Nosound – Scintilla

GENERE: Prog-Rock/Post-Rock/ Ambient

PROTAGONISTI: Giancarlo Erra (voce, chitarra, tastiera), Marco Berni (tastiera, voce), Alessandro Luci (basso, contrabasso,tastiera), Paolo Vigliarolo (chitarra acustica ed elettrica), Giulio Caneponi (batteria, percussioni, voce).

SEGNI PARTICOLARI: inizialmente costituiti dal solo Giancarlo Erra, i romani Nosound sono una realtà attiva da ormai più di dieci anni e giungono al quinto album in studio. La natura prog dei precedenti lavori, ha comportato spesso la collaborazione con componenti o ex componenti di gruppi pilastro del genere, come Tim Bowness (No-Man) e Chris Maitland (ex Porcupine Tree). A partire dall’uscita di “Lightdark” (2008), secondo album in studio pubblicato anche in Stati Uniti e Inghilterra, il gruppo ha maturato esperienza internazionale e ha vinto premi importanti, come alcuni Italian Prog Awards nel 2008 e nel 2009. Gli stessi brani di questo lavoro, sono stati spesso frutto dell’intensa attività live che li ha visti calcare palchi europei, come quello dello Starmus Festival, accanto a musicisti e scienziati, come Brian May e Stephen Hawking. “Scintilla”, pubblicato per Kscope, nasce sull’onda di queste influenze internazionali e si serve di alcune importanti collaborazioni, come la già citata Chris Maitland, Vincent Cavanagh (Anathema) e Andrea Chimenti.

INGREDIENTI: se il 2016 italiano è stato forse un anno privilegiato per l’utilizzo de “l’elettronica di consumo” e moltissime band hanno provato a rimodernare il proprio sound rendendolo allo stesso tempo molto più orecchiabile, i Nosound rimangono decisamente fedeli al prog e operano dei cambiamenti interessanti, ma non sostanziali. La band romana, infatti, ripropone la formula di un progressive rock arricchito da influenze ambient e post-rock, con una leggera risintonizzazione su questi ultimi versanti, così da dar vita a brani molto più eterei e sfumati. E così, se viene facile la carrellata di riferimenti prog, con i Porcupine Tree e i più “leggeri” Pineapple Thief in primo piano, quando vengono in mente i Sigur Rós o gli Efterklang di “Parades”, pur senza la ricchezza strumentale che contraddistingue i due gruppi, si rischia di rimanere stupiti. Ed è lo stupore, probabilmente, il primo ingrediente fondamentale. Il secondo è rappresentato da un’introspezione che s’intuisce dallo strumentale e si completa nei testi, ricchi di metafore “interiori”.

DENSITA’ DI QUALITA’: a volte, troppe volte, in musica accade che, per rimanere ancorati ad una buona idea si trascurino completamente le mode del periodo. E allora, questo lavoro, che non ha né la spensieratezza del synth pop, né i riferimenti sociali di un cantautore, rischia seriamente di passare in sordina in mezzo al marasma musicale del Bel Paese. Si potrebbe obiettare che il prog sia un genere percorso e ripercorso e che i riferimenti siano probabilmente troppo importanti e quasi inarrivabili. Eppure, quando parte Short Story e le sue percussioni di matrice nord europea, ci si dimentica praticamente di qualunque altra cosa che non sia la musica. Un disco che dunque risulta essere molto più vicino alla “pancia” di quanto non faccia sospettare il genere di partenza, e che non si limita alle due anime del prog e dell’ ambient, ma si presenta con un’infinità di sfaccettature. Lo s’intuisce dalla dolcezza delle ballate trascinate dal violoncello di Chris Maitland, come Little Man ed Emily; dall’amara poesia dell’amore che mente di Love is forever, accompagnata dal minimalismo ambient del primo Ólafur Arnalds; dalla magia della chiusura orchestrale di Scintilla, che potrebbe essere venuta fuori da un equivalente britannico dei Sigur Rós; dagli episodi più strettamente prog , come Last Lunch, e la magnetica e passivamente rabbiosa The Perfect Wife; dal riuscitissimo episodio in italiano di Sogno e Incendio, in cui Andrea Chimenti, non certo nuovo alle sperimentazioni poetiche e strumentali, è un valore aggiunto. Una menzione a parte la merita In Celebration of Life, tributo ad un fan scomparso e considerato, da chi scrive, uno dei pezzi italiani più belli dell’intero anno; poche righe d’impatto che si schiudono dolcemente tra violoncello, chitarra acustica e mellotron per poi perdersi nei meandri di un assolo elettrico, e che racchiudono, in una commovente progressione, tutte le anime del disco.
E’ dunque questo un lavoro ricco, difficile da spiegare, come tutta la buona musica. Sullo sfondo l’amore in tutte le sue forme, dalle sensazioni corporee, al rapporto con l’altro, all’amore verso il mondo, al dolore delle separazioni, ai ricordi, all’odio verso l’amore stesso. Niente di più semplice e di più complesso allo stesso tempo. Rimane l’ascolto e la speranza che i Nosound possano finalmente brillare in patria come meriterebbero.

VELOCITA’: andiamo su un lento senza grandi picchi. La differenza non la fanno i cambi, ma la ricchezza strumentale.

IL TESTO: ” Sul mio ventre/nel mio canto/sul mio pianto/nel mio legno/più secco è dentro/più sogno e incendio” da Sogno e incendio

LA DICHIARAZIONE: ” Non credo o non sento di avere nessuna missione, per me la musica e’ solo il linguaggio che conosco per comunicare, a me stesso sopratutto e poi agli altri, emozioni. Scrivo musica innanzitutto per me stesso, ha un valore terapeutico, sia che parli di cose personali sia che parli della societa’ che ci circonda. Di conseguenza per me l’arte vera ha come unico scopo quello di veicolare emozioni, non di intrattenere (quello è intrattenimento non arte) ma di comunicare a livello profondo” da un’intervista a Giancarlo Erra, leader dei Nosound, per cabiriams.com

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