Roberto Benatti – Quest’inverno mi sposo
Ascoltare Quest’inverno mi sposo significa confrontarsi con una contraddizione solo apparente: Roberto Benatti è un musicista con un’esperienza solidissima alle spalle, contrabbassista dell’Orchestra del Teatro alla Scala, abituato a palchi, partiture e contesti di massimo rigore, eppure sceglie di presentarsi al cantautorato con un passo esitante, quasi pudico, come se fosse un esordiente qualunque. Non c’è alcun tentativo di capitalizzare il proprio curriculum, nessuna rivendicazione implicita di autorevolezza: al contrario, tutto il disco sembra costruito per ridurre la distanza tra chi suona e chi ascolta.

È un approccio che sorprende proprio perché nasce da una grande consapevolezza musicale. Benatti potrebbe permettersi arrangiamenti più complessi, soluzioni più ambiziose, ma decide invece di lavorare per sottrazione, scegliendo una forma-canzone essenziale, fragile, esposta. Le tracce di Quest’inverno mi sposo sembrano spesso sospese, come se avessero paura di occupare troppo spazio, e in questa timidezza dichiarata trovano la loro forza.
Il titolo dell’album è emblematico: Quest’inverno mi sposo non suona come un annuncio, ma come una constatazione intima, detta forse a bassa voce, forse non ancora del tutto assimilata. Il matrimonio diventa così una metafora più ampia, un simbolo di passaggio e di stabilizzazione, ma anche di dubbio, di accettazione di un tempo che non è più quello delle possibilità infinite. Benatti racconta questo snodo esistenziale senza retorica, preferendo l’osservazione dei dettagli, delle stagioni, delle piccole fratture quotidiane.
Dal punto di vista musicale, l’album si muove all’interno di un cantautorato classico, ma mai calligrafico. Gli arrangiamenti restano sobri, spesso trattenuti, e sembrano lasciare deliberatamente spazio al silenzio, alle pause, alle imperfezioni. È qui che l’esperienza orchestrale di Benatti emerge in modo più sottile: non come esibizione tecnica, ma come capacità di equilibrio, di controllo del peso specifico di ogni nota. Nulla è casuale, ma nulla è nemmeno ostentato.
La cosa più interessante di Quest’inverno mi sposo è forse proprio questa scelta di vulnerabilità. Benatti non si pone come “musicista che scrive canzoni”, ma come qualcuno che sta ancora cercando il proprio modo di farlo. C’è un senso di provvisorietà, di pudore, che attraversa tutto il disco e che rende l’ascolto particolarmente umano. Non è un album che cerca conferme o consenso immediato, ma un lavoro che si concede il tempo dell’ascolto lento e della riflessione.
In definitiva, Quest’inverno mi sposo è un disco che parla di inizio più che di arrivo. Un esordio che sceglie consapevolmente di sembrare tale, nonostante alle spalle ci sia una carriera musicale di altissimo livello. Ed è proprio in questa rinuncia all’autorità, in questo farsi piccoli davanti alla canzone, che Roberto Benatti trova una voce credibile e sorprendentemente sincera.



