Nevica Noise – Sputnik
Genere: eletttronica, noise, drone.
Protagonisti: Nevica Noise è il side project di Nevica Su Quattropuntozero, il produttore e musicista indipendente Gianluca Lo Presti.
Segni particolari: Sputnik fu il primo satellite artificiale lanciato in orbita dai Russi nel 1957 che rimase per sempre a girare a vuoto nello spazio senza mai tornare. Ma è anche un romanzo dello scrittore giapponese Haruki Murakami, La ragazza dello Sputnik dove vengono descritti gli amori di tre protagonisti che si rincorrono l’un l’altro girando per l’appunto come il satellite senza incontrarsi mai. Collaborano al disco anche Daniele Brusaschetto (musicista della scena industrial/noise torinese), Massimo Madesi e Alessandro Gomma Antolini. Sputnik è il primo capitolo di una trilogia musicale dedicata a Murakami.
Ingredienti: Sputnik è un viaggio interstellare; un viaggio continuo verso pianeti sonori sconosciuti e inesplorati. Le otto tracce che compongono il disco infatti presentano una spiccata attitudine sperimentale, in cui si combinano suoni distorti e rumorosi, elettronica ed effettistica di ricerca; il tutto prende vita e si sviluppa in una atmosfera cupa e a tratti inquietante. Così in Mother and daughter, nella clautrofobica title track, ma soprattutto in Sarin in cui basso e batteria assumono toni wave e post punk, e i synth appaiono come lamenti esasperati. Non mancano momenti più distesi, in cui si cede il passo a passaggi melodici, più caldi ed avvolgenti, come in The light side of the dark boy e in Crisalide d’aria, brano di chiusura che suona come un ritorno alla vita.
Densità di qualità: Come sopra detto, Nevica Noise gioca a sperimentare nuove formule sonore; infatti Sputnik è un album interamente strumentale, in cui non c’è spazio per le parole, ma solo per il suono che è unico protagonista. Si potrebbe cadere nell’equivoco di pensare che sia un lavoro asettico e freddo, un progetto nato e portato avanti esclusivamente come un personale esperimento musicale di un artista “multiforme” come Lo Presti, ma sarebbe appunto un equivoco. Dentro ad ogni distorsione, in ogni macchinazione si nascondono una pluralità di emozioni che prendono forma, diventano materia: una struttura complessa ed articolata che fanno di Sputnik un disco che sa di liberatorio. Non si tratta di pura ingegneria sonora, ma di un lavoro dove trovare la giusta dose di ossessione, disagio, rabbia, ma anche dolcezza e amore.
Velocità: Variabile, mai eccessiva.
La dichiarazione: “Ci voleva uno stacco liberatorio, un modo differente di approcciarsi al suono e alla composizione senza i soliti limiti imposti dai lavori a lungo termine, qualcosa di sostanzialmente poco pensato e che fluisse “dalla pancia” più che dalla testa, o meglio lasciare libero l’inconscio sonoro senza porvi alcun compromesso” (dal comunicato stampa, 2016).

