Sarah Stride @ Serraglio, Milano
Piove a dirotto su Milano, sulla Music Week che si sparpaglia sulla città e sulla gente in coda al Linecheck (questa sera suona Federico Albanese), e attraversando sotto la pioggia tutta la metropoli si arriva al Serraglio. In questo clima fremente, in cui tutti corrono da una parte all’altra, e in cui, musicalmente parlando, a Milano sembra succedere qualsiasi cosa, e tutto nello stesso momento, fa timidamente capolino la serata de I Distratti, protagonista la magnetica Sarah Stride. Tessera Acsi alla mano e contributo volontario forzato si entra in uno dei locali più belli e sottovalutati della stratificata e angosciante Milano. Un calcetto, locandine dei concerti passati ovunque e un vociare persistente di nerd e tipiche classifiche dei dischi migliori dell’anno che vengono snocciolate al bar.
Non si accetta la carta di credito, ancora c’è qualcuno che non l’ha imparato e che se ne lamenta. Si accumulano bicchieri di carta ovunque, la Demagistri (più conosciuta come la nostra Sarah Stride) stringe mani e saluta calorosamente chiunque le capiti a tiri, di una bellezza rara anche giù dal palco, come fosse una diva per sguardo e portamento, e nella scena musicale non siamo abituati a vedere. Si diffondono nel locale anche i più ciaciaroni Kole Laca (che poi vedremo ai synth e, come si leggeva quando suonava nel Teatro Degli Orrori e con Pierpaolo Capovilla, “alle diavolerie elettroniche”) e Frank Martino (alla sua chitarra con qualche corda in più del normale).
Sarah Stride è un progetto che da un cantautorato classico svolta in un vortice di dark-wave e pessimismo con un primo EP dal titolo Schianto che anticipa con stile un album uscito il 23 novembre dal titolo Prima Che Gli Assassini (nonché motivo del concerto al Serraglio, anzi non concerto, release party), un album potente, viscerale, con un tappeto elettronico che ti prende alla giugulare per non lasciarti andare e testi diretti e un po’ stronzi, che sembrano annunciare l’Apocalisse. E lei sul palco si muove magnetica, con addosso la maestria e il coraggio di chi porta al pubblico il meglio di sé, per poi sparire in un vortice di luci.
Un live preciso e serrato, che non lascia spazio a sbavature. Un racconto di tormenti, pensieri assassini e sentimenti contrastanti, un inno alla stranezza camuffata da normalità e alla malinconia estrema, un ritratto personale di una Milano carnivora. Una chiusura di tristezza ardente con L’Uomo D’Oro, e poi buio e un dj set generico. Un live di brani che rimangono dentro, che andrebbe metabolizzato in silenzio, di sensazioni che andrebbero custodite nello sterno. Magnifico.
Non si accetta la carta di credito, ancora c’è qualcuno che non l’ha imparato e che se ne lamenta. Si accumulano bicchieri di carta ovunque, la Demagistri (più conosciuta come la nostra Sarah Stride) stringe mani e saluta calorosamente chiunque le capiti a tiri, di una bellezza rara anche giù dal palco, come fosse una diva per sguardo e portamento, e nella scena musicale non siamo abituati a vedere. Si diffondono nel locale anche i più ciaciaroni Kole Laca (che poi vedremo ai synth e, come si leggeva quando suonava nel Teatro Degli Orrori e con Pierpaolo Capovilla, “alle diavolerie elettroniche”) e Frank Martino (alla sua chitarra con qualche corda in più del normale).
Sarah Stride è un progetto che da un cantautorato classico svolta in un vortice di dark-wave e pessimismo con un primo EP dal titolo Schianto che anticipa con stile un album uscito il 23 novembre dal titolo Prima Che Gli Assassini (nonché motivo del concerto al Serraglio, anzi non concerto, release party), un album potente, viscerale, con un tappeto elettronico che ti prende alla giugulare per non lasciarti andare e testi diretti e un po’ stronzi, che sembrano annunciare l’Apocalisse. E lei sul palco si muove magnetica, con addosso la maestria e il coraggio di chi porta al pubblico il meglio di sé, per poi sparire in un vortice di luci.
Un live preciso e serrato, che non lascia spazio a sbavature. Un racconto di tormenti, pensieri assassini e sentimenti contrastanti, un inno alla stranezza camuffata da normalità e alla malinconia estrema, un ritratto personale di una Milano carnivora. Una chiusura di tristezza ardente con L’Uomo D’Oro, e poi buio e un dj set generico. Un live di brani che rimangono dentro, che andrebbe metabolizzato in silenzio, di sensazioni che andrebbero custodite nello sterno. Magnifico.