Interview – Talèa
Abbiamo intervistato Talèa, giovane artista dalle grandi ed ottime potenzialità artistiche che ha colpito particolarmente per il suo nuovo lavoro discografico. Di seguito il risultato della nostra chiacchierata virtuale.
Ciao! Talèa che scelta interessante, spiegaci un po’ la genesi del nome e del tuo progetto.
“Talèa” è la prima parola che mi è venuta in mente quando ho iniziato a pensare a un nome che non fosse “Cecilia”, il mio. È apparsa così dal nulla. Inizialmente l’ho messa da parte, concentrandomi sulla ricerca di altri nomi, poi ho capito che in realtà era proprio quello giusto. “Talèa” mi rappresenta, rappresenta le mie intenzioni e il mio progetto che ha radici nella musica di ieri e foglie nell’oggi.
“Tales è il titolo del tuo Ep, ma quali sono le storie che vorresti raccontare? E quali quelle che avresti voluto che ti raccontassero?
Vorrei raccontare ognuna delle storie che pizzicano il mio sentire. È un processo molto naturale, a dire il vero: spesso ascolto o vivo o immagino una storia e per poterla capire e ordinare, ho bisogno di metterla in musica. Non sempre il risultato mi soddisfa, ma il viaggio e l’analisi che mi portano lì sono la cosa più interessante. Mi è sempre piaciuto l’atto del racconto, soprattutto da ascoltatrice. Ogni storia è affascinante a modo proprio ed è l’occasione per imparare a riconoscersi nelle situazioni più disparate. Se potessi ascolterei tutte quelle che non mi sono state raccontate.
Il brano “Dancing Mind” è di una bellezza amara cosa c’è dietro la costruzione di questo pezzo?
In Dancing Mind c’è la necessità di uscire dalla porta di casa nella primavera del 2020, la stessa necessità che conosciamo tutti; c’è il bisogno di rompere le righe, di trovare spazio dentro sé stessi quando si è cresciuti, come un frutto tra due rami, plasmati da paletti e restrizioni mentali. In Dancing Mind c’è anche una voce che nonostante tutto trova il modo di farsi sentire. In Dancing Mind c’è Talèa e c’è Cecilia. C’è un incendio sul finale appiccato da Luca Martelli e dalla sua batteria. In Dancing Mind c’è Marco Olivotto, senza il quale “Tales” non sarebbe “Tales”.
Le sonorità sono chiare, come i riferenti alle cantautrici britanniche, da Joni Mitchel a Laura Marling per citarne una più contemporanea, ma ti senti comoda nel panorama italiano?
Mi sento comoda ovunque ci sia modo di suonare e di scambiare qualcosa con chi ascolta. L’importante è trovare un pubblico predisposto alla novità, disposto ad ascoltare musica che non conosce, un pubblico curioso. Se c’è questo, il resto viene da sé. Il punto è che, in realtà, non mi sento parte di nessun panorama. Non è un pensiero che mi rincorre, ecco. Nel senso che mi sento libera di scrivere nella lingua più adatta al brano che sta nascendo, mi sento libera di viaggiare o di trasferirmi in un altro paese e cambiare obiettivi, di cambiare genere. Mi sento libera di assecondarmi artisticamente. Ho capito che l’autocensura è una brutta bestia, e ci sto lavorando. Magari è per questo che mi sento comoda.
Come è stata l’esperienza fatta al MEI di Faenza?
A Faenza è stato molto bello, lì per la prima volta ho avuto tra le mani “Tales” in formato fisico. A Faenza ho conosciuto Andrea Chimenti, per poi avere a fine gennaio il piacere di suonare in apertura di un suo concerto a Verona. Al MEI ho conosciuto Marco Sonaglia, altro artista marchigiano di Vrec. È stata una giornata molto piacevole!
Hai progetti per il prossimo anno? Vorresti collaborare con qualcuno in particolare?
Il 2022 sarà un anno di lavoro e di sperimentazione. Spero di potermi arricchire il più possibile da esperienze di ogni tipo e di pubblicare dei lavori dei quali essere soddisfatta.
Ci auguro un 2022 di abbracci di qualsiasi tipo.
Grazie!! A presto
https://www.youtube.com/watch?v=PlzQRNLv0TQ