Zero.55: ascoltando “L’aria che tira”

Ne avevamo dato notizia all’uscita ed eccoci qui a scriverne come promesso. Tornano gli Zero.55, tornano da un silenzio che probabilmente si porta dietro anche il dolore della scomparsa del bassista e fondatore Marzio Bianchi. La “nuova” formazione dunque prevede Roberto Miscali (voce), Silvio Brambilla (batteria), Roberto Conti (chitarra), Stefano Zio Battaglia (basso) e Andrea “Gallo” Gallinella (chitarra). Tornano e sfornano “solo” un EP con la RadiciMusic di Arezzo, lavoro che decidono di titolare “L’Aria che tira”, fotografia letteraria di questo tempo nuovo, strambo, sghembo a dir poco.

E dentro vive di buona saluto un suono rock dai toni fermi, decisi, ruvidi: quasi una “post-punk & new wave” all’italiana maniera, fin dentro la prima traccia “Ci sono cose che non ti ho mai detto” con quell’incedere molto cantilenante che richiama gli ormai attuali Zamboni e compagni. Eh si, siamo ancora al passato, quello analogico, quello di amplificatori e cavetterie varie. Come nel singolo estratto (e si veda anche il video per niente futuristico, anzi): “Chi sono io” volendo scurisce ancora di più i colori e la percezione di una certa rivoluzione partigiana di voci corali e cantilenanti lascia il posto ad un cantato pulito che strizza forte l’occhio al pop per poi accogliere derive di suono decisamente psichedeliche. Ecco un’altra dimensione di questo suono che all’apparenza sembrava non esserci. E poi la goliardia che quasi ha le sembianze di un teatro canzone? Non manca neanche questo dentro “Flowers” dentro le cui liriche ripeschiamo anche il titolo della canzone: si divertono, giocano, si alleggeriscono e prendono consapevolezza e coscienza che un giorno tutto finirà. Ma non è un punto di arrivo finale, depressivo: anzi c’è la maturità di chi ha capito quanto sia importante il qui ed ora. Il momento internazionale arriva anche per loro con “We Feel Alive”, brano in inglese che nei riff e nei suoni di chitarre davvero traghettano il disco in un altrove degli anni ’70 dove le citazioni di stile potrebbero essere tante. Dal surf e al punk, dal garage al rock di stili classici. L’ascolto si chiude in un modo inaspettato: “Un giorno dopo l’altro” di Luigi Tenco che i nostri ripescano e traducono con un inizio molto alla Ligabue, ahimè va detto visto che ripescano da lui tanti suoni caratteristici. E questa intramontabile canzone diventa una suite post-rock distopica sospesa tra il cemento e l’infinito.

Gli Zero.55 sono tornati? Chissà… di sicuro ora c’è questo EP. Poi staremo a vedere. Di sicuro il manico e il polso e il mestiere è quello di chi ha spalle grosse e ascolti analogici nelle tasche. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *