Intervista – Maelstrom

Ha preso finalmente il largo la musica di Maelstrom, che dopo una gavetta niente male e un percorso fatto di resistenza e sudore è riuscito a far uscire dal porto il suo veliero musicale: “R.R.”, nome in codice di “Rubino Rosso”, è il nome di un vascello che sembra ben deciso a portare il cantautore piemontese verso nuovi orizzonti.

Maelstrom, “R.R.” è il tuo nuovo disco: come definiresti questo tuo esordio sulla lunga distanza? Quali sono le prime parole che ti vengono in mente per raccontarcelo?

Mi piace definirlo il primo molo in cui ho fatto porto prima di prepararmi ad una nuova partenza.
Le prime parole che mi balzano in testa sono sicuramente mare, pirati, rivolte, amore.

Da dove nasce il progetto Maelstrom? Anche il tuo nome d’arte suona piuttosto evocativo…

Maelstrom deriva da “Malen” (girare) e “stroom” (corrente), e fa riferimento ad un vortice delle acque marine che si verifica spesso nei mari del nord.
È un pò una metafora del mio modo esprimermi attraverso la musica le parole che si fondono insieme come in un gigantesco turbine d’acqua e deriva dunque dall’amore ancestrale che mi lega al mare e alle leggende ad esso connesse.

Il mare sembra davvero essere il collegamento efficace a creare un filo rosso tra le tracce pubblicate e quelle di un disco in cui l’elemento acquatico è davvero protago- nista, come abbiamo capito fin dagli inizi della tua comunicazione. Che rapporto hai con il mare, perché è così centrale nelle tue storie? Eppure vivi in Piemonte…

Vivo in Piemonte da sempre in effetti, se non fosse che sono nato al mare ed è il luogo dove risiede la casa dei miei nonni e dove trascorro in sostanza tutti i natali e le estati ormai da 23 anni a questa parte.
Il mare è la prima cosa a cui penso quando tento di spiegarmi che cosa significhi sentirsi liberi, cosa sia in effetti la libertà.

Il fascino sconfinato che alberga in quella che è poi l’unica zona incontaminata dall’uomo, per lo meno sotto una certa profondità, è sempre stata per me fonte di immensa ispirazione.
Il mare separa, il mare unisce.

Il mare ascolta. Il mare guarisce.

Parliamo un po’ di “R.R.”: il potere evocativo del disco era già emerso dal trailer pubblicato qualche giorno fa… cosa significa “R.R.”?

“R.R.” sta per Rubino Rosso, il nome che io e mio fratello avevamo dato alla nave costruita nel giardino dei nostri nonni quando eravamo piccoli e per Round Rubin, ovvero il nome della pratica di ammutinamento della ciurma ai tempi d’oro della pi- rateria e consisteva nello scrivere il proprio nome su di una pergamena e lasciar fare lo stesso al resto della ciurma fino a formare un cerchio, in modo tale che se il capita- no fosse riuscito a sventare l’accaduto prima che andasse effettivamente in porto non potesse essere in grado di risalire al primo membro che aveva deciso di prendervi parte.

Era il tentativo da parte dei marinai di manifestare il proprio dissenso collettivo verso le tirannie dei capitani.

La tracklist presenta brani con titoli particolari, che sembrano presi da gerghi altri… ci presenti le canzoni che compongono il disco?

Vado in ordine.
“Cremisi” è una particolare tinta di colore rosso, che contraddistingue la luna alcune sere d’estate e che ho personalmente sempre visto da casa dei miei nonni in Calabria ed è un pò il vero e proprio mantra del disco. Racconta della mia felicità e del mio stupore di quando ero piccolo, anche solo nel veder saltare una pietra sull’acqua.
Un invito ad immaginare il percorso che può aver fatto quella pietra anche ora che posso definirmi “cresciuto”.
“Bassa marea” racconta della voglia di ridare voce a rivolte interiori che sembravano essersi spente.
Michelle invece è una citazione rivisitata ad una canzone di Claudio Lolli che si intitola “ Ti ricordi Michelle” e parla di un amore che nasce alla fine del liceo. Le sue paure, le aspettative, i suoi “e poi che si fa?”. “Coralli” è un pò la voglia di imbarcarsi verso un viaggio nuovo, con i timori che conseguono l’ignoto. Si dice che alcuni marinai si imbarcassero muniti di coralli che avevano lo scopo di curare il mal di cuore e ingraziare la sorte.
“Ombra” è un dialogo interiore, tra un me di un presente che sembra essersi smarrito e un me del passato che tenta di gridare più forte per farsi ascoltare, ancora. È fortemente legata ad un personale periodo scuro a livello psicologico di questi ul- timi tempi. “Etesia”, la più grunge e rabbiosa del disco prende il titolo dal nome di uno dei venti che compongono la rosa. Una riflessione sulla velocità con cui corre il nostro tempo e sulla mercificazione dei sentimenti.
“Amotinar”, che deriva dallo spagnolo e significa letteralmente “ammutinare” nasce da un viaggio in cui ho suonato per le strade a Roma con un amico.
Abbiamo incontrato le personalità più disparate e una sera in particolare un passante si è emozionato nel sentirmi cantare, mi ha lasciato una birra sul tavolo ed è scomparso.

Una volta rientrato a casa da quest’esperienza incredibile ho dovuto buttare giù un testo ed eccoci qui.
“Dove finisce il cielo” invece è una delle prime tracce che ho scritto e rappresenta una serie di domande che mi pongo spesso da diversi anni come ad esempio “dove guarderesti, se il firmamento fosse una bugia?”.

“R.R.” che prende il nome del disco e si pone come traccia conclusiva è la soundtrack del video promo e dal momento in cui inizia e finisce con il suono del mare non poteva che essere la chiusura migliore dell’album.

Tra le canzoni, ci ha colpito ad esempio “Etesia”, che è un manifesto personale non da poco… cosa spinge Maelstrom a scrivere un testo? Quanto c’è di terapeutico nella tua musica?

Scrivere è un pò un atto di resistenza. Nei confronti di un mondo frettoloso, che non lascia spazio all’interpretazione. È anche il modo in cui cerco di leggere questo mondo e di relazionarmi con esso. Ho sempre trovato fortemente terapeutico scrivere. La stesura del testo “Ombra” ad esempio è stato il momento in cui sono riuscito a sol- levarmi da un peso che mi affliggeva la mente da diverso tempo. Devo tantissimo perciò ai testi di questo album.

Invece, in “Michelle” collabori con Apollo Quattro. Ci racconti com’è nata la cosa?

Ho scoperto il progetto di Andrea (Apollo Quattro) dopo un concerto di apertura a Rares questa primavera.
Un mio amico, che quella sera suonava con me mi disse “Ci stava guardando Apollo Quattro, è stra forte”. Sono andato a cercarlo su Spotify il giorno dopo e mi è subito piaciuto un sacco. Così mentre riascoltavo la pre-prod di “Michelle” mi sono detto: “Cazzo, sarebbe figo dividere il pezzo con lui”.
Gli ho scritto, e voilà.

Maelstrom, grazie del tuo tempo. Lasciamoci con un paio di consigli: tre dischi di artisti non troppo conosciuti che meritano di essere scoperti!

Grazie a voi!
Dunque come primo nome direi subito Lauryyn, che ha pubblicato un EP bellissimo proprio il giorno d’uscita di R.R. e si chiama “Intro”. Poi “Ma tu” dei Tamè e anche se non ha ancora pubblicato un disco ma è un progetto stupendo direi Francamente.

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