Interview – Giacomo Luridiana
Dal 16 luglio è disponibile in rotazione radiofonica “IL DIAVOLO DEL JERSEY”, nuovo brano di GIACOMO LURIDIANA già presente sulle piattaforme di streaming. “IL DIAVOLO DEL JERSEY” è una canzone che attraverso le sue sonorità folk parla di sentirsi confusi e spaesati, ma immensamente liberi. In questo pezzo, GIACOMO LURIDIANA canta e racconta una storia sul senso di libertà, un sentimento che può essere dolorosissimo. Spiega l’artista a proposito del singolo: «“Il diavolo del Jersey” è una canzone che guarda il mondo attraverso gli occhi di chi si sente fuori posto e sbagliato e che celebra la strana libertà che ne deriva».
Ecco cosa ci ha raccontato!
- Quali sono le tue influenze musicali? Qualcosa che non ci aspetteremmo?
Bruce Springsteen mi ha dato l’input per fare il musicista. Un’ispirazione che credo non sia ovvia ascoltando le mie canzoni sono i Linkin Park; sono stati la prima band a cui mi sono appassionato e di cui sono diventato fan coscientemente e solo per la quantità di tempo che ho passato ad ascoltarli penso che abbiano avuto un’influenza importante soprattutto sul modo in cui mi approccio alle canzoni nella loro fase embrionale, come le penso.
- Hai intenzione di tirar fuori altri dei tuoi primi brani? Come mai hai scelto di rimettere in promozione It’d be lovely?
Il prossimo singolo che uscirà in radio ha iniziato a nascere circa 8 anni fa quando ho scritto una canzone ispirata a una puntata dei Simpson la cui melodia principale è diventata poi il ritornello del Diavolo del Jersey, il pezzo in uscita. Poi solo brani inediti e recenti, compresi una decina che farò uscire presto in un album con La Stanza Nascosta Records. It’d be lovely è una delle canzoni che mi legano alle mie radici sia come musicista che come persona, era ora di valorizzarla di più.
- In quale città stai vivendo? Cosa puoi raccontarci della scena musicale locale?
Al momento sono a Manchester, ho appena iniziato a collaborare con una piccola radio locale come ingegnere del suono, ma tornerò presto in Italia per suonare live. La scena musicale purtroppo l’ho conosciuta poco perché mi sono trasferito qui lo scorso settembre e c’è stato il covid di mezzo, ma ho notato tanti musicisti di strada, una forma d’arte che amo per come connette la musica alla vita delle persone in un modo naturale, imprevedibile e sincero. Poi Manchester è la città di alcune delle mie band preferite, come gli Smiths e i Joy Division.
- Cosa serve per fare musica oggi?
Coraggio, fantasia, pazienza e resistenza. Un musicista oggi deve confrontarsi con un sistema di distribuzione labirintico in cui è facile perdersi, con la scarsità di sbocchi disponibili, la difficoltà di guadagnare con la propria musica e a breve potremmo dover competere su larga scala con l’intelligenza artificiale per la composizione delle canzoni, ma credo che sia possibile per musicisti umani e non umani convivere e contaminarsi.
- Quale domanda avrei assolutamente dovuto farti ma non ti ho fatto?
La prima canzone che ricordo. Non è una domanda che spieghi molto di me, ma mi dà una scusa per ritirare fuori Samarcanda di Vecchioni e ricordarmi di me e mia cugina che la ascoltavamo a ripetizione quando avevamo 4/5 anni e alla parte di “oh oh cavallo” ci esaltavamo.