Interview: Fireground

Una band da conoscere, come molte altre direte, si, è vero, in questo caso però concedetevi un momento in più perchè probabilmente i Fireground hanno qualcosa in più da dirvi. In occasione dell’uscita del loro nuovo disco (pubblicato da VREC Music Label/Audioglobe) abbiamo scambiato due chiacchiere. Questo il risultato, buona lettura.

Ciao ragazzi, piacere di conoscervi, raccontateci pure com’è nato il vostro progetto?

Ciao è un piacere anche per noi. Il primo nucleo dei Fireground nasce diversi anni fa (molti più di quanto ci piaccia ammettere, a dire la verità) da un’idea mia (Fabrizio – basso), Roberto (chitarra) ed Enrico (batteria). Nel corso degli anni la band ha avuto vari cambiamenti di formazione, dovuti anche agli impegni personali e lavorativi di ciascuno di noi. Poi nel 2016 abbiamo optato per una reunion con l’aggiunta di Marco alla voce. L’idea era quella di suonare per il gusto di farlo ma, man mano che i brani prendevano forma, abbiamo pensato che registrare un disco, realizzando un progetto pensato molti anni prima, poteva non essere una cattiva idea. Ed eccoci qua.

  1. Per la realizzazione del disco vedo che avete collaborato con Pietro Foresti, raccontateci di questa speciale collaborazione

Pietro è stato un prezioso supporto per noi. Fin dalla prima telefonata, dopo aver ascoltato la nostra demo autoprodotta, si è instaurato un rapporto di fiducia e serenità: in maniera molto onesta, ci ha spiegato in che modo la sua esperienza avrebbe potuto aiutarci a elevare il livello dei brani. Infatti, in fase di preproduzione, ci ha aiutati a focalizzare l’attenzione sui punti di forza di ogni canzone eliminando quegli elementi che non solo non arricchivano i brani ma addirittura potevano renderli poco fruibili. In fase di registrazione è stato fondamentale anche l’apporto di Matteo Agosti che è riuscito a valorizzare il lavoro fatto con Pietro aiutandoci a trovare il sound migliore.

  1. Abbiamo apprezzato la cover del disco, vera e propria opera d’arte, com’è nata l’idea di una cover così originale?

Il nostro frontman non solo è un ottimo cantante ma anche un grafico dotato di talento e fantasia. La cover è tutta opera sua dall’ideazione alla realizzazione, e ha avuto l’approvazione di tutti noi. L’idea è quella di rappresentare la dualità insita nella nostra musica: da un lato la parte istintiva, oserei dire distruttiva, rappresentata dal fuoco che arde ed erode il cuore; dall’altro lato c’è la parte più onirica, la rinascita e l’elevazione dell’animo umano rappresentato da germogli le cui radici si insinuano nelle vene. Da un lato il fuoco, dall’altro la terra. Una perfetta sinossi di ciò che, secondo noi, sono i Fireground.

  1. Il vostro sound è molto pieno e composto, d’ampio respiro internazionale, quali sono le vostre principali influenze?

Credo si intuisca facilmente che l’alternative rock sia il terreno in cui ci muoviamo. Le nostre influenze affondano le radici nella scena grunge e post-grunge degli anni ‘90/2000 (Nirvana, Alice in chains, Pearl Jam, Smashing Pumpkins e Foo Fighters su tutti). Ma è anche vero che ognuno di noi ascolta generi e gruppi che magari nulla hanno a che vedere con la musica che suoniamo anche se, in qualche modo, hanno influenzato il nostro modo di suonare: i nostri ascolti vanno dal trip-hop al metal, dal cantautorato allo ska-punk.

  1. Com’è stata la vostra esperienza in studio?

Non ti nascondo che, essendo stato un “debutto” in uno studio professionale come il “Frequenze” di Monza, la primissima sensazione provata è stata di soggezione: eravamo dei dilettanti e avremmo dovuto confrontarci con chi lavora da anni in questo settore. Per fortuna però, in studio con noi, c’erano Pietro e Matteo che ci hanno messo davvero poco a metterci a nostro agio grazie al giusto mix di professionalità e convivialità che rende l’esperienza indimenticabile.

  1. Con chi vi piacerebbe collaborare?

Parlando concretamente, in futuro non ci precludiamo la possibilità di spaziare ulteriormente nei suoni e magari collaborare con qualche strumentista che non sia legato strettamente all’ambito rock: non so un sassofonista o un quartetto d’archi. Se possiamo sognare e puntare in alto, allora non ci dispiacerebbe scrivere un brano in cui la voce di Marco possa essere affiancata da una voce femminile: penso a Cristina Scabbia o Amy Lee.

  1. Progetti per il futuro post pandemia?

Suonare, suonare e suonare ancora. Il lavoro in studio è stato bellissimo ed è un’esperienza che abbiamo intenzione di ripetere in futuro ma la nostra priorità sarà, appena possibile, portare l’album in giro su quanti più palchi possibile. Non abbiamo ancora avuto la possibilità, da quando abbiamo registrato il disco, di esprimerci di fronte a un pubblico ed è una cosa che ci manca terribilmente. Nel frattempo, in attesa che questo periodo maledetto passi, stiamo continuando a scrivere nuovi brani.

https://www.youtube.com/watch?v=PyaplQgNHHw

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