Interview – Riccardo Gileno
É disponibile da venerdì 2 maggio 2025 su tutte le piattaforme digitali (per Mahogany Songs), il nuovo EP del musicista e songwriter Riccardo Gileno. Metà croato e metà canadese, di stanza a Trieste, la città che già dal nome (dall’etimologia di “terg”, mercato) rappresenta un luogo di scambio e contaminazione, Riccardo Gileno torna ad offrirci il suo personalissimo sguardo internazionale, con disco dal titolo “From Beginning To End” – già anticipato dal brano “No need (big house in Malibu)” uscito il 10 aprile.
Riccardo Gileno presenta qui un nuovo e intimo progetto, un timido manifesto di valenza universale: sei brani che raccontano esperienze comuni — il dubbio, il desiderio, l’attaccamento ai ricordi, la perdita e la rinascita — in un percorso che appartiene inevitabilmente a ciascuno di noi. Il suo sound, di chiara impronta folk e cosmopolita, si distingue per l’essenzialità emotiva varcando ogni confine, anche della scena italiana.

La sua musica sembra provenire da un’epoca in cui non si cercavano tormentoni e ritornelli per andare virali su Tik Tok, e noi ce ne siamo innamorati.
Quali sono le tue influenze musicali, c’è qualcosa che, ascoltandoti, non diremmo mai?
I miei ascolti sono davvero molto vari, ogni tanto pure troppo! Forse, ascoltando la mia musica, nessuno crederebbe mai al fatto che ho un passato da DJ e che considero i Daft Punk delle divinità scese in terra. Per quanto riguarda però le mie influenze principali, direi Niccolò Fabi, Asgeir, Jeff Buckley.
La tua musica è profondamente introspettiva e autentica. C’è un momento preciso in cui hai capito che scrivere canzoni era il tuo modo di esprimerti nel mondo?
Non è stato un momento preciso, ma è partito tutto finito il liceo. Il periodo dei vent’anni è stato caratterizzato da un’amplificazione emotiva che prima forse non avevo, e che mi ha regalato il bisogno di esprimere ciò che sentivo in musica. E per fortuna, perché è soddisfacente e terapeutico.
Nei tuoi testi si percepisce spesso una forte connessione con le emozioni quotidiane e la fragilità umana. Da dove prendi ispirazione per raccontare questi frammenti di vita?
Sarà banale, ma davvero da qualsiasi cosa. Con il passare degli anni, sono sempre più attento a ciò che mi circonda e a ciò che succede intorno a me. La vita quotidiana regala innumerevoli spunti, poi sta a noi farli nostri ed elaborarli.
Hai dichiarato più volte di essere molto legato alla dimensione acustica e minimale. Quanto conta per te la semplicità negli arrangiamenti e cosa cerchi di trasmettere con essa?
La dimensione minimale mi piace perché attrae l’ascolto di chi ho davanti. Non mi piace l’idea di far “sentire” la mia musica, io desidero che la mia musica venga “ascoltata”, che è molto diverso. Non nego però che è anche una questione di comodità. Fare un tour con la band è il sogno della mia vita, ma è estremamente difficile a livello logistico ed economico.
La scena cantautorale italiana è in continuo cambiamento. C’è qualche artista con cui ti piacerebbe collaborare o da cui ti senti particolarmente influenzato?
Tralasciando Niccolò Fabi che ho già menzionato, mi piacerebbe molto collaborare con Marco Castello. Trovo sia un cantautore estremamente completo e la sua musica mi entusiasma.
Guardando al futuro: hai un sogno artistico che ancora non hai realizzato, qualcosa che speri di raggiungere nei prossimi anni?
Come dicevo prima, esibirmi in un tour con date importanti, possibilmente con la band. Io faccio musica principalmente per questo, per il contatto diretto con la gente. Passare il tempo in studio è bellissimo, ma per me non c’è paragone con le esibizioni live.
Quale domanda avrei assolutamente dovuto farti e invece non ti ho fatto? Quale invece la risposta?
D: Come stai? R: Abbastanza bene, grazie!