Nodo Prusik: a fuoco la pubblica piazza
C’era nostalgia della libertà di stampa, di parola, di suono e di opinione. Che poi non capiamo mai che il problema non è l’essere liberi di dire o di fare… quanto, oramai, che quel che facciamo e diciamo arrivi alla gente. Pensateci… e ci pensa molto da vicino il progetto Nodo Prusik che sputa veleno dentro un esordio discografico dal titolo “Transeunte” che ci arriva da La Chute Dischi di Firenze. Veleno rock, retaggi punk, libertà digitale. One Man Band a firma di Elias Goddi che non ci sta all’omologazione e inneggia rinascita e rivoluzione, tutt’altro che resilienza. Un disco da ingoiare a stomaco pieno… lontano dalle abitudini. Poca estetica pop, poche soluzioni ruffiane per i praticanti del main stream. A fuoco la pubblica piazza… in fondo La Chute Dischi non ha mai badato alle mode del momento!!!
Come nasce tutto? Da solo… in solitudine… da quali strumenti…?
Solo. In solitudine assoluta e da una chitarra da combattimento, campioni, synth e foglietti volanti con frammenti e deliri. Tutto questo per buttare giù le idee. Poi si comincia a costruire o a de-costruire.
E quanta rabbia e “solitudine” sociale (che significa anche diversità, sentirsi fuori posto) ci vuole per un suono e per delle liriche simili?
Ma in realtà basta essere figlio unico. Se da bambino per gioco cominci a studiare atteggiamenti, pose, discorsi triti e ritriti, a 40 anni hai abbastanza materiale per costruire qualcosa. Scherzi a parte, solo una persona insensibile può rimanere indifferente a questo mondo e non essere arrabbiato, ma comunque nei pezzi c’è anche parecchia ironia altrimenti non si potrebbe sopravvivere.
E se il nodo che viene sollecitato si rafforza, nel fallimento personale che cosa accade?
Se ho capito la domanda, lì credo che ci sia un problema. Più si cerca di liberarsi e più il nodo stringe. Il fallimento va assecondato apparentemente, poi va trovata una terza via.
Con Federico Coppola cosa e quanto avete condiviso di questo suono?
Abbiamo condiviso tutta la fase di produzione, gli ho portato i demo che avevo fatto e gli sono piaciuti. Da lì abbiamo iniziato a lavorarci insieme, dalla prima all’ultima fase. Federico è stato una presenza fondamentale, non solo per la bravura da un punto di vista tecnico ma anche perché quando ha capito che direzione volevo prendere con i pezzi non ha mollato un solo istante. Non è che a un certo punto ha preso il tutto e ha fatto di testa sua, ha saputo ascoltare attentamente prima di organizzare il lavoro. Una dote che può sembrare una sciocchezza ma non lo è per nulla.
Ascoltando soluzioni davvero underground come quelle del brano “sfondamento delle linee di difesa” ritrovo molto evidenti gli ingredienti di progetto come I Bachi da Pietra. C’è un qualche tipo di collegamento?
A parte la grande stima che ho per loro credo proprio di no. Sicuramente sono affascinato anch’io da quel tipo di atmosfere.
Ma che delirio punk è “Il punto di vista di Dio”? Punk fino al midollo… ma anche Metal, ma anche rock… un giudizio così perentorio aveva bisogno di suoni così apocalittici?
Si, assolutamente. Se c’è un dio minore incazzato con il nostro bel marcio paesello devi accoglierlo nel migliore dei modi.
Che poi se il nodo stringe quando stiamo cadendo, in questo disco sembra non ci sia soluzione per noi che stiamo finendo nel baratro sociale… o sbaglio?
Noi siamo spacciati, ma il bello è che lo siamo sempre stati. Però io non ce la faccio a vedere tutto nero, non me lo posso permettere. Devo trovare una via d’uscita, è per questo che, come ti dicevo poc’anzi, nel disco c’è anche l’ironia e finisce con un pezzo come Quattro haiku.
https://open.spotify.com/intl-it/album/5uYnCm6kpMrkjuv9h6ePyq?si=iE1bp20uTEGVUsk_CPb4uA

