Michele Bitossi – A Noi Due

ANNO: 2019
ETICHETTA: The Prisoner/Urtovox
GENERE: cantautorato pop

PROTAGONISTI: Michele “Mezzala” Bitossi: Voci, Chitarre Acustica, Chitarra Elettrica; Federico “Bandiani” Lagomarsino: Batteria, Percussioni; Tristan David Martinelli: Basso elettrico, Chitarre elettriche, Ukulele, Percussioni; Tina Omerzo: Pianoforte; Ivan A. Rossi: Chitarra elettrica, Basso elettrico, Sintetizzatori, Campionamenti. Prodotto, registrato e missato da Ivan A. Rossi, arrangiato da Ivan A. Rossi e Michele “Mezzala” Bitossi.

INGREDIENTI: per la prima volta nella sua ventennale carriera, Bitossi non si propone né come leader di una band, né con un nome d’arte, ma firma queste canzoni con il proprio nome e cognome. L’autore lo presenta come “un disco con più anime ma, credo, con una sua coerenza di fondo”, ed effettivamente, basta ascoltare anche solo le prime tre canzoni per rendersi conto di cosa intenda Bitossi. Si passa, infatti, da una A Noi Due caratterizzata dalla voglia di esorcizzare il dolore per un divorzio dopo 16 anni di amore mettendo un testo sofferto sotto la forma musicale di un pop arioso e in equilibrio tra pienezza e morbidezza, a una Un Gusto Strano che, invece, lascia poche speranze per un futuro migliore, per via non solo del testo, ma anche del ritmo lento e del suono molto più in linea con ciò che si canta, a una Fino A Domani che, dal canto suo, risulta incalzante e che rappresenta bene le atmosfere da viaggio on the road con un buon amico con cui si fanno discorsi interessanti e significativi. La coerenza di cui parla il musicista genovese è data dall’idea generale di un suono pulito e di facile ascolto, con arrangiamenti dalla struttura relativamente semplice e che punta a valorizzare al meglio melodie parimenti immediate e un timbro vocale molto caratterizzato dalla precisione formale.

DENSITÀ DI QUALITÀ: l’ascoltatore superficiale rischia di prendere questo disco come una conseguenza del lavoro di autore per artisti decisamente più mainstream che Bitossi sta, senza problemi, raccontando sui social, immaginandosi che queste dieci canzoni siano il tentativo di flirtare col pop da classifica anche a proprio nome. Non è così, invece, e se anche lo fosse, beh, fossero tutti così i dischi che puntano alle classifiche, visto che qui c’è grande qualità sotto ogni aspetto: melodie che ti si appiccicano in testa dalla prima all’ultima e non perché sono ruffiane o banali, ma perché conseguenza di un’ispirazione fuori dal comune; un timbro vocale attento sì alla forma, ma non formalista, e dotato, invece, dell’espressività giusta per questo tipo di canzoni: un suono con un’amplissima varietà di soluzioni e di arrangiamenti, soprattutto dal punto di vista ritmico (un paio di episodi sono chiaramente influenzati dal modern r&b), ma governato allo stesso tempo da una chiara visione d’insieme; testi che non cercano colpi ad effetto ma che risultano più che mai sentiti, senza filtri e coinvolgenti. Si tratta, in definitiva, di un grande disco, capace di mettere a nudo le difficoltà e gli sbalzi d’umore di un ultraquarantenne alle prese con le mille sfumature della vita contemporanea, sia grazie a ciò che viene raccontato e alle parole usate per farlo, che a una forma musicale che è davvero quella giusta per dare l’idea del contesto in cui sono ambientate le canzoni.

  • 8.3/10
    Voto - 8.3/10
8.3/10

Giudizio riassuntivo

Un grande disco, capace di mettere a nudo le difficoltà e gli sbalzi d’umore di un ultraquarantenne alle prese con le mille sfumature della vita contemporanea

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