Moblon – t.i.n.a.
GENERE: indie-psych-pop-rock.
PROTAGONISTI: Giulia Laurenzi: voce, chitarra e pianoforte; Stefano Veloci: basso e cori; Flavio Gamboni: batteria e cori.
SEGNI PARTICOLARI: primo album per il terzetto romano. Il titolo è l’anagramma di “tutti i nostri alieni”, mentre, secondo le parole della band, “Moblon è un nome che proviene da un film, dove “moblon” è oggetto che non ha uno specifico utilizzo ma che è molto in voga e che alla fine viene utilizzato, invece, come oggetto da lanciare, per difendersi o per attaccare, trovandosi ad esistere senza sapere “donde” viene e “dove va”, si ritrova come un essere-gettato-nel-mondo. Il nostro Moblon è il prodotto alienato, che si erge ostile davanti agli uomini che l’hanno prodotto e si sacralizza diventando un feticcio”. L’album esce per Bravo Dischi, già messasi in evidenza quest’anno con il debutto di Colombre.
INGREDIENTI: l’idea del trio sembra essere quella di unire una scrittura basata su melodie di facile ascolto e dall’andamento lineare con un’attitudine da psichedelia barrettiana, che prevede non solo il caratteristico suono secco e pungente, ma anche improvvisi saliscendi di intensità e, in alcuni casi, pronunciate armonie vocali. Nel corso del disco, troviamo diverse declinazioni di questo concetto di base: la doppietta iniziale Niente – Fuori Del Giorno va in costante crescendo dal punto di vista del tiro ritmico e del dinamismo e della robustezza sonori; Dietro Il Bosco sa di spensierata filastrocca estiva, con l’andamento da marcetta, gli accordi di piano e le armonie vocali che giocano un ruolo di primo piano nel dare leggerezza alla canzone; Sul Muro è invece instabile e nevrotica, e anche qui le sensazioni sono date non tanto dalla struttura compositiva del brano, ma dall’impostazione del suono e delle armonie vocali. Non mancano i momenti di morbidezza, come Era Spaziale e Sole, o estesi stacchi strumentali come in Non Toccare, per un disco che, come si vede dalla lista di strumenti utilizzati, non è per nulla pomposo, ma non manca certo di ambizione, vista la continua ricerca di arrangiamenti mai statici e che diano non solo colore, ma anche sostanza allo scheletro delle canzoni.
DENSITÀ DI QUALITÀ: quando una band riesce, già all’esordio, a basarsi su un’idea artistica ben definita e a metterla perfettamente in pratica, merita indubbiamente applausi. I Moblon fanno parte del novero di queste band, perché l’idea di coniugare una scrittura sostanzialmente pop-rock con un suono allo stesso tempo barrettiano ed estivo è già interessante in teoria, e viene poi resa ancor più valida nella pratica, grazie ad un modo di suonare e di cantare che gode di un’espressività fuori dal comune. Dal punto di vita sonoro, i continui e sempre differenti intrecci tra chitarra, piano e sezione ritmica sono sempre azzeccati e ogni volta danno la giusta vitalità alle canzoni; per quanto riguarda l’aspetto vocale, il timbro duttile, pieno e profondo di Giulia Laurenzi è indubbiamente carismatico e risulta importante per caratterizzare ulteriormente l’opera; inoltre, gli interventi degli altri due musicisti sono altrettanto essenziali per aumentare ulteriormente tutti i pregi sopra menzionati. Questo è un disco ispirato, frizzante, ben studiato e coinvolgente, e risulta un ascolto spensierato ma allo stesso tempo strabordante di idee.
VELOCITÀ: come detto, varia.
IL TESTO: “C’è questa foglia rossa che ti segue e che è carina, si sofferma su di un piede, tu ci parli e mi sorride” da Dietro il bosco.
LA DICHIARAZIONE: ““t.i.n.a. è un disco Romantico. Un tuffo nella fede: l’adesione ad una verità nel buio. L’album nasce dalla negazione della ragione e dalla necessità di esotismo, coralità, tradizione, in un certo senso anche spiritualità, ricordando sempre di essere in fieri nel tempo. Il tema centrale del disco è proveniente da queste esigenze non corrisposte dalla nostra società, dunque è il sintomo di perdita della memoria collettiva, la rimozione dell’identità e l’alienazione””.