Pipers – Alternaïf

GENERE: britpop, folk, songwriting.

PROTAGONISTI: Stefano De Stefano: songwriting, voce, chitarre, piano e tastiere, armonica; Stefano Bruno: basso, mandolino, synth e cori; Fabio Caliento: batteria; Alessia Viti: violino.

SEGNI PARTICOLARI: terzo album per la band partenopea, che ci ha messo molto meno per dare un seguito al precedente Juliet Grove (2014) rispetto al tempo trascorso tra quest’ultimo e l’esordio No One But Us (2009).

INGREDIENTI: nella recensione del disco precedente, scrivevamo che “Turin Brakes, Starsailor, Embrace e Spearmint appaiono a turno tra i possibili riferimenti”. Qui sono gli ultimi citati tra questi quattro gruppi a prendere il sopravvento, e le dieci canzoni del disco sono quasi tutte caratterizzate da delicatezza, toni morbidi e attitudine da cameretta. Fa eccezione Place In The world, un po’ più robusta e aspra. Il suono è per lo più sottile ma non certo spoglio: basta anche solo leggere la lista degli strumenti utilizzati riportata sopra per capirlo, e, all’ascolto, si nota come i diversi elementi siano stati messi assieme con sobrietà e cura allo stesso tempo. Non mancano mai i lievi arpeggi di chitarra, ma attorno a essi c’è varietà in come intervengono il piano, le tastiere, i synth e gli archi. La sezione ritmica si adegua e mostra anch’essa una buona fantasia; il timbro vocale è pulito e si muove su tonalità perlopiù acute. I racconti contenuti nei testi si basano sulla voglia di cose e situazioni semplici e appaganti e sulla necessità, a un certo punto della vita, di circondarsi di persone genuine e sincere.

DENSITÀ DI QUALITÀ: a ogni passo del loro percorso artistico, i Pipers mettono in mostra un sempre maggior livello di ispirazione e di personalità. È vero che abbiamo citato gli Spearmint come riferimento, e si potrebbero aggiungere anche i Wannadies, ma questi non sono che punti di partenza, perché poi il modo in cui il suono viene arricchito è azzeccato ed efficace, ed è tutta farina del sacco della band. È davvero difficile, nel 2016, dopo tutto il pop da cameretta che c’è stato, riproporsi in questo filone avendo davvero qualcosa da dire, ma i Pipers ce l’hanno fatta e sembra quasi limitante rinchiudere canzoni così belle e ben fatte all’interno di questa definizione musicale. Le melodie sono tutte di ottima qualità, il timbro vocale ha la giusta intonazione e un’espressività non comune e sulle piacevolezze del suono, è il caso di far notare, oltre a quanto già detto, la mancanza di staticità, grazie al fatto che gli elementi che girano attorno alla chitarra creano un continuo gioco di pause e rilanci sempre ben congegnato. In definitiva, si tratta di un disco a cui non mancano né la qualità, né la capacità di coinvolgere l’ascoltatore.

VELOCITÀ: medio bassa.

IL TESTO: On our own, under this big tree, I feel that’s all I want” l’inizio di Freckles riassume perfettamente lo spirito del disco.

LA DICHIARAZIONE: così la band presenta il disco su Facebook: “ 38 minuti che raccolgono gli ultimi 2 anni e mezzo della nostra vita. Buon ascolto, che sia buono o cattivo: noi siamo questo”.

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