Roccia Ruvida: LOSTE

Si hai ragione caro Stefano Morandini detto LOSTE, dovevo essere più cattivo visto che hai sfoggiato intelligente ironia per tenere botta. Anche se, come sempre, tutti cadete su due cose sempre uguali: l’allegoria che non viene colta (forse, sempre se non sono io ad aver capito poco e nulla delle risposte) e (di questa son sicuro) il tema su SPOTIFY!!! Lavoro o no, è un paradosso che giustifichiamo tutti senza alcun tipo di giustificazione. LOSTE arriva con un lavoro personale titolato “Postumi”. Si respira quel punk che sin dalle prime note riecheggia anche i più moderni Decibel di “My My Generation”. E l’alcool, i postumi e le birre direi che sono l’allegoria giusta per denunciare questa vita di paradossi… o sbaglio?

Prima di tutto parliamo di punk. Come a dire: si stava meglio quando si stava peggio? E con uno stile così “vecchio” come pensi di parlare alle nuove generazioni?
I giovani non mi cagano, e infatti sono qui a parlare con te. Volevo appunto fare un disco trap pieno di versi, ma poi mi sono reso conto di essere troppo vecchio e ne ho fatto uno punk. Comunque pieno di versi lo stesso. Ma in ogni caso non mi avrebbero mai capito.

Postumi… loste… le foto e la copertina… rimandi di taverna e le bionde che fanno male… insomma, inneggiare all’alcool va sempre di moda, vero?
Disco ascoltato attentissimamente vedo… Sì, comunque W la birra, W le sbronze e W la f… No, questo non si può dire. Statisticamente viviamo in uno stato formato da circa 5 milioni di consumatori di alcol. Se non è moda questa…

E di quei centri sociali che ospitavano la scena punk? Oggi anche questo revival è diventato di moda?
Beh dal momento che li chiudono coattamente come il Leoncavallo, direi che no. Non c’è nessun revival e nessuna moda.

E anche a te la domanda di rito: Spotify. Tutti a combattere perché la musica deve trattarsi come lavoro e invece poi siete voi i primi a regalare il vostro lavoro alla rete di tutti. Come la risolviamo questa contraddizione?
E chi ha mai detto che questo è il mio lavoro? E comunque bisognerebbe lamentarsi di altre cose di Spotify, tipo che è in borsa, finanzia l’industria bellica, bla bla bla. Niente l’hanno già denunciato altri artisti prima di me. E poi sono rimasti tutti su Spotify lo stesso ahaha
In realtà Spotify paga. Poco. Pochissimo. Ma paga. Quelli con centinaia di migliaia / milioni di streaming. E infatti io sono povero.

Come sempre chiudiamo abbassando le armi… grazie anche a te per esserti prestato a queste domande velenose. Ma poi in fondo un disco come questo si porta con se forse una responsabilità a cui non pensava. E cioè quella del punk, che per me significa anche resistenza in qualche modo… sotto tanti punti di vista, non solo artistici. Un disco come questo inneggia anche alla resistenza da sfoggiare anche nelle più piccole cose di ogni giorno… o sbaglio?
Non sbagli assolutamente. Resistere in un mondo veramente difficile come quello in cui viviamo, un mondo fatto di lunghissime solitudini, violenza contro donne, bambini, animali, altri esseri umani, mancanza di empatia, menefreghismo, totale apparenza è molto punk. È molto più punk cercare di vivere una vita normale piuttosto che fare i punk a tutti i costi. Però la prossima volta sii più cattivo perché così non c’è gusto 😉

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *