Nero @Mikasa, Bologna

La bellezza può assumere diverse forme. Spesso siamo portati a ritrovarla nel volto di una persona, in un’opera d’arte, comunque in un’entità fisica e materiale che è capace di trasmetterci qualcosa, perché immediatamente percepibile.

La bellezza però può manifestarsi anche sotto un’altra veste, più eterea, meno tangibile, in grado di far provare, se possibile, emozioni ancora più forti.

E’ quanto accaduto questa sera grazie al live di Nero al Mikasa di Bologna.

L’artista milanese suona alcuni pezzi estratti dal suo disco Lust soul (autoproduzione, 2016), progetto solista, che vede la collaborazione di Daniele De Liberato (chitarra) e Enrico Buttafuoco (batteria).

La formazione oggi è incompleta; manca (purtroppo) la batteria, strumento fondamentale, ma evidentemente non essenziale per la riuscita del live: chitarre e pedaliere, insieme alla profonda voce di Nero, riusciranno a regalare una versione estremamente suggestiva ed intrigante dei brani eseguiti.

Si inizia poco dopo le 23, in un Mikasa non particolarmente affollato. Le luci soffuse del locale, le fioche fiamme delle candele, contribuiscono a creare la giusta atmosfera per il cupo rock di Nero.

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Death in June è il pezzo di apertura, che introduce anche il disco: un brano strumentale, dai riff sinistri, che suona come una sorta di premessa generale ai pezzi successivi.

No sense of crime, in questa particolare versione, graffia con il suo ritornello ossessivo, e trasuda tormento.

Nero si rivela un’artista dalle straordinarie capacità espressive. Dal vivo, come su disco, riesce a trasmettere quel senso di angoscia e sofferenza che permea tutto Lust soul. Il suo rock è sporco, ammaliante, e in Bleeding emerge tutta questa sua carica seducente, grazie a chitarre incalzanti ed urlanti uno splendido dirty blues.

Tratti malinconici, flussi nostalgici in Old demons, che giunge lenta e dolorosa, così come Tomorrow never comes, in cui la voce di Nero, diventa più cupa.

Un concerto breve, ma intenso. Complice l’imprevista formazione ridotta. Sicuramente la presenza della batteria avrebbe reso i brani più completi, e non avrebbe costretto a tagliare la scaletta di quei pezzi che difficilmente potevano essere eseguiti in una versione semiacustica (uno tra tutti, I’m the sin, che speravo di sentire).

Un live anomalo, dunque, ma non per questo meno coinvolgente, anzi: i pezzi di Lust soul sono giunti amari e disillusi, meravigliosamente oscuri, come ci aspettavamo.

Del resto, dagli imprevisti e dalle causalità possono nascere le cose più belle, e questa serata lo è stata.

 

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