Subconscio: dentro il “Daimon” di noi stessi
È tutto morbido, leggero, di quiete e di sintesi. Un suono che si copre appena di una polvere leggera, quel sapore di jazz e di lounge anacronistico, figlio di un’America glitterata cosmopolita, dentro cui tutto fluttua… visioni R’n’B, rap, quel flow d’autore che dipinge e non manifesta sfacciati eccessi. E tanto altro ancora nelle visioni che ho di un disco come “Daimon”. Rintraccio Subconscio, rintraccio Giulio Campaniello, raggiungo un punto di vista privilegiato per parlare di questo suo primo lavoro. Dal Gargano a Bologna, e in mezzo tutto il resto.
Partiamo dal suono che nella sua libertà metrica e compositiva sembra più strizzare l’occhio al jazz che all’HipHop… come la vedi?
Quando scrivo o compongo, non penso mai a una griglia o a un genere preciso, seguo il respiro. Il jazz e l’hip hop, per me, sono due facce della stessa libertà. L’uno nasce dall’improvvisazione, l’altro dal campionamento, ma entrambi cercano la verità dentro il groove.
E questa libertà che nasce dentro e che in qualche modo fa i conti con le regole… è la sintesi del dáimōn che abbiamo dentro?
Il Daimon, è quella voce che ti guida ma ti mette anche in crisi. Ti fa scegliere di non seguire la forma quando senti che la forma non ti rappresenta più. È un equilibrio continuo tra istinto e coscienza.
Restando sul tema, proprio parlando di quella libertà che prescinde dalle regole e dalle metriche imposte dalla forme, trovo che brani come “L’attesa” o come “La multa” – che sembrano appunto istantanee di suono catturato al momento – sono dei veri e propri manifesti in tal senso… cosa ne pensi?
Intanto, mi viene da dire grazie solo per averlo notato hahah! Per me registrare è come fotografare: se aspetti troppo, la luce cambia e perdi il senso. Lì c’è tutto il non-detto, il “fuori metrica” che spesso racconta più della parola perfetta. “L’attesa” È letteralmente un freestyle dei musicisti durante la fase creativa. “L’attimo” nasce in studio con Luzee, ci siamo lasciati ispirare da qualche disco e nel giro veramente di pochissimo è nata quella magia. La definisco così perché ogni volta che la riascolto, rivivo quel momento incredibile.
Che la memoria possa diventare una forma di profezia personale? Non trovo che ci siano conti con il futuro dentro questo lavoro…
“Daimon” ha uno scopo ben preciso. Non c’è previsione, c’è riconoscimento: capire da dove arrivi per non perderti quando ti muovi in avanti.
Il SUB è qualcosa che torna anche nel suono che forse deve molto al dub americano… peschi da quel certo ghetto e da quel certo “colore di pelle” per la tua musica?
Il SUB è la parte del suono che non senti con le orecchie ma con il corpo, quella che vibra nello stomaco e nel cuore. Le cultura Nera ha insegnato a tutto il mondo a sentire e viversi questo sentimento. Porto rispetto a quella storia, non la imito, ma la riconosco.
Quanto c’è di suonato e quanto c’è di futuro intelligente delle macchine?
Io credo che oggi la distinzione sia sempre più sfumata. Per la realizzazione di Daimon abbiamo unito due metodologie di lavoro completamente differenti. Ispirandoci: sia alle produzioni del passato ma con uno sguardo verso le possibilità che offre oggi la tecnologia. Le macchine sono solo un mezzo per arrivare al suono che si ha nella testa e possono anche aiutare a velocizzare e stimolare la fase creativa. Ma non deve essere l’unica strada!
Un video… sono passati mesi da quel “No Drama” con Claver Gold. Non è tempo di farne un altro? Cosa ne dici?
Sarebbe sempre bello realizzare videoclip simili ma a volte bisogna fare i conti con la realtà e con il budget a disposizione. Comunque, oltre a No Drama sono usciti tanti video, ma non ancora su YouTube. Abbiamo preferito concentrare tutto lo storytelling sul mio profilo Ig. Li trovate li :)))



