Caron Dimonio – Solaris

Genere: new wave, post punk, elettronica.

Protagonisti: Giuseppe Lo Bue (chitarra, voce, synth, piano) e Filippo Scalzo (basso). Partecipano al disco anche Emilio Pugliese (batteria acustica in alcuni brani), e Christian Rainer (voce nel pezzo finale dell’album).

Segni particolari: Dall’incontro tra Giuseppe Lo Bue (cantante e chitarrista nei Dna2) e Filippo Scalzo (bassista dei Black Veils) nascono i Caron Dimonio. Il progetto, prende vita alla fine del 2012, ma si consolida solo nel 2013, grazie al contributo tecnico di Gianluca Lo Presti (Nevica su 4.0 e titolare della Disco Dada Label), il quale si occupa della produzione del loro primo demo EP Gestalt. Il duo bolognese condivide il palco con gruppi del calibro di Soviet Soviet, The KVB e Chameleons (si, proprio loro). Nel marzo 2014, pubblicano il loro primo album Gestalt, registrato presso il Lotostudio di Ravenna. Alla regia, la mano e la mente, ancora una volta, di Lo Presti. Il 18 marzo 2016 esce Solaris. Inutile dirvi chi si è occupato della produzione.

Ingredienti: Le lievi note di un piano si fondono a synth eterei, creando un ambiente sognante in Solaris, opener del disco. Il sogno dura ben poco: la successiva Imago Mortis è un incubo ad occhi aperti della durata di sette minuti. Suoni metallici e pneumatici, macabre frasi recitate in latino, trascinano chi ascolta in un luogo cupo e sinistro. Un pezzo da sentire a volume obbligatoriamente alto, anzi altissimo. Il disco prosegue con brani stile Caron Dimonio, che si caratterizzano per le loro liriche decadenti ed ermetiche (in cui tutto è lasciato alla capacità di analisi ed interpretazione dell’ascoltatore più visionario), e per la loro solida struttura, che si regge su pilastri ritmici eccellenti. Impossibile non rimanere catturati dai robusti giri di basso, a tratti incontenibili; dalla tensione ritmica, a volte quasi nervosa ed elettrica. Si, perché in Solaris troviamo un’alternanza atmosferica di turbolenze disturbanti, grazie ad una maggiore intromissione dell’elettronica (Imago mortis, Siamo sassi) e ambienti sonori più distesi (E’ un mare, Nuit sans fin). Siamo sassi è una vera e propria ode alla solitudine; ci ricorda che tutti siamo inesorabilmente soli a questo mondo. Pezzo estremamente elettronico, ipnotico, che richiama i primi Bluvertigo. Acido nichilismo, distopiche visioni che si scompongo e ricompongono in La qualità del nulla, e si precipita in un vortice sonoro infinito, senza via di uscita. Chiude il disco Nuit sans fin, in cui si oltrepassa la dimensione della realtà sensibile.

Densità di qualità: Il testamento emotivo di Solaris è la disillusione ed il pessimismo, l’inquietudine e la nevrosi; una sorta di “No future” di pistoliana memoria, che prende la forma di un postpunk deformato dall’elettronica. Se già Gestalt aveva colpito positivamente per il potenziale del duo bolognese, Solaris appare un disco più maturo: sopravvive un’estetica minimalista, ma non può non notarsi una ricerca melodica e una sperimentazione nei suoni.

Velocità: Variabile. Attimi piacevolmente ossessivi alternati a momenti meno sostenuti.

Il testo: ““Luci sul fondo il nulla schiaccia/ Aprendosi precipita su noi
Aprendosi precipita/ Solitudini schermi specchi profondità/ Milligrami nubi torneranno/ Sfioriremo il film durerà senza di noi/”
” (da La qualità del nulla).

La dichiarazione: “I testi sono in primis un’esperienza sonora, le tematiche affrontate vanno lette attraverso una chiave visionaria e surreale, il contenuto raggira la comprensione per penetrare direttamente nell’inconscio. L’inconscio è strutturato come un linguaggio, è come una rete che funziona secondo una logica, anche se non è quella dell’io cosciente. Il campo simbolico da lui creato produce degli effetti sul soggetto. L’inconscio è inteso come un’altra logica che funziona all’insaputa o quasi del soggetto” (Caron Dimonio, 2016).

 

 

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