Interview – Gamaar

Esce mercoledì 21 settembre 2022 “Nella mia testa“, il nuovo singolo del progetto Gamaar, fondato dalla cantautrice e produttrice bresciana Gabriella Diana. Un nuovo capitolo che ci accoglie alla fine dell’estate, un brano che sa di quotidianità e di routine, di quanto una giornata possa diventare complessa, confusa e disordinata quando si soffre di disturbi come ansia e depressione: i primi pensieri che hai quando ti svegli la mattina, e che ti inseguono mentre bevi il caffè, ti lavi i denti, vai a lavoro; esprime l’incapacità di mettere ordine alla matassa nera che talvolta si crea in testa.

E non potevamo lasciarceli sfuggire, ecco cosa ci hanno raccontato.

  1. Quali sono le vostre influenze musicali? C’è qualcosa che davvero non ci aspetteremmo mai? 

Le nostre principali influenze musicali derivano molto dai miei ascolti, e sono probabilmente Verdena, St. Vincent, Radiohead, David Bowie, La Rappresentante di Lista, Beatles, Feist. Che non vi aspettereste mai forse Stromae – adoro il fatto che riesca a mettere su musica ballabile testi impegnati –  e i Kings of Convenience. 

  1. Credete ci sia solidarietà nella scena musicale femminile tra i vari progetti? Qual è la vostra percezione? 

Secondo me sì, quando ci è capitato di venire a contatto con progetti musicali femminili, o comunque con leadership femminile come il nostro, per ora abbiamo sempre percepito intesa, confronto e sostegno. Collaborare e confrontarmi con progetti musicali come Giorginess, Via dell’Ironia e La Complice è stato molto arricchente. Però non è abbastanza: stiamo lottando per prenderci dello spazio fuori dai canoni e dalle modalità che fino ad ora ci sono stati concessi, e lo stiamo facendo in un mercato ancora troppo maschile; questo vale nella musica come in tutti gli ambiti della società. La strada è ancora lunga, ma sento dentro di me e nelle persone che mi circondano sempre più voglia di percorrerla, lentamente ma con determinazione, a testa alta.

  1. Ci sono dei temi che sentite come tabù nel vostro progetto? E non avete mai la sensazione di dire troppo di voi in un brano? 

Da autrice dei brani spesso ho il timore di mettermi troppo a nudo attraverso musica e testi, ma poi ricordo che il motivo per cui scrivo è che altrə musicistə, ognunə a modo loro, hanno fatto lo stesso, e così facendo mi sono arrivatə dritti al cuore: mi hanno ispirata, consolata, abbracciata, rinvigorita con la loro onestà e la loro forza. Io mi considero una persona e un’artista senza tabù, a mio parere sono solo dannosi: comunicare apertamente, confrontarsi su qualsiasi cosa porta alla crescita e alla conoscenza. Per questi motivi preferisco essere onesta e schietta nella musica come nella vita, e parlare di tutto, anche di argomenti ritenuti “scomodi” o politici; citando Nina Simone “Il dovere di un artista è riflettere i tempi” e sono totalmente d’accordo con lei.

  1. Come avviene la composizione di un vostro pezzo? E com’è stato, in particolare, con “Nella mia testa”? 

Per ora ha sempre funzionato così: io scrivo i brani e li pre-produco da sola a casa, poi li ascoltiamo, cerchiamo di capire cosa potrebbe nascerne, e li cominciamo a scolpire ed elaborare in sala prove. Non escludo che in futuro potremmo provare approcci compositivi diversi, è bello cambiare. 

“Nella mia testa” è nata dalla sofferenza quotidiana, dal “fastidio sociale” e dalla frustrazione. Ci ho messo parecchio tempo a darle una forma presentabile, soprattutto per quanto riguarda l’arrangiamento: è una canzone molto sconnessa e nevrotica. Successivamente in saletta è cambiata ancora, e poi ancora, fino al punto in cui ci ha reso soddisfattə.

  1. Quale domanda avrei assolutamente dovuto farti ma non ti ho fatto?  E quale invece la risposta?

Forse qual’è la mia idea di successo. Nell’ambito musicale gira tutto intorno ai numeri: quanti ascolti fai su Spotify, quante persone riesci a raggiungere, quanti follower ha il tuo profilo Instagram, quanti post pubblichi a settimana e quante interazioni ottengono. E’ pesante e avvilente. L’idea di “successo capitalistico” ha rischiato di farmi passare la voglia di fare musica, di scrivere. Sto ancora lottando per ritrovare la purezza del gesto creativo, quella voglia di cantare ciò che sento dentro che avevo da bambina; solo che ora sono adulta, e mi è sempre stato detto che “sei fai qualcosa bene, mai farla gratis”, ed è un concetto che ti entra dentro. E alla lunga fa solo male. 

La mia idea di successo è fare in modo che la nostra musica arrivi alle persone senza perdere per strada quello “slancio originario” che, in primo luogo, ci ha portato ad avvicinarci alla musica.

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