. Piano piano, sono guarita e ho preso coscienza di quello che mi era successo, e di chi ero io. Scrivo questo senza vergogna, perché so che parlare di depressione oggi è ancora un tabù, invece bisognerebbe parlarne sempre di più perché tante persone ne soffrono ma hanno paura ad ammetterlo, spesso si nascondono per paura di essere giudicate e stigmatizzate. Nel 2018 mi sono sentita molto meglio avevo ancora canzoni nei miei quaderni, altre nuove, e per me è stato naturale e curativo incidere un secondo album, sono stata fortunata a trovare un team di musicisti cosi coesi e sensibili, completamente indipendente, ho pagato il disco con i miei risparmi e un piccolo prestito che mi ha concesso la mia banca. Dopo Petra l’album era pronto per uscire, ma è arrivato il Covid, e cosi ho deciso di posticipare l’uscita.
IR: Durante il lockdown hai scelto di usare la tua musica per progetti benefici e artistici trasversali. Quanto ha inciso quel periodo sul tuo modo di scrivere e concepire la musica?
MP: Il Loockdown a Milano, chiusa in 50 mq, per me è stato devastante, è stato un incubo, mi sono chiusa in me, anche perché, in quel periodo, ho perso una zia a cui ero legatissima e quindi non ho scritto quasi niente, per sopravvivere mi sono immaginata di essere un animale in letargo, la musica vibra così forte dentro di me, da sempre, che a volte proprio, non posso ne sentirla, ne farla. In quei mesi ho fatto uscire un unico brano del nuovo album, l’ho fatto uscire con Arisa che conoscevo da diversi anni, è stata sua l’idea di farlo uscire per la Fondazione Rava con cui lei collabora da tempo. Arisa ha fatto volare il brano con la sua voce incredibile, è stato interessante e costruttivo collaborare con lei e le sarò per sempre riconoscente.

IR: Nel tuo percorso ci sono collaborazioni importanti, da Pacifico a Roberto Dell’Era, passando per artisti internazionali. Cosa cerchi in un collaboratore artistico?
MP: Sono stata molto fortunata a lavorare con le persone che hai citato, sono state tutte situazioni occasionali non cercate da me, tutti grandi artisti da cui ho imparato tanto, e ancora oggi li ringrazio. Penso che nelle collaborazione l’ingrediente base e fondamentale sia la sintonia umana, il resto viene da sè.
IR: Neve parla di amori karmici che lasciano un segno indelebile. Quanto c’è di autobiografico in questa canzone e quanto invece nasce dall’osservazione?
MP: Questo brano è autobiografico, credo negli incontri Karmici, e quello che ho vissuto è dedicato a una persona speciale che è sempre presente nella mia vita ma in modo diverso.
IR: Parlando del rifacimento di Pearls di Sade: cosa ti lega a lei e cosa ti ha spinto a reinterpretare proprio quel brano?
MP: Sade è sempre stata una delle mie interpreti e cantanti preferite, per il suo timbro vocale, il suo modo di cantare, di essere, la sua sensibilità. L’ho ascoltata in loop tante volte anche quando ero ragazzina in casa dei miei spesso c’era il suo cd che suonava, non avevo mai pensato di mettermi alla prova con un suo brano. Pearls l’ho sempre trovato un brano di una bellezza disarmante, per la sua drammaticità, per le parole e la melodia, parla di una donna in Somalia che sopravvive a stento facendo un lavoro faticosissimo per riuscire a sopravvivere lei e per far sopravviver sua figlia, il ritornello, poi, mi è sempre arrivato come un pugno allo stomaco, ho sempre avvertito che questo brano rappresentasse bene tante donne di tutto il mondo e la nostra superficialità umana, ho avvertito questa canzone come una preghiera laica, una preghiera di pace, una richiesta di attenzione, l’ho ascoltata tantissime volte prima di farla mia, e spero di aver restituito e inciso un brano dignitoso, quando l’ho registrato sono entrata anche io in una sorta di meditazione ed eè stato incredibile, non c’è’ tristezza, c’è speranza, spero che questo arrivi a chi ascolta.
Grazie a Irma Records, Victoria Leoni, Gianluca Mancini e Michele Ranauro che hanno creduto nel progetto.
IR: La tua formazione include teatro e arti visive: quanto questi linguaggi influenzano la tua scrittura musicale e la tua presenza scenica?
MP: Tutto quello che ho studiato a livello visivo e teatrale è stato e lo è ancora oggi fondamentale per il mio tipo di scrittura e il mio modo di cantare che è in continua evoluzione e sperimentazione.
IR: Cosa significa per te “sperimentare” oggi, nella musica, spesso omologata e ‘piatta’?
MP: Per me sperimentare vuol dire, quello che ho sempre fatto, per me tutto deve partire da un’emozione, da un’esperienza di vita, e da un’esigenza impellente di esprimerla. Quando ho accettato l’omologazione, è stato faticosissimo e inutile, anzi, a mio modo di vedere, ha sminuito il mio linguaggio, quindi continuerò a essere coerente a come sono, non ho nulla da perdere, solo da imparare, non è forse così anche la vita? Una continua evoluzione.

IR: Cuore Leggero è il tuo secondo album cosa ti auguri che il pubblico colga da questo nuovo lavoro?
MP: Sinceramente non so cosa aspettarmi da chi ascolta , o chi avrà voglia di ascoltare il mio album, naturalmente mi piacerebbe che emozionasse, sono stata molto vera in tutti i brani, che sono anche molto diversi tra loro, di alcuni sono particolarmente soddisfatta, di altri meno, anzi se ne avessi la possibilità oggi li arrangerei o canterei in modo diverso, è sempre così.
IR: Porterai live le canzoni di Cuore leggero? Se sì da chi sarai accompagnata?
MP: Devo ancora capire come portare live questo album, prima di tutto vorrei trovare dei luoghi particolari, ameni, mi sono messa alla ricerca da tempo ma non è semplice, e se riuscirò a portarlo dal vivo sarà una commistione di musica analogica elettronica che accompagnerà la mia voce, pochi elementi in scena ma incisivi.



