Radio Days – Get Some Action

GENERE: power-pop

PROTAGONISTI: Dario Persi (chitarra, voce), Omar Assadi (chitarra, cori), Mattia Baretta (basso, cori), Paco Orsi (batteria).

SEGNI PARTICOLARI: i Radio Days nascono nel 2003 da una costola dei Retarded, storico gruppo punk-rock di Voghera, e in pochi anni riescono a imporsi come una delle migliori band italiane di power pop. Hanno all’attivo già  2 Ep (‘Midnight Cemetery Rendezvous’ nonché uno split con i Nerves) e 2 album (‘Midnight Cemetery Rendezvous’ del 2006 e il penultimo, ‘C’est la vie’ datato 2010). Girano l’Italia e l’Europa, macinando più di 200 date e partecipando a festival di rilievo internazionale come il ‘Purple Weekend’ a Leòn, Spagna, l”International Pop Overthrow’ allo storico Cavern Club di Liverpool e il il Fuengirola Pop Weekend di Fuenigirola.
Non solo ricevono un’ottima accoglienza da pubblico e critica, ma hanno anche la possibilità  di dividere il palco con uno dei padri fondatori del power pop, Paul Collins. Questo gran bagaglio di esperienza lo riversano tutto nel loro terzo album, ‘Get some Action’, uscito nel 2013 con distribuzione globale: in Europa per Rock Indiana Records (versione CD) e Surfin Ki Records / Torreznetes Records (versione LP); negli Stati Uniti per la Insubordination Records e in Giappone per la Pop Out Records.

INGREDIENTI: prendete il vostro giradischi e rispolveratelo. I Radio Days riescono a creare un perfetto equilibrio tra le loro origini punk e le melodie beatlesiane degli anni ’60. Energia, beat pop e rock tra ritornelli a presa rapida. ‘Get some action’ riprende le melodie del primo Costello, i riff accativanti dei The Knack, la grinta dei Rubinoos e dei Big Star creando un power pop frizzante che non sa di plagio. Il risultato sono 11 tracce originali che non tradiscono mai il loro genere, immerse nel pop ’60 non stonerebbero in un jukebox, tra una lento ed un twist.
I Radio Days danno inoltre dimostrazione della loro maturità  artistica con un’ottima produzione, dei suoni puliti e una capacità  compositiva sorprendente. Le canzoni suonano semplici, ma mai scontate, capaci di guadagnarsi l’attenzione dell’ascoltatore variando dal power pop puro a ritmi pop punk e classiche ballad. Riportare in vita un genere di musica senza tempo come questo, è infatti frutto di una grande competenza e la bravura della band milanese sta proprio nel rendere così naturale e spontaneo un disco che in realtà  è il risultato di un lavoro minuzioso e di tanta esperienza.
Un album che (almeno in questo periodo) è come una boccata d’aria, immersi come siamo nei tempi moderni, tra le luci della città  e quelle della ribalta. ‘Get some action’ ci offre un po’ di spensieratezza. Consigliato vivamente agli amanti del periodo ’64-’66 dei Beatles; consigliato a tutti come miglior album power-pop di quest\’anno.

DENSITÀ DI QUALITÀ: ‘Burning Togheter‘ irrompe con un energico drum beat e un rock’n roll solare e travolgente, il power pop puro segue nella seconda traccia ‘Girl, Girl Girl‘ e nella quinta ‘Love And Fun‘, quando ormai sono tutti già  in pista a muovere i fianchi a ritmo di twist. Arriviamo alla canzone che dà  il nome all’album ‘Get Some Action‘, un singolo facile con il suo ritornello scanzonato e, a presa diretta, \”Yeah, Yeah, Yeah\”!, che fa il paio con ‘I’ll Be Your Man‘, condito da coretti e un ritornello facile e accattivante. Il disco prosegue con melodie più rilassate, in una dolce e appassionata ‘One Thousand Mile Away‘. Il nome ci fa tornare in mente i Plimsouls con la loro ‘A milion miles away‘ e le sonorità  richiamano i Cherry Twister.
Si avanza con ‘Everything Floats‘, una delle tracce migliori dell’album. La voce di Dario suona limpida, immersa in un pop dolce che fluttua nella psichedelia. L’ottava ‘Goodbye My Lover‘, facile da intuire, parla di quando ci si lascia, e lo fa con classe e ispirazione McCartyana. Il testo porta con sé quel retrogusto ‘dolce’ che accompagna la fine, quando la strada ancora non giunge ad un bivio, e quello che conta è ancora vederlo/a sorridere (‘let me see you smile‘). Seguono due tracce dal suono più rock: ‘Don’t Play With The Fools‘ e la potente ‘Don’t Break My Heart‘, che accelerano il ritmo dell\’album rendendolo più aggressivo e distante dalle sonorità  alla Beach Boys e del primo Costello che potevamo riscontrare nelle prime tracce.
L’album chiude con la bellissima ‘My Dreams On The Ground‘. Una ballata acustica, perfetta nella sua semplicità . Un sound malinconico e un delicatissimo arrangiamento di archi la rendono il sublime finale di quest’album. Si balla abbracciati, stretti, e con questa colonna sonora si punta spavaldi anche al bacio.

VELOCITÀ: Ciò che rende grande quest\’album è anche la sapienza nell\’equilibrare brani dal ritmo veloce e salterino a brani più dolci e delicati, vere piccole gemme dell\’album. Ognuna delle undici tracce risulta orecchiabile e coinvolgente nel suo gusto retrò fin dal primo ascolto.

IL TESTO: ‘The city seems locked, the night light is making the sound…the sound of my dreams on the ground.‘ da ‘My Dreams On The Ground‘.

LA DICHIARAZIONE: ‘Per quanto riguarda il nome, Radio Days rievoca un periodo figo della storia della rock’n’roll, quando ascoltare musica alla radio era possibile e soprattutto esaltante. Più che di un reale periodo storico, si tratta di sensazioni e di immagini collettive che rievocano tempi spensierati, voglia di trasgressione e una sorta di malinconia/nostalgia per i tempi andati. Energia e melodia. Unâ’altra risposta potrebbe essere: per via del fantastico film di Woody Allen.\’, intervista del 2011 su EnquireMag

UN ASSAGGIO: ‘Get Some Action’

IL SITO: radiodays

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