Jim Mannez – Rock ’n’ roll della fragilità e dell’appartenenza (Lyric Video) + mini intervista

Sono passati, purtroppo, dieci anni dal terribile attentato del Bataclan, a Parigi. Visto che è sempre giusto ricordare anche questi momenti tragici, senza nascondere la testa sotto la sabbia, Jim Mannez ha deciso di portare alla luce un brano che era stato scritto proprio nei giorni successivi. Il titolo è Rock ’n’ roll della fragilità e dell’appartenenza e noi siamo onorati di ospitarne il lyric video. L’etichetta è la Gastarecords.

Abbiamo anche rivolto alcune domande all’autore, per contestualizzare meglio la canzone sia a livello storico che in relazione al nuovo capitolo discografico, previsto per l’inizio del 2026.

Mi sembra che la canzone rappresenti una forte unione di emozioni intense, come rabbia, frustrazione, voglia di reagire di nervi e di pancia. Vuoi dirmi di più su questo?

La canzone rappresenta tutte queste emozioni molto forti per un semplice motivo: è stata scritta esattamente dieci anni fa, non più di qualche giorno dopo l’attentato al Bataclan. È infatti nata come canzone di protesta alla “Ohio” di Neil Young, l’obiettivo primario era quello di pubblicarla il prima possibile. A quei tempi io suonavo ne Le Madri degli Orfani ed in effetti una versione, molto più punk, del brano era già stata presentato qualche volta dal vivo, ma nulla di più. Rock’n’Roll della fragilità e dell’appartenenza è uno dei due brani del futuro album in uscita nel 2026 a non essere stato scritto recentemente.

Ripensandoci oggi, purtroppo questo del Bataclan è stato l’atto terroristico che più ha ottenuto lo scopo di creare terrore nelle persone. Probabilmente perché la musica viene vista come un rifugio particolarmente accogliente per chi la vive, da performer e da spettatore. Cosa ne pensi?

La musica non è solo un rifugio accogliente, ma spesso una vera e propria ancora di salvezza. L’attentato, togliendoci quell’ancora, ci ha fatto andare a fondo. Fortunatamente il naufragio è stato solo momentaneo e la musica è riuscita a risollevarsi e a riprendersi il suo ruolo nella nostra società.

Uno dei momenti post attentato che più mi ha fatto sentire male è stato quando il cantante degli “aquilotti” ha detto che, in fondo, se ognuno degli spettatori fosse stato armato, l’attentato non sarebbe riuscito. Come ti fa sentire una presa di posizione del genere?

Quando sentii la notizia fu una seconda “piccola morte”, come se la prima, quella dell’attentato, non fosse già stata dolorosa a sufficienza. Con gli anni sono poi riuscito a smettere completamente di impersonarmi in qualsiasi musicista od artista. Se da Elvis a Ryan Adams, da Phil Anselmo a Laura Jane Grace, delusioni ce ne sono state, sono state minime, riconducibili spesso ad una società in cui questi “eroi” sono vissuti senza però aver da parte mia il bisogno di giustificarli per niente. Jesse Hughes è uno statunitense fanatico delle armi? Penso sia qualcosa della sua cultura in cui io non riesco a rispecchiarmi più che nell’attentatore che vuole distruggere l’Occidente in quanto culla del diavolo.

La canzone anticipa il tuo nuovo disco. Rispetto a quello prima, qui noto un suono più saturo e carico. Cosa dobbiamo aspettarci dal resto dell’album?

Sarà un album sotto molti aspetti diverso rispetto a quello d’esordio. Innanzitutto sarà interamente acustico: due chitarre, un contrabbasso, armonica, voci, battiti di mano, un bongo, un pianoforte. Nient’altro. In secondo luogo è stato esplorato soprattutto il lato più filologico e contemporaneamente intimo dal sottoscritto. Come a dire: alla fine tutto ciò che mi ha formato musicalmente viene dal folk, che sia più ballabile, più arrabbiato o maggiormente romantico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *