Intervista : LOSTATOBRADO
In occasione dell’uscita del nuovo album abbiamo fatto qualche domanda a LOSTATOBRADO, collettivo di musica elettronica sperimentale attivo da qualche anno. Il loro secondo lavoro, Ahimè, in cui mischiano elettronica, sperimentazione e cantautorato, è molto interessante e originale.
Abbiamo chiesto ai tre componenti principale del collettivo qualche approfondimento anche riguardo al loro progetto.
IR: Da quale urgenza nasce “Ahimè”?
LSB: Dalla stessa con cui facciamo più o meno tutto. Voglia di sperimentare e provare a vedere cosa succede unendo e disunendo mattoncini.
IR: Dire che l’album “prova a parlare di tutto, ma sarebbe meglio dire che non parla di niente” è una
contraddizione che riflette la realtà che raccontate?
LSB: Può essere. Tutto e niente si assomigliano.
In questo lavoro discografico, non c’è stata mai l’intenzione di fornire “soluzioni”. Abbiamo solo provato a
rappresentare la realtà secondo i nostri occhi e le nostre orecchie.
IR: La vostra musica è definita “elettroacustica post-agricola”, un’etichetta-non etichetta. Cosa racconta
questa definizione del vostro rapporto con la tradizione, la tecnologia e il paesaggio in cui vivete?
LSB: Questa definizione è un gioco (non uno scherzo). È un titolo che ci siamo dati per celebrare la nostra
provenienza da province abbandonate.

IR: Il disco dà grande importanza all’immagine, fino all’uso dell’intelligenza artificiale per generare
suggestioni visive. Che rapporto c’è tra suono, immaginazione e visione nel vostro processo creativo?
LSB: L’uso dell’IA è stato ingenuo e giocherellone. La generazione di immagini è stata un supporto alla
composizione. Soprattutto con i modelli di IA più vecchi e meno performanti. Le immagini che generavamo dandole in pasto suggestioni legate ai brani del disco erano mostruose, deformi e di grande ispirazione.
Il suono per noi è drammaturgia, immagine, evocazione. Ogni parte musicale durante la scrittura evoca
(almeno a noi) qualcosa.
IR: Ahimè è attraversato da una forte tensione emotiva e drammatica, spesso con un tono tragicomico.
Quanto c’è di istintivo e quanto di costruito in questo equilibrio tra controllo e caos?
LSB: Tanto istinto e buona dose di razionalità. In musica si dev’essere capaci di dare spazio ad entrambe le cose, seppur contraddittorie. Scrivere da ubriachi e correggere da sobri diceva qualcuno.
IR: L’album è ricchissimo di suoni non convenzionali: dallo stormo di oche al clacson in Islanda, fino a
strumenti antichi come l’organo mesotonico del 1551. Come nasce la scelta di questi elementi e che ruolo
hanno nella narrazione del disco?
LSB: La scelta è conseguenza della nostra ossessione per il suono in generale e per gli strumenti. Qualunque cosa può diventare materiale musicale. Più che dalla narrazione, sono legati ad una sensazione istintiva.
IR: La struttura circolare delle otto tracce sembra suggerire un ciclo vitale: dalla nascita al dolore, dalla
morte fino alla reincarnazione nella natura. Era un disegno consapevole fin dall’inizio?
LSB: No, ce ne siamo accorti durante una sessione di studio. Grazie allo schema del viaggio dell’eroe, pareva che affiorasse un senso dal nostro lavoro discografico.
IR: Il riferimento al “Maggio Drammatico” e l’idea del mondo come palcoscenico tornano anche nella
cover dell’album. Che significato ha per voi il tema della maschera e del “ruolo da recitare” nella vita di
oggi?
LSB: Il mondo epico, “secondario”, il mondo di scena, del palco, dei racconti e delle storie ha una grande
influenza sulla nostra vita “reale”. Ognuno di noi è una maschera, un personaggio. Conoscere le fiabe, le
storie, i racconti, l’epica, la mitologia, il romanzo, l’opera, il teatro popolare ci sembra che renda la realtà più reale.

IR: Il titolo Ahimè richiama anche l’omonimo film del 1983 realizzato con pazienti psichiatrici. Che tipo di
dialogo si crea tra quel tentativo di rispondere alle domande dell’esistenza e il vostro album?
LSB: Il dialogo è anche di tipo familiare. Il regista di quel film è il padre di uno di noi.
Il film ci ha parlato, a tutti e tre in modi diversi. L’omonimo titolo rispecchia quello che cercavamo, una
formula magica, una parola apotropaica, onomatopeica.
IR: Dopo Canzoni contro la ragione e ora con Ahimè, sembra emergere un percorso sempre più libero
e radicale. Dove sentite di essere arrivati come band e cosa vi piacerebbe ancora mettere in discussione?
LSB: Vorremmo scendere ancora di più nel tunnel di ricerca sonora che stiamo scavando. Forse troveremo
qualcosa, forse ci crollerà addosso.



